La Candelora

Venerdì 02 febbraio si festeggia la Candelora e segna il passaggio dall’inverno alla primavera. Nella tradizione popolare c’è un famoso detto che recita: “quando vien la Candelora dall’inverno siamo fora ma se piove o tira vento de l’inverno siamo dentro” ad indicare appunto come si evolverà il mese di febbraio in merito alle condizioni atmosferiche e quindi ai lavori nei campi.

La tradizione milanese vuole che venerdi 2 alle ore 17.30, avvenga la consueta processione tra le navate del Duomo dell’icona della Madonna dell’Idea.

La Madonna dell’Idea è una piccola tavola attribuita a Michelino da Besozzo che rappresenta da un lato la Madonna in trono e dall’altro lato la presentazione di Gesù al tempio.

Ci sono diverse ipotesi per spiegare il motivo del nome Idea, quella più accreditata arriva da riti pagani legati a Cibele (Magna Mater Idea) che si svolgevano alla fine dell’inverno per invocare la rinascita primaverile della terra.

Per la tradizione celtica questa festa si chiama Inbolc e rappresenta una porta tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera. Le giornate iniziano ad allungarsi. Le donne si riunivano e accendevano dei falò. La pianta sacra è il bucaneve e il colore è il bianco. Il rituale da seguire è molto semplice: accendere delle candele bianche.

Ps: Se volete vedere la Madonna dell’Idea dovete andare al Museo del Duomo dov’è normalmente conservata.

I tri dì de la merla

Eccoci, come promesso, a raccontare di altre leggende. Siamo a fine mese e per tutti i milanesi questi sono i giorni della merla. Ricordo di aver studiato questa storia ancora in prima elementare, non immaginavo certo che mi sarei trovata a raccontarvela su un blog di Milano!

Dunque 29, 30 e 31 gennaio sono teoricamente i giorni più freddi dell’anno. Sappiamo che da un po’ di anni non è più così ma, la tradizione parla chiaro!

La leggenda racconta che una famiglia di merli bianchi, composta dai genitori e dai 3 figli, fosse arrivata a Milano alla fine dell’estate per sistemarsi sotto una grondaia. Quell’anno l’inverno era particolarmente rigido, c’era una spessa coltre di neve che ammantava i tetti e le strade. Il merlo prese quindi la decisione di lasciare momentaneamente il nido per andare a procurare del cibo per la famiglia.

La merla invece, per proteggere i piccoli, spostò il nido vicino ad un comignolo, in modo da sentire un po’ di tepore. Quando il merlo tornò non riconobbe la famiglia in quanto erano diventati tutti neri a causa del fumo emanato dal comignolo. Anche il merlo si riparò al caldo del camino. Quando, dopo tre giorni, finalmente uscì un raggio di sole la famiglia potè uscire dal riparo. I tre giorni di fine gennaio vengono pertanto detti “tri dì de la merla” e da quella volta tutti i merli nacquero neri.

Il binario 21: il memoriale della Shoah

“Qui ci attendeva il treno e la scorta per il viaggio. Qui ricevemmo i primi colpi: e la cosa fu così nuova e insensata che non provammo dolore, nel corpo, né nell’anima. Soltanto stupore profondo: come si può percuotere un uomo senza collera? Ecco dunque, sotto i nostri occhi, sotto i nostri piedi, una delle famose tradotte tedesche, quelle che non ritornano. Vagoni merci, chiusi dall’esterno e, dentro, uomini donne, bambini, compressi senza pietà, come merce di dozzina, in viaggio verso il nulla, in viaggio all’ingiù, verso il fondo. Questa volta dentro siamo noi…”

Se questo è un uomo, Primo Levi

Iniziamo questo viaggio davanti al muro dell’Indifferenza che è la parola chiave voluta da Liliana Segre per accoglierci qui. Si, questo è uno dei pochissimi luoghi in Europa rimasto intatto; da circa 3 anni è stato riaperto alla città anche se il memoriale non è ancora terminato. Quando sarà completato si trasferirà qui anche il centro di documentazione ebraica con i suoi 5000 volumi.

Dove ci troviamo?

