Sulle tracce dei Promessi Sposi

Non so quale sia la vostra età ma io sono degli anni 70 e ai miei tempi a scuola, si studiavano i Promessi Sposi.

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi…” c’erano dei pezzi che era obbligatorio imparare a memoria.

Ricordo quando Renzo e Lucia devono scappare da Don Rodrigo “Addio monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo” oppure quando Renzo torna a Milano a cercare Lucia e trova una città devastata dalla peste “Scendeva dalla soglia di uno di quegli usci e veniva verso il convoglio…” era l’episodio di Cecilia della quale parleremo più avanti quando andremo a visitare la casa del Manzoni e scopriremo una chicca.

Ma perché ne stiamo parlando? Beh, perché basta guardarsi intorno, dalle parti di Porta Orientale, (Porta Venezia per i più giovani! 😉) e trovare alcuni resti della città raccontataci dal Manzoni.

Partiamo da Palazzo Luraschi proprio al numero 1 di Corso Buenos Aires. Se passate al mattino il portone del cortile è aperto e allora potete scoprire questa meraviglia. Lo chiamano il cortile dei Promessi Sposi, in quanto le colonne di marmo provengono direttamente dal Lazzaretto e i busti scolpiti raffigurano i personaggi dei Promessi Sposi. Li riconoscete? Sono Renzo e Lucia ma, potete trovare anche la monaca di Monza, fra’ Cristoforo, Don Rodrigo… Di solito il custode non dice niente se sbirciate dal cancello sarà abituato oramai ma magari potreste chiedere di entrare a vedere tutto per bene.

Palazzo Luraschi oltre a essere un bellissimo palazzo di fine 800 porta con sé un’altra curiosità. È stato il primo palazzo di Milano a infrangere la norma della “servitù del Resegone” per la quale tutti i palazzi posti a nord della città non dovevano superare i 3 piani in modo da non impedire la vista del monte Resegone e delle Prealpi dai bastioni. Dato che Palazzo Luraschi ha 8 piani ed è stato costruito su luoghi di manzoniana memoria e per di più oscurando la vista di un monte così citato dal Manzoni, si dice che il Luraschi abbia voluto omaggiare il romanzo in questo modo. Lo sapevate?

44132165_10213140248604252_7741368213883060224_n.jpg

Se invece ci spostiamo verso largo Bellintani incontriamo la chiesa di San Carlo al Lazzaretto che è stata edificata per volere di San Carlo Borromeo sull’antica chiesa di Santa Maria alla Sanità a seguito della grande epidemia di peste. La chiesa venne costruita da Pellegrino Tibaldi, architetto di fiducia di San Carlo Borromeo e ha una pianta ottagonale; inizialmente era aperta su tutti i lati in modo che i pazienti del lazzaretto potessero assistere alla messa dalle loro celle. Eh sì perché quello che adesso sembra essere solo uno slargo una volta era il centro del cortile del Lazzaretto!

44215903_10213140249204267_1238633211995619328_n.jpg

E infine cerchiamo le celle del Lazzaretto o quello che ne è rimasto. Davvero pochissimo onestamente, ma le riconoscete? Ci troviamo in Via San Gregorio 5 presso la chiesa ortodossa greca dell’antico calendario. Queste in fotografia sono le finestre originali con i comignoli e un tratto del fossato originale, denominato “fontanile della sanità”.

44115938_10213134967472227_7625583411775668224_n.jpg

Il cimitero Monumentale: il 900

Ciao! Eccomi qua nuovamente per il tour al cimitero Monumentale. Come dice il titolo stesso, le tombe che vedremo oggi sono tutte state fatte dopo il 1930.

Partiamo dal cimitero degli acattolici valdesi e protestanti. Incontriamo subito il monumento Arnoldo Mondadori all’esterno di ponente n° 66. Lo scultore è Francesco Messina e l’opera si intitola Ecce Omo ed è del 1963. Famoso editore di collane come “i gialli Mondadori” o “gli oscar”, fondò la casa editrice nei primi anni del 900 e negli anni 40 lanciò i più importanti rotocalchi come Epoca e Grazia, solo per citarne alcuni36345271_10212365820724039_4922091409512595456_n.jpg

Li vicino possiamo trovare il monumento Renato Birolli sempre all’esterno di ponente ma al numero 61.  Lo scultore è Viani ed è un’opera del 1961. Rappresenta la coda di un grande pesce che si sta tuffando sotto terra.

36343689_10212365821564060_1123443726715191296_n.jpg

Completamente diverso invece è il monumento Mariani dello scultore Bodini. Siamo nel 1961. Il monumento si trova nell’esterno di ponente al n° 55. Rappresenta uno dei filoni più importanti del dramma, una pietà moderna

36430187_10212365821164050_8575808332894306304_n.jpg

Il monumento Venturino ci fa incontrare ancora il nostro Giannino Castiglioni. L’opera si trova nell’esterno di ponente ai n° 20-21 ed è del 1960. Viene rappresentato il tema della forza della vita. Il fanciullo ai piedi dell’uomo che si sta svegliando ha in mano una fiammella.

36418790_10212365821844067_8032368474573504512_n.jpg

Il monumento Samuele ci porta all’esterno di ponente al numero 13. La scultura rappresenta proprio la defunta nell’atto di tuffarsi. Lo scultore è Tonino Grossi e ci troviamo nel 1966. Daniela Samuele era una giovanissima nuotatrice morta sui cieli di Brema insieme alla squadra di nuoto il 28/01/1966

36401616_10212365822204076_7214507333051744256_n.jpg

Proseguiamo verso l’esterno di ponente al numero 15A, dove possiamo vedere l’angelo di Floriano Bodini per il monumento Mario Formentoni, genero di Arnoldo Mondadori. L’opera è del 1987, è in marmo e rappresenta la nike.

36373168_10212365822724089_4862050064522018816_n.jpg

Usciti dall’esterno di ponente, possiamo dirigerci al rialzato di ponente A-B dove incontriamo uno dei monumenti più conosciuti di tutto il cimitero. Si tratta dell’edicola Campari del nostro scultore Giannino Castiglioni. Di questo monumento avremo modo di parlarne spesso nei nostri giri per il cimitero. I Campari si trasferirono nel 1860 a Milano dove aprirono un bar nel Rebecchino. Quando verrà abbattuto per fare spazio al progetto del Mengoni si trasferirono in Galleria, dove saranno i primi ad avere il frigorifero, il selz per le bibite gassate e i gelati. Davide Campari è il primo nato in Galleria. Questo monumento rappresenta l’ultima cena di Leonardo, ma come lo chiamiamo noi milanesi, l’ultimo aperitivo!!

36423293_10212365823044097_9152514160326606848_n.jpg

Lasciamo l’edicola Campari per dirigerci invece al rialzato B di Ponente ad ammirare il monumento Ghisletti Bonelli dello scultore Alfeo Bedeschi del 1940. Si tratta del lamento funebre. Il monumento è diviso in due parti: sotto c’è un uomo inginocchiato che rappresenta il defunto sepolto mentre una donna piange. Sopra e all’esterno è rappresentata l’anima e sembra che i tre dialoghino tra di loro.

38016092_10212572320086394_8005100672104005632_o.jpg

Sempre nel riparto I troviamo il monumento Valenti dell’ architetto napoletano Lucio del Pezzo della fine degli anni 80. Opera non figurativa dove ogni forma ha i propri colori. I tre simboli stanno a identificare il rapporto tra la realtà terrena e l’aldilà, il cosmo e l’infinito.

36352742_10212365978007971_7048633295193505792_n.jpg

Eccoci alla prima opera dello scultore Lucio Fontana. Siamo nel 1928 e rappresenta la maternità. Si tratta del monumento Mapelli nel rialzato A-B al numero G132/133

36339007_10212365823564110_3794689118814863360_n.jpg

Proprio lì accanto troviamo il monumento Ferruccio Zara dello scultore Carmelo Cappello del 1957. Siamo sempre nel rialzato di ponente al n°133. Lo scultore siciliano è conosciuto per le sue sculture in bronzo molto leggere, questa nello specifico rappresenta un’anima che volteggia e che si libra.

36476760_10212365977247952_4462720394935140352_n.jpg

Eccoci al monumento di Roberto Crippa, di questo itinerario è una delle mie preferite. Siamo nel riparto I al n° 270 e rappresenta l’uomo di Hiroshima. Lo scultore è lo stesso Crippa e l’opera è del 1974. Crippa è stato un grandissimo pittore dello spazialismo e qui riposa con la moglie. Purtroppo il monumento è stato vandalizzato nel 2014 quando hanno rubato una sculturina in bronzo e per questo sembra incompleta. Il sole o l’ingranaggio rappresenta l’oltre. Si presuppone l’attraversamento della superficie, si tratta dell’uomo sopravvissuto ai disastri che guarda oltre.

36425156_10212365978487983_6114736237711458304_n.jpg

Ah eccoci all’edicola Falck, non potete certo non notarla. Si trova nel riparto I e chi è lo scultore? Ovviamente Giannino Castiglioni. L’opera è del 1939-1942. Tra l’obelisco e la ciminiera, si tratta di marmo chiaro su obelisco scuro e fonde due iconografie religiose: l’angelo  —–> l’annunciazione alla Madonna e il Cristo —-> il compianto della Madonna. Si tratta dell’eterno ciclo della vita e della morte. Il corpo di Cristo è bellissimo e l’angelo è eternamente giovane. Scendendo le scale, nel 1955, è stata aggiunta una scultura rappresentante una bambina che si addormenta con un angelo. E’ la tomba della figlia Luisa morta di setticemia. L’opera è di Manerbi.

Rieccoci alle prese con Lucio Fontana. Questa volta si tratta di un angelo. Siamo nel 1949. Si tratta del monumento Paolo Canelli nel riparto II n° 13. La scultura è in ceramica smaltata in blu/viola con qualche parte dorata. La struttura nel quale è inserito l’angelo è in granito bianco e grigio.

36399280_10212365976887943_5247928334624489472_n.jpg

Proseguiamo con l’edicola della famiglia Dompé di Mondarco nel riparto VII spazio 174. L’architetto è Stefano Lo Bianco e lo scultore Nando Conti, siamo nel 1959-1963. Ricerca di ingegneria avveniristica per la cupola in rame a protezione di un sarcofago molto antico sul quale sono raffigurate le muse del canto e dell’astronomia. Il sarcofago è del 3° sec d.c. Una fascia di angeli musicanti sulla cupola.