Sotto la stazione centrale in quell’area che serviva da smistamento posta fino alla fine del 1942.

Da gennaio 1943 a gennaio 1945 invece, da qui partiranno 15 convogli verso le camere a gas di Auschwitz – Birkenau

Nel 1938 il parlamento italiano e il re firmano le leggi razziali: da quell’anno gli ebrei non potranno più andare a scuola, non potranno più insegnare, i medici non potranno più operare. Nel 1933 Hitler fece aprire i primi campi di concentramento, erano campi di prigionia all’aperto dove si viveva in situazioni durissime. Arrivarono invece nel 1942 i campi di sterminio in Polonia, qui la gente veniva mandata a morire.

Da qui partirono 774 persone, ne tornarono 27 e sono segnati in rosso.

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Il 30 gennaio 1944 627 persone vengono portate qui con i camion e fatti salire sui carri bestiame che aspettavano. Sono stati trovati dei documenti originali, le persone erano indicate in tedesco con la parola “stuck” che significa pezzi. Il viaggio durava sei giorni. Sei giorni durante i quali stavano ammassati nei convogli, al buio, senza servizi igienici, senza mangiare, dei forni d’estate e gelidi in inverno, con solo le grate per respirare. I treni partivano dal binario fantasma, il cosiddetto binario 21 e all’arrivo cosa trovavano? O la camera a gas oppure il lavoro ridotto in schiavitù.

Il viaggio era fatto a tappe, sicuramente dai vagoni quando giungevano nelle varie stazioni si sentivano le urla, i pianti, la paura, la disperazione, i lamenti e fuori invece? Il nulla, il silenzio, l’indifferenza.

I convogli partivano da Milano tra i binari 18 e 19, certo era mattina presto, nel trambusto di una stazione attiva, ma nessuno vedeva…nessuno sapeva, nell’indifferenza generale. Questo è quello che ci vuole dire la signora Segre, scampata ai campi di sterminio e che da qualche anno ha iniziato a raccontare la sua storia: precisamente da quando i suoi nipoti hanno iniziato a studiare a scuola.

Se potete, andate a vedere il memoriale della Shoah, non ne sapremo mai abbastanza di quello che è successo laggiù, non dobbiamo dimenticare mai quello che è stato. Non dobbiamo fare parte della maggioranza silenziosa che non prende posizioni, non dobbiamo essere indifferenti.

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”

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Qualora foste interessati ad una visita, quando sono stata io a novembre era pieno di bambini delle scuole elementari, il memoriale si trova in piazza Safra 1, metropolitana gialla/verde Stazione Centrale.

Le pietre d’inciampo

Sabato 27 gennaio sarà la giornata europea della memoria. Trovo doveroso che i ragazzi conoscano quello che è successo, che gli adulti non dimentichino quello che è stato.

Milano, da un paio di anni a questa parte, ha finalmente anche lei le sue pietre d’inciampo. La prima pietra posata è quella in corso Magenta 55, davanti all’abitazione di Alberto Segre, deportato a Mauthausen nel 1944 e assassinato il 2 aprile 1945

Quest’anno altre 26 pietre sono state poste davanti a 18 luoghi diversi.

Ma chi è che ha avuto l’iniziativa? Si tratta dell’artista berlinese Gunter Demning.

Che cosa sono? Sono sampietrini coperti di ottone con i dati identificativi della persona che si vuole ricordare, davanti ad uno degli ultimi luoghi frequentati

L’obiettivo è quello di inciampare in queste pietre e fermarsi un momento a pensare, non dimenticare quello che è accaduto. Non perdere la memoria.

Per saperne di più potete guardare il sito del sig Demning http://www.stolpersteine.eu/en/home/

E il sito del comune di Milano per avere indicazioni sulla giornata della memoria 2018: https://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/st/Milano_memoria/Eventi2018/Giornatadellamemoria2018/ultimo_pietre_inciampo

La cucina dei nostri nonni: risott giald

Eccoci qua con il tradizionale risotto alla milanese. Quando vogliamo proprio esagerare, che abbiamo ospiti a pranzo non di Milano, ci piace andare a predere tutti questi ingredienti e cucinare il tradizionale risotto giallo, il risotto alla milanese.

Certo non è una delle ricette più leggere, ma chi l’ha mangiato l’ha sempre trovato gustoso. Vi lascio gli ingredienti, poi magari valutate un po’ ad occhio le quantità, se vi sembrano eccessive!

Ingredienti: mezzo chilo di riso; 2 etti di burro; 3 etti di midollo di bue; 1 bicchiere di vino bianco secco; 1 cipolla; 2 bustine di zafferano; 2 litri di brodo; sale e pepe; grana padano grattugiato

Preparazione: far soffriggere con poco burro una cipolla tritata finemente, quindi aggiungere i 3 etti di midollo di bue e un pizzico di pepe. Insaporire, bagnare con il vino e alzare la fiamma lasciando evaporare. Aggiungere quindi mezzo chilo di riso, il sale e insaporire il tutto rimestando con cura. A questo punto aggiungere un paio di mestolate di brodo e portate a cottura , aggiungendo brodo mano a mano. Nell’ultima mestolata di brodo, sciogliere 2 bustine di zafferano, quindi rimestate e lasciate rapprendere spegnendo il fuoco. Incorporate un etto di burro e abbondante grana padano grattugiato, rimestate ancora e servite

Buon appetito!

Sulle tracce di Leonardo

Ho pensato che potremmo iniziare questo percorso sulle tracce di Leonardo dal Museo della Scienza e della Tecnologia. Il museo è molto grande e ci sono davvero tantissimi settori da vedere. Ci sono stata con i miei nipoti qualche sabato fa per entrare nel sottomarino Toti; loro però sono rimasti entusiasti dal lungo corridoio delle macchine disegnate da Leonardo. Si tratta di modellini in legno che riproducono i progetti che il maestro ci ha lasciato nei vari codici. Li abbiamo fotografati tutti!

Usciti dal museo direi che possiamo incamminarci verso il refettorio di Santa Maria delle Grazie per vedere il Cenacolo e la dirimpettaia vigna. Beh, del Cenacolo che cosa dobbiamo dire? È un miracolo che sia arrivato ai giorni nostri. Il mio suggerimento è di entrarci con una visita guidata che vi spieghi bene il periodo storico, la scelta della tecnica e la fortuna che abbiamo avuto nel superare la guerra mondiale (non dimentichiamoci che Milano è stata la città italiana più bombardata).

Vi lascio solo un paio di curiosità in merito, qualora non vi capitasse la mia guida.

Il dipinto si basa sul vangelo di Giovanni nel quale Gesù annuncia che verrà tradito da uno degli apostoli. “in verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”. È a questo punto che Leonardo ambienta la scena. Gesù e gli apostoli sono rappresentati tutti dallo stesso lato della tavola e le figure rappresentate sono a gruppi di tre. Goethe durante un suo soggiorno in Italia disse che solo un italiano avrebbe potuto dipingere una cosa del genere, con tutto quel movimento di mani, teste, espressioni! Se nessuno dovesse dirvelo, quando siete nel refettorio, mettetevi circa al centro e inginocchiatevi: questa è la visuale che avevano i frati ai tempi di Leonardo, ne resterete sorpresi, prende tutta un’altra piega.

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Bene, adesso usciamo e andiamo a vedere la vigna di Leonardo presso la Casa degli Atellani che è stata aperta nel 2015 grazie a Expo. Si racconta che nel 1499 Ludovico il Moro donò a Leonardo da Vinci una vigna da 16 pertiche situata nei campi della vigna di San Vittore. Ludovico il Moro non aveva ancora pagato il Cenacolo e continuava a ricevere solleciti da Leonardo, pertanto pensò che questo era il modo migliore per liberarsi dalle lettere di sollecito. La storia della vigna attraverso i secoli è lunga, dobbiamo ringraziare Luca Beltrami e i suoi studi sui documenti dell’epoca se abbiamo indicazioni precise. Confinava con i terreni del monastero di San Girolamo e comprendeva un pezzo del giardino degli Atellani. Basandosi su questi dati sono iniziati i lavori per riportarla alla luce.