36370381_10212365980408031_3362736608519389184_n.jpg

Nella nostra passeggiata odierna poteva mancare lo scultore Arnaldo Pomodoro? Ovviamente no! Ed ecco quindi il monumento Goglio nel riparto XII al n° 88. Si tratta di una sfera di bronzo, aperta in modo da vedere gli ingranaggi che ci portano alla tecnologia moderna. La base invece riporta alla classicità, ma anche qui c’è una fenditura e sembra di vedere la crosta terrestre. La famiglia Goglio produce sacchetti di carta a uso alimentare.

36429464_10212365981088048_2963013111906304000_n.jpg

Dirigiamoci adesso verso il riparto esterno di levante dove ci attendono gli ultimi 5 monumenti. Adesso ci troviamo nella parte decisamente più contemporanea di questo museo a cielo aperto.

Il primo monumento che andremo a vedere è quello di Remo Bianco al n° 125. Lo scultore è proprio lui stesso e si intitola castello di carte ed è in marmo bianco. Remo Bianchi si è formato alla scuola di Fontana.

36383540_10212365981808066_5177202506865836032_n.jpg

Il monumento Palumbo dello scultore Otello Montaguti è del 1988 e si trova al n° 138. Palumbo è stato direttore della Gazzetta e vicedirettore del Corriere. Sul suo monumento le copie di tre quotidiani e la firma dello stesso.

36410158_10212365982208076_4789983176174862336_n.jpg

Il monumento a Piera Santambrogio lo troviamo al n° 150. Lo scultore è Floriano Bodini e l’opera si chiama ragazza e cane del 1982. La modella è la moglie dello scultore e l’opera è molto moderna, basta guardare la foggia dei sandali per rendersene subito conto. Il cane accucciato ai piedi della donna è simbolo di fedeltà.

36392038_10212365982688088_1384375441057382400_n.jpg

Il monumento Salmoiraghi Girola invece è dello scultore Igor Mitoraj ed è del 1995. Si tratta di un’opera in travertino che rappresenta una piazzetta con due divanetti posti uno in fronte all’altro. Per chi è di Milano, è lo stesso scultore del busto in piazza del Carmine.

36369093_10212365983128099_5073434336057884672_n.jpg

Ancora un paio e abbiamo finito. Sempre nei dintorni possiamo trovare l’edicola Galimberti Faussone di Germagnano del 1984. Il pittore è Vincenzo Ferrari del quale non si hanno informazioni, così come non si sa il motivo per il quale il monumento è decorato con simboli matematici e astrologici.

36338094_10212365983528109_8682872611929063424_n.jpg

Dato che siamo sulla via d’uscita possiamo fermarci sul piazzale centrale a vedere il monumento dei caduti nei campi di sterminio nazisti commissionato allo studio di architettura BBPR dall’associazione dei reduci dai campi di sterminio. Stiamo parlando dell’immagine di copertina. BBPR è l’acronimo di Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers che erano esponenti dello stile razionalista. Banfi non tornerà più dai campi di sterminio. Il monumento è in lastre di marmo di Candoglia e marmo nero di Svezia. Al centro una gavetta contenente della terra di Mauthausen circondata dal filo spinato. Nel prato sono inserite lapidi con il nome di 847 vittime del nazismo: 846 milanesi + 1 —-> la principessa Mafalda di Savoia.

Spero che questo itinerario vi sia piaciuto, mi farebbe piacere leggere i vostri commenti. In un paio d’ore dovreste riuscire a farlo.

 

 

 

 

 

Il cimitero Monumentale: Amore e Morte

Ciao! Eccomi qua con il primo degli itinerari sul cimitero monumentale. Ci eravamo lasciati al Famedio qualche settimana fa ma ho escluso agosto perchè mi rendo conto che fa davvero troppo caldo girare per il cimitero con questa canicola, anche se piante, panchine e fontanelle non mancano! Io per quest’anno ho abbondantemente dato, quindi eccoci qua oggi. Tutte le tombe che vedremo insieme in questo giro sono tra il 1870 e il 1970.

Pronti? Non vorrei ripetermi ma, mentre l’acqua è disponibile la caffeina ve la dovrete procurare precedentemente e … le scarpe comode ovviamente 😉 Per ogni tomba, monumento che vedremo, vi metterò anche l’indicazione di dove si trovano il più precisamente possibile, in modo che possiate fare il giro in completa autonomia 🙂

 – Monumento Volontè Vezzoli Galleria C-D di Ponente Superiore. L’opera si chiama l’ultimo bacio ed è dello scultore Emilio Quadrelli. Si tratta di una giovane coppia spezzata dalla morte. La donna ha una veste sottilissima, il foulard in testa indica che si tratta di un’operaia, e uno scialle sulle spalle. Si tratta, probabilmente, di una morte sul lavoro. Verismo spietato dal punto di vista iconografico mentre la modernità è data dall’attenzione per la fascinazione del corpo. Io la trovo davvero molto bella.

36426830_10212370329996768_7953765135628107776_n.jpg

– Monumento Carcano di Bregnano Edicola D Ponente Superiore. L’architetto è Cesare Nava, lo scultore Antonio Carminati. Siamo nel 1904. Per la prima volta viene rappresentato l’angelo della morte di sesso maschile, senza putti e senza angeli femminili. L’angelo punta verso l’alto con le grandi ali aperte e viene rappresentato come un giovane uomo sui 30 anni. La figura femminile invece punta verso il basso anche grazie al panneggio sotto la scultura. La giovane donna è semi nuda e sembra si aggrappi all’angelo. Il basamento è neo-barocco con ridondanza delle forme per celebrare la famiglia committente.