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Dopo aver visto queste tre opere ci possiamo dirigere verso il Castello Sforzesco, passando per piazza Cadorna. Sono due le opere custodite: il quaderno degli appunti scritto da Leonardo nel suo primo soggiorno a Milano, e la sala delle Asse. Il primo come dicevamo, è il codice Trivulziano conservato nella Biblioteca Trivulziana mentre sulla seconda….beh… ne sapremo di più penso a inizio 2019 quando finalmente dovrebbe aprire al pubblico. Si tratta di una sala dove gli Sforza ospitavano gli ambasciatori. La fecero affrescare da Leonardo che dipinse sul soffitto rami, foglie, corde. Quando poi Milano passò sotto i francesi la sala fu adibita a stalla e fu imbiancata. I lavori sono in corso, sono iniziati grazie a Expo.

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Oramai siano in Cairoli, possiamo pensare di prendere la metropolitana lilla e dirigerci a vedere il Cavallo di Leonardo all’ippodromo. La statua è ispirata ai calcoli di Leonardo: l’idea era quella di costruire la statua equestre più grande al mondo. Le cose andarono diversamente, Milano passò sotto i francesi e Leonardo lasciò il granducato. Alla fine degli anni 70 un ex pilota americano, amante di Leonardo da Vinci, lesse la storia di quest’opera mai compiuta e decise di raccogliere fondi per riuscire a costruirlo e donarlo alla città di Milano come ringraziamento per aver fatto lavorare Leonardo. L’opera si trova nel cortile dell’ippodromo dalla fine degli anni 90.

Cavallo di Leonardo con firma

Per adesso vi saluto qui, ci rivedremo presto per scoprire altre curiosità di Leonardo in giro per la città.

Informazioni pratiche:

  • Il museo della scienza e della tecnologia si trova sulla metro verde fermata Sant’Ambrogio.
  • Il Cenacolo e la casa degli Atellani li trovate sulla metro rossa, fermata Conciliazione
  • Il Castello Sforzesco, metro rossa fermata Cadorna e Cairoli Castello
  • Il Cavallo di Leonardo metro lilla fermata San Siro Stadio

Se invece volete sapere con chi ho fatto le mie visite guidate al cenacolo, scrivetemi che vi do i riferimenti 🙂

 

Andiamo a bere al drago verde?

Uno dei simboli di Milano sono sicuramente le fontanelle dell’acqua potabile sparse per la città.
Le chiamiamo vedovelle o draghi verdi: sono in ghisa e dipinte di verde scuro, riportano lo stemma del comune e sulla cima hanno una grossa pigna. Alla base hanno una bacinella per raccogliere l’acqua e probabilmente serviva per far abbeverare gli animali.

Si chiamano vedovelle perchè dal rubinetto sgorga incessantemente un filo d’acqua e pertanto ricordano il pianto delle vedove. Invece il nome drago verde deriva dal fatto che il rubinetto è in ottone a forma di drago.

La leggenda narra che la prima vedovella sia quella istallata in piazza della Scala verso la fine degli anni Venti del ‘900 (foto a sinistra). E’ l’unica realizzata in ottone dorato ed è incorniciata da una greca in mosaico e fu disegnata dall’architetto Luca Beltrami.

Qui sotto vi lascio in link se volete vedere dove sono posizionate le fontanelle in città
https://www.fontanelle.org/Mappa-Fontanelle-Milano-Lombardia.aspx

 

I tre mercanti di neve

Il calendario delle tradizioni milanesi, dopo la befana e prima dei giorni della merla, prevedrebbe l’arrivo dei 3 mercanti di neve.

Oggi è San Mauro per l’appunto, il primo dei tre, poi ci sono Sant’Antonio il 17 e San Sebastiano il 20. Il proverbio milanese dice così: “San Mául, un fréc dal diául, sant’Antóni, un fréc da demóni e san Sebastiän, un fréc da cän” (San Mauro, un freddo del diavolo; sant’Antonio, un freddo da demonio; san Sebastiano, un freddo da cani). Passati i 3 mercanti della neve, si era fuori dall’inverno e ci si avvicinava alla primavera.