36331381_10212370330276775_6425268665339346944_n.jpg

Monumento Famiglia Sarchi si trova nel cimitero degli Acattolici, campo 4. Lo scultore è Otello Montaguti che si è formato alla bottega di Francesco Messina. Una donna viene portata in alto dai putti, il corpo viene annullato dall’ampio panneggio. I coniugi sono morti nel ’59 in un incidente aereo nei pressi di Malpensa; erano in viaggio di piacere verso Parigi.

36363159_10212370330676785_9049660705883553792_n

 – Monumento Zaira Brivio Riparto I, lo scultore è Alfredo Sassi. L’opera si chiama angelo consolatore. Questa opera è stata vandalizzata qualche mese fa quando hanno rubato la fotografia in vetro ceramica. E’ un vero peccato perchè nella fotografia c’era la morta nella stessa posizione del monumento. E’ del 1883 ed è ispirata al monumento di Isabella Airoldi Casati di Enrico Butti. E’ un’opera assolutamente verista e lo possiamo notare dalle labbra socchiuse, come a esalare l’ultimo respiro e dai capelli sudati. L’angelo invece non è rappresentato ma è fisicamente al fianco della defunta. Lei ha sofferto prima di morire, lui è ieratico con la bocca inespressiva. Sopra, una Madonna molto delicata e commovente. Iconografia cristiana con la candela spenta dato che la vita non c’è più.

36380532_10212370330876790_482677560119918592_n.jpg

 – Monumento di Adolfo e Dina Wildt si trova nel Circondante di Ponente. Si chiama maschera del dolore ed è dell’architetto Giovanni Muzio e dello scultore Adolfo Wildt. Si tratta di due fusioni bronzee, è una tomba storica del 1931. Wildt fu professore a Brera e ebbe tra i suoi allievi Lucio Fontana. Figlio del portiere di palazzo Marino, fece diversi lavori prima di riuscire a diplomarsi a Brera. In quell’epoca sposerà Dina che sarà sempre al fianco , soprattutto nei suoi tanti momenti di depressione. I due volti sono molto diversi: quello della moglie è molto più sereno e bello mentre quello di Adolfo è l’allegoria del dolore. A destra, vicino alla firma, ci sono 3 croci che indicano un periodo emotivo molto difficile per lo scultore.

36381343_10212370331436804_6292919669019901952_n.jpg

 – Monumento Ravera si trova nel Rialzato A-B di Ponente, dello scultore Adolfo Wildt. E’ il suo testamento artistico, fatta 2 anni prima di morire. Rappresenta Natalina Ravera con il figlio e due nipoti. Muoiono nell’attentato del 1928 alla fiera campionaria. Il monumento, pur ospitando i corpi delle quattro persone è una rappresentazione dell’amore sociale per tutte le famiglie coinvolte. Utilizza la forma della stele; i personaggi rappresentati hanno gli occhi chiusi ma non stanno dormendo, sono già passati oltre.

36468804_10212370331796813_4660996168585576448_n.jpg

Monumento Giuseppe Mengoni si trova nel Circondante di Ponente. E’ opera dello scultore Francesco Barzaghi del 1879 e del 1881. Si tratta di un monumento celebrativo e non troppo sfarzoso, così come voluto dalla famiglia. Mengoni muore, forse suicida, il 30/12/1877 il giorno prima dell’inaugurazione della Galleria. Era un uomo molto solo e sofferente. Viene rappresentato con abiti elegranti del secolo. Dopo 3 anni dalla sua morte muore anche la figlia Elena e quindi la famiglia chiede ancora all’architetto di aggiungere la bambina al monumento. In questo caso viene rappresentata come la dolente che porta i fiori al padre ma il padre non può ricambiare lo sguardo. Di questo giro è una delle mie tombe preferite.

36429722_10212370332156822_3480173920768753664_n.jpg

Monumento Balzaretti Riparto IX è la foto che ho scelto come immagine in evidenza per questo giro. Trovo l’angelo che si invola qualcosa di straordinario. L’opera è di Giannino Castiglioni e si chiama carità, amore, fede. La carità è rappresentata dalla donna che nutre il bambino, simbolo della maternità. L’amore sono i due coniugi e la fede è l’angelo che è già sollevato da terra e sta spiccando il volo. Mentre nell’angelo troviamo ancora qualcosa di liberty,  l’uomo è già razionalista. Giannino Castiglioni ci ha lasciato 59 opere al monumentale.

36379764_10212370343677110_5018049431400873984_n

Monumento Rossi nel Reparto XII. Anche questa è un’opera di Giannino Castiglioni e si chiama onora il padre e la madre. Su base circolare vengono rappresentati i due coniugi sdraiati sotto un leggero lenzuolo mentre si guardano tenendosi per mano. Il putto che tiene i piedi dei due coniugi per celebrare la famiglia.