Sant’Antonio è ancora festeggiato a Milano e provincia. Si accendono i falò, si fanno fiere e sagre, e c’è ancora la benedizione degli animali. I falò, come sempre, sono carichi di significati. Si dice che Sant’Antonio fosse sceso all’inferno per riscaldarsi e rubare un tizzone acceso al diavolo da portare agli uomini: da qui è diventato protettore contro i pericoli degli incendi.

Anche quest’anno, come da una quindicina di anni a questa parte, alla cascina biblioteca in via Casoria a Milano, ci sarà la festa in onore di Sant’Antonio: la festa ha inizio alle 20 con la benedizione degli animali e prosegue alle 20:30 con l’accensione del fuoco, simbolo del prossimo risveglio della natura.

Ambrogio e i battisteri

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Oggi vi vorrei far scoprire che cosa si nasconde sotto la pavimentazione del Duomo di Milano. Si, proprio sotto! Chissà quante volte ci sarà capitato di attraversare di corsa la piazza, facendo attenzione a schivare i piccioni, i turisti con le macchine fotografiche, e magari dando un’occhiata veloce alla Madonnina.

Invece mi chiedo, e vi chiedo, avete mai fatto caso che sul sagrato del Duomo ci sono dei solchi? È la pianta del battistero di San Giovanni alle fonti!

I resti sono “spuntati” la prima volta negli anni 60, durante la costruzione della linea rossa della metropolitana. Per accedere bisogna fare il biglietto e entrare nel Duomo. Pochi gradini e sembra di essere lontano anni luce dalla piazza e dalla modernità.

L’area è appena stata sistemata, si vedono delle tombe, i resti di Santa Tecla e poi lei: la vasca ottagonale. Doveva essere bellissimo all’epoca di Ambrogio: probabilmente c’erano dei marmi alle pareti e il pavimento era a mosaico bianco e nero. La pavimentazione della vasca doveva essere anch’essa a mosaico ma in verde e oro mentre la volta doveva essere blu. L’acqua pulita zampillava costantemente 365 giorni all’anno. Qui, in questo battistero, Ambrogio battezzò Agostino.

Battistero San Giovanni alle fonti

C’è poi un secondo battistero vicinissimo al Duomo. Chissà quante volte ci siete passati accanto e non ci avete nemmeno fatto caso. Eppure è lì dal IV secolo! Si trova proprio all’ingresso della salita alle terrazze con l’ascensore. Passati tutti i controlli, giratevi a sinistra. L’avete visto vero? Si tratta del battistero di Santo Stefano alle fonti.

La vasca è ancora ben conservata, si pensa che il pavimento fosse decorato con una croce e le pareti coperte da marmi bianchi. Dalle colonne forate scendeva l’acqua zampillante e probabilmente Ambrogio fu battezzato qui il 30 novembre del 374, prima di diventare vescovo il 07 dicembre del medesimo anno.

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Bene, abbiamo scoperto dove si trovano gli antichi battisteri, ma la metropolitana ci svela altri segreti: nel mezzanino della M1 possiamo trovare i resti dell’antica basilica distrutta di Santa Tecla. Grazie a Expo anche questa zona è stata sistemata e ripulita e pertanto possiamo ammirare un tratto della pavimentazione e dei mosaici.

Basilica di Santa Tecla

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Sotto alla metropolitana, sempre in Duomo, si può vedere anche un rifugio antiaereo della guerra mondiale, ma quello è un altro argomento (che mi sta molto a cuore) e del quale parleremo più avanti.

Info: ovviamente metro M1/M3 rossa e gialla fermata Duomo!

Buone scoperte

Vecchie contrade in centro

Quest’autunno camminavo per il centro con il naso all’insù e mi sono imbattuta in questa iscrizione che ha attirato subito la mia attenzione: click foto. Oramai sono schiava delle fotografie!
Comunque mi trovavo in via S. Maurizio che attualmente collega Via Torino con P.le Borromeo.
Fino all’epoca austriaca questa via era divisa in due contrade: S. Ambrogio alla Palla e San Maurilio.
Le due iscrizioni originali sono ancora al loro posto.

Lo so, non è niente di che ma, prestate attenzione quando siete in giro, soprattutto in centro: la città ha un sacco di cose da raccontarci se solo la stiamo a sentire.