36397345_10212370343397103_5193406267422408704_n.jpg

Ancora due e poi abbiamo finito! Ovviamente voi potete fermarvi quando volete, ma questo giro in un paio di orette dovreste averlo fatto. La prossima tomba che andremo a vedere è il monumento Vittadini e Beretta e non ne resterete delusi,  a me piace molto. Ci troviamo in area di Levante. Il titolo è l’estremo saluto ed è un’opera del 1906 dello scultore Giovanni Giudici. Guardiamola bene: lui sta morendo. Sono due anziani coniugi e pur essendo nel 900 sono ancora abbigliati alla moda dell’800. La moglie si fa tramite della sofferenza e della malinconia del saluto.  Qui possiamo proprio vedere la paura umana della morte nello sguardo del marito mentre lei invece lo sta accompagnando nel trapasso tenendogli la mano e sistemando i cuscini. L’aspetto è commovente.

36375564_10212370332596833_2283246855556956160_n

L’ultima opera che andremo a vedere è il monumento Bianchi Bonomi nell’area di Levante. La scultura è opera di Francesco Messina e il titolo è Maddalena. Generalmente nei compianti del Cristo morto la Maddalena è l’elemento che viene rappresentato in modo molto scomposto. A prima vista questa Maddalena è molto tranquilla, viene rappresentata a mani giunte come fosse in preghiera ma, se ci fermiamo a guardare meglio possiamo notare la turbolenza e la devastazione trattenuta, che non può uscire da sotto il velo. Il volto ha i capelli scomposti, gli occhi sembrano vacui da quanto sono pieni di lacrime e la bocca è un po’ aperta.

36402056_10212370333156847_7441583559661322240_n.jpg

Ecco, questo itinerario finisce qua, mi piacerebbe proprio ricevere i vostri suggerimenti.

Ciao, a presto!

 

 

 

 

 

Archeologia industriale al quartiere Tortona

L’autunno scorso, in una giornata uggiosissima, avevo seguito una visita guidata alla scoperta dell’archeologia industriale nel quartiere Tortona. Ci sono tornata poi, in un secondo momento, per rifare alcune foto, prendere appunti più precisi e allungare un po’ il giro aggiungendo altre realtà industriali.

Più di una volta ci è già capitato di parlare di fabbriche vicino ai navigli, quando abbiamo scoperto la fornace Curti, o quando abbiamo parlato della Richard Ginori. Se vi ricordate vi ho anche raccontato del primo quartiere operaio di Milano in via Solari. Ecco, questo itinerario racchiude un po’ di tutto.

Partiamo dall’inizio, dal 1865, quando questa era un’area agricola e faceva parte del comune dei Corpi Santi. Qui si insedierà la stazione ferroviaria di Porta Genova che trasformerà il quartiere da agricolo a prettamente industriale. Il motivo per il quale viene scelto questo lotto di terreno è facilmente intuibile:

  • Non si pagavano i dazi né in entrata né, in quanto la barriera daziaria era più avanti. Per fare mente locale era ai caselli di porta Genova in piazza Cantore
  • Si intercettavano le prime masse di operai provenienti dalle campagne
  • La destinazione agricola originaria faceva si che non si dovesse abbattere nulla ma costruire solamente insediamenti industriali

Facciamo un passo avanti, a partire dagli anni 70 le fabbriche vengono dismesse e conseguentemente l’area entra in una fase di abbandono, sarà solamente nel 1983 che inizia la trasformazione. Flavio Lucchini decide di scegliere una di queste fabbriche per inserire le sue imprese editoriali, insieme all’amico fotografo Fabrizio Ferri.

Quindi, a questo punto, lasciamoci alle spalle la stazione di porta Genova e partiamo. Purtroppo non ci è più possibile attraversare il ponte verde in ghisa del 1913 che è chiuso per manutenzione straordinaria ma attraverseremo poco più avanti al passaggio pedonale temporaneo, la passerella Elvira Leonardi Bouyere, che collega via Ventimiglia con via Tortona.

36408560_10212374238254472_8927840877724827648_n.jpg

Eccoci da questa parte dunque. Da qui iniziamo prendendo a sinistra via Tortona.
Il primo luogo che incontreremo sarà il Magna Pars Event Space al civico 15, una palazzina del primo novecento. In origine qui c’era una fabbrica di profumi che è stata riconvertita in un polo espositivo.

36420377_10212374239134494_3352280867119562752_n.jpg

Prendiamo via Forcella, se guardiamo per terra si riconoscono ancora i segni dei binari dei treni che uscivano dalla sede, e non saranno gli unici che vedremo! Forcella 5 inizialmente era una torrefazione di caffè, mentre adesso ospita gli showroom di Stella McCartney e altri. Inizialmente c’è stata qui la sede dell’Ermenegildo Zegna, ma si trasferirà presto. I colori semplici e l’assenza dei serramenti ci fanno tornare all’origine del corpo di fabbrica, con una valenza più produttiva che estetica.

36459779_10212374241414551_3406932728233328640_n.jpg

Al civico 6 di via Forcella invece, possiamo vedere il primo caso di hotel à parfum del mondo. Si tratta dell’hotel Magna Pars Suites Milano. L’idea è dei proprietari, la famiglia Martone che circa 45 anni fa trasforma l’azienda farmaceutica di famiglia in fabbrica di profumi. Alla fine degli anni 80, la fabbrica viene trasferita nel lodigiano e la famiglia stessa riconverte i volumi in un hotel 5 stelle con allestimento olfattivo. Ogni suites infatti corrisponde ad una nota olfattiva diversa e a disposizione degli ospiti c’è un piccolo giardino segreto oltre che una libreria dedicata ai profumi.

36511529_10212374241974565_3838814809655083008_n.jpg

Arriviamo in fondo e ci troviamo in via Bugatti. Giriamo a sinistra, il tempo di vedere una vecchia casa di righiera e al numero 7, la piazzetta Industria con il cortile della Galvanotecnica Bugatti. Eccoci qua! Non è meravigliosa? Dovete avere fortuna come me e trovare il cancello aperto ma una volta entrati vi troverete davanti questa meraviglia. Qui c’era la fabbrica Barattini & C.  che negli anni 20 inizia a lavorare per le industrie automobilistiche realizzando cromature e zincature. A metà degli anni 90 la famiglia Barattini cederà l’azienda che trasferirà la produzione  fuori Milano. Il recupero è stato fatto con la consulenza dell’architetto Luigi Caccia Dominioni. I due silos vengono recuperati a memoria delle attività originali. La galvanotecnica si declinerà in un’accademia per formare nasi esperti di profumi. L’anima di questo progetto fu il fotografo Fabrizio Ferri che adibì il magazzino a volta dell’ex fabbrica in una sala prove per la moglie Alessandra Ferri.

38404800_10212608821638910_1872343370093821952_o.jpg

Torniamo sui nostri passi, passiamo accanto alla bocciofila e rientriamo in via Tortona. Ecco, giriamo a sinistra e costeggiamo il fabbricato rosso della Deloitte. Ci troviamo al civico 25. Questo era il vecchio palazzo delle poste che è stato acquisito e recuperato da Hines Italia nel 2001. I primi interventi sono dell’architetto Mario Cucinella che recupera l’esistene mantenendo i volumi originali. All’interno dei palazzi della Deloitte è stata creata una piazza con copertura in vetro ed è stata realizzata la superficie in vetro che dà sul largo delle Culture.

36381328_10212374246494678_5661164760423464960_n.jpg

Siamo arrivati a buon punto di questo giro. Prendiamo via Bergognone girando a sinistra. La via è senza uscita, quindi poi dovremo tornare indietro per proseguire il nostro itinerario. Alla fine della via passa ancora la ferrovia. Al numero 59 c’è il teatro Armani, progettato da Tadao Ando, dove a inizio del 2000 Armani ha trasferito gli uffici e lo show room. Il teatro è il luogo prescelto per le sfilate di moda. L’edificio è la vecchia fabbrica della Nestlé che è rimasta dismessa per anni prima di questo intervento. Al numero 40 invece, è stato inaugurato in periodo Expo, l’Armani Silos, l’archivio di documentazione per i 40 anni di carriera dello stilista. Il museo ricava i suoi spazi all’interno di un silos costruito nel 1950 come deposito di granaglie e cereali. Il progetto è dello stilista per accogliere sue opere e mostre fotografiche temporanee. Sceglie questa parte della città per trasferire tutto il suo quartier generale perchè questa è sempre stata una zona operosa e lascia visibile la struttura simile all’alveare.

36412448_10212374249534754_1842103390125948928_n.jpg

Torniamo indietro nuovamente verso il largo delle culture. Eccolo lì il palazzo dell’Ansaldo. La facciata è di inizio 900. Le acciaierie Ansaldo sono sorte qui negli anni 60 nello stabile nel quale nei primi del 900 c’era la Zust che produceva automobili di lusso.  Producevano locomotive, carrozze ferroviarie e tramvie. Negli anni ’80 avviene la dismissione dell’area ma, come possiamo vedere dalla foto sotto riportata, anche qui si vedono ancora i binari dei treni che entravano e uscivano giornalmente con il loro carico. Oggi fanno parte del complesso il MUDEC, i laboratori della Scala e lo spazio BASE.

 

 

Il MUDEC, il museo delle culture, mantiene la facciata storica con elementi decorativi semplici ma belli. E’ vincolata alla sovrintendenza come realtà operaia.

36466972_10212374251574805_2186828099641933824_n

Proseguiamo sempre su via Tortona dove al civico 35 incontriamo il Nhow Hotel che sorge al posto della vecchia fabbrica della General Electric riconvertita in spazio polifunzionale. Si racconta, perchè purtroppo io non ci sono mai entrata nemmeno per vederci una mostra, che nella zona della hall vicino agli ascensori un pavimento in vetro permetta di vedere le fondamenta dell’ex fabbrica

36427129_10212374252254822_7692322595055599616_n.jpg

Senza proseguire su via Tortona, giriamo subito a destra in via Stendhal e poi prendiamo via Savona e di nuovo a destra. Il quartier generale della Ermenegildo Zegna prospetta su via Savona con una cornice all’interno della quale si può vedere il giardino interno che dà luce agli ambienti. Nello stesso spazio, prima di Zegna, c’era la Riva Calzoni, una delle aziende italiane più importati nella produzione di turbine. La Riva Calzoni diventa celebre prima della seconda guerra mondiale quando, con le proprie turbine riesce ad abbassare il livello del lago di Nemi e recuperare le due navi di Caligola sepolte sul fondo. Guido Ucelli, ingegnere e vicedirettore generale, da quel momento potè fregiarsi del titolo di Nemi.

38435763_10212610196433279_5952475684688363520_o.jpg

Di Guido Ucelli di Nemi parleremo ancora più avanti. Per il momento vi lascio qui e spero che questo giro vi abbia appassionato. Ovviamente non abbiamo visto tutto, ci sono ancora altre realtà industriali che ci mancano, magari faremo una seconda parte un po’ più snella.

Da qui per tornare verso il centro potrete prendere il tram in via Solari che vi porterà alla fermata verde M2 Sant’Agostino, oppure fare quattro passi a piedi.

Le opere d’arte del Parco Sempione

Quante volte ci sarà capitato di entrare al Parco Sempione? Una marea, ma forse non abbiamo mai fatto caso al disegno generale di questo parco cittadino di quasi 400.000 metri quadrati. Siamo proprio in centro, tra il Castello Sforzesco e l’Arco della Pace, anche se possiamo entrare anche da altri varchi.

Il progetto è di fine 800 ed è dell’Alemagna. Il disegno è per un parco all’inglese, quindi non caratterizzato da aiuole precise ma da boschetti, strade tortuose, montagnette…l’idea era quella di avere una continua sorpresa. Come spesso accade, al centro del parco c’è un laghetto dai contorni irregolari. Ma un’altra cosa dobbiamo considerare e cioè che questo parco è sempre stato “contenitore” di opere d’arte, è questo l’aspetto meno conosciuto forse.

Ancora nel 1894 venne installata la prima torre panoramica con ascensore, si trattava della Torre Stigler, che era alta 40 metri e consentiva con un biglietto di salire sui primi ascensori e di vedere il panorama. Fu smantellata poi nel 1924 in quanto non più sicura.

Sappiamo che nel 1906 si svolse l’Expo: sull’area verde venne allestito un luna park con tiri al bersaglio, altalene, campi di pattinaggio, ristoranti e padiglioni di vario genere e la possibilità di fare una crociera in barca sul laghetto. Di questa esposizione sappiamo, perché ne abbiamo già parlato precedentemente, che è rimasto in piedi solamente il padiglione della piscicoltura che è il nostro caro Acquario Civico.

Dal 1906 in poi, il nostro parco sarà indissolubilmente legato all’arte, grazie alla decima Triennale del 1954 che si svolse a Milano. Ma andiamo un po’ a zonzo per il parco e vediamo insieme che cosa possiamo trovare.

Oggi io sono entrata da via Elvezia e quindi la prima cosa che ho trovato è stata l’Arena Civica è dedicata dal 2002 al giornalista sportivo Gianni Brera. Fu costruita prima del parco Sempione, in quanto fu inaugurata nel 1807 ed era ispirata ad un anfiteatro fuori Roma. L’architetto è Luigi Canonica. Ha una forma ellittica di 238 metri di lunghezza e 116 di larghezza e doveva ospitare circa 30.000 persone, circa ¼ della popolazione. Dato che a Milano non si butta via niente i mattoni furono presi inizialmente dalla cinta del Castello Sforzesco. Si faceva la corsa delle bighe e la naumachia. È stata usata come stadio dell’Inter nel 1950 e ristrutturata negli anni 70. Per vedere l’Arena potete o salire sulla torre Branca, come ho fatto io oggi, oppure entrare nella Palazzina Appiani che è stata data in concessione al FAI (Fondo Ambiente Italiano) nel 2015 e che organizza visite guidate con contributo libero dal mercoledì alla domenica.

Non so se avete mai sentito parlare di Montecitorio o di terme dei poveri. È la stessa cosa, è sempre della fontana dell’acqua marcia che stiamo parlando. Si tratta di acqua sulfurea, dal forte odore di uova marce. Nel 1928 l’ingegnere Amorosi installò questa fontana ottagonale a tumulo decorata sui lati con mascheroni. Negli anni 70 primi anni 80 era consuetudine riempire bottiglie di quest’acqua puzzolente e portarsela a casa, in quanto si pensava che facesse bene. I milanesi soprannominarono questa fontana Montecitorio in quanto diverse persone si ritrovavano qui a discutere soprattutto di questioni politiche o appunto terme dei poveri, per i motivi detti più sopra. Dal 2000 quest’acqua non è più considerata potabile in quanto sono cambiati gli standard. Ne sono rimaste solo 3 di fontane dell’acqua marcia a Milano, anche le altre due hanno le stesse caratteristiche e si trovano in Piazza Sant’Angelo sul sagrato della chiesa e nello spartitraffico di Viale Piceno. L’unica ancora attiva è quella del parco. (la fontana è proprio accanto all’Arena).

39821283_10212726580502808_7609323228233728000_n

Lasciamo la fontana e dirigiamoci verso viale Goethe, andiamo verso la montagnetta che si erge davanti a noi. Avevate mai fatto caso ad una montagna all’interno del parco? Si tratta del monte Tordo e alla sua sommità il monumento a cavallo di Napoleone III, opera di Francesco Barzaghi del 1881. Celebra l’entrata trionfante di Napoleone a Milano dopo la battaglia di Magenta. Sotto il cavallo, nel podio, ci sono dei bassorilievi. Francesco Barzaghi era quotatissimo all’epoca, è lo scultore del monumento di Alessandro Manzoni in piazza San Fedele.

39580546_10212726148252002_2111293042383126528_n.jpg

Dietro al monumento di Napoleone, sempre sulla sommità del monte troviamo la biblioteca civica del parco costruita nel 1954 per la decima triennale. Per quella storica triennale vennero edificate 10 costruzioni nel parco, ad oggi ne sono sopravvissute solamente due, questa appunto e il bar bianco del quale parleremo più avanti, quando ci fermeremo a bere qualcosa! Davanti a questo padiglione è la scultura “il grande motivo” di Francesco Somaini che rappresenta una lettrice. Davanti alla biblioteca è stato piantato un albero in memoria di Lea Garofalo “Le radici del domani” è il titolo scelto per sottolineare l’importanza di un simbolo che vuole essere di speranza oltre che di memoria.

Lasciamo il monte Tordo per dirigerci alla Torre Branca, sulla quale si può salire per qualche minuto al prezzo di 5 euro a persona. A mio parere ne vale assolutamente la pena, soprattutto in giornate nitide il panorama a 360° vi lascerà senza parole. La torre Branca è la vecchia torre Littoria, un’opera di Giò Ponti dell’altezza di 108 metri, comparsa nel parco per la V triennale del 1933. Dopo anni di abbandono è stata riaperta agli inizi degli anni 2000 grazie all’interessamento della società Branca. Avete visto che bello il panorama?

 

Scendendo dalla Torre ci spostiamo verso i bagni misteriosi di De Chirico, opera del 1973. Inizialmente creata per la Triennale è stata poi spostata al museo del 900 per evitare vandalismi. Quella che c’è adesso al Parco Sempione è una copia. Si tratta di una vasca con fondo giallo e le ondine disegnate con all’interno 2 nuotatori, un trampolino e una palla.

39872822_10212726159012271_362918753622556672_n.jpg

Tornando verso l’Arena non possiamo non notare il teatro continuo di Burri che incornicia il cannocchiale tra il Castello Sforzesco e l’Arco della Pace. Si tratta di una piattaforma in cemento rialzata a mo’ di palcoscenico, molto vissuto sia per spettacoli artistici sia per uso indipendente. Era stato progettato nel 1973 per la XV Triennale e abbattuta successivamente perché fortemente degradata. Venne reinstallata nel 2015, portando con sé non poche polemiche. (A me personalmente piace!)

Dirigiamoci adesso verso l’Accumulazione musicale e seduta, opera di Arman costruita per la Triennale del 1973. Rappresenta una platea. All’interno delle gradinate sono imprigionate delle sedie in ferro mentre di fronte c’è un podio per il direttore d’orchestra sul quale si possono vedere degli strumenti musicali. Serve ad avvicinare l’arte alla quotidianità.

39914623_10212726159652287_4527158184414019584_n.jpg

Ok, da qui attraversiamo per il ponte delle sirenette, o il ponte delle sorelle Ghisini, come le chiamiamo noi milanesi! Si tratta del primo ponte in ghisa di Milano, da qui il nome Ghisini. Prima che si sotterrassero i navigli questo ponte si trovava in via San Damiano oggi Visconti di Modrone. Il ponte è stato piazzato qui nel 1930 e come per i bagni misteriosi anche queste 4 sirenette sono copie. Potete vedere un originale al Museo di Milano presso Palazzo Morando. Come recita un cartello posizionato proprio all’inizio del ponte si tratta di un patrimonio industriale lombardo disegnato dall’architetto Francesco Tettamanzi e inaugurato il 23 Giugno 1842. Due parole su queste sirenette, avete notato che hanno una doppia coda? Pare si tratti della fata Melusina, dea della mitologia celtica e della fertilità.

Ok è giunto il momento di andare a prenderci qualcosa da bere. Ci sono diversi chioschetti in giro per il parco ma noi opteremo per il Bar Bianco che si trova in via Ibsen al 4. Anche questo non è il solito bar, si tratta del vecchio chiosco della Centrale del Latte di Milano costruito per la X Triennale del 1954 dall’architetto Riccardo Griffini. Vi ricordate quando più sopra abbiamo parlato della biblioteca del parco? Questo era un punto di distribuzione dei prodotti della centrale del latte per i bambini che frequentavano il parco, l’interno del bar è decorato con piastrelle in ceramica della Richard Ginori.

39700652_10212726147931994_8542636479401164800_n.jpg

Bene, per il momento io mi fermo qui. Non abbiamo parlato dell’Arco della Pace e del Palazzo della Triennale, sarà per la prossima volta 😉

Buona passeggiata

Il liberty in corso Magenta

Partiamo dal presupposto che io adoro il liberty, non so se ve ne siete accorti ma, è proprio così! Sono fortunata perchè Milano, insieme a Torino e Palermo, è ricca di architettura liberty e ve ne accorgerete mano a mano che cammineremo insieme. Oggi vi vorrei far conoscere una zona che adoro, quella intorno a Corso Magenta. Indicativamente andremo dal Bar Magenta fino a via Mascheroni, una di quelle zone dove abita la crème milanese, come direbbe un mio amico 🙂

Il liberty di questa zona è più misurato rispetto a quello che potete vedere in altre zone della città, è molto più milanese possiamo dire.

Iniziamo dal Bar Magenta che è del 1907 come il palazzo di fronte. Guardate bene la decorazione con i gigli. Sulle finestre e nei balconi la decorazione è semplificata ma decisamente bella. Gli interni del bar Magenta sono originali e liberty. Ok, siamo pronti a partire? Io ho appena fatto la mia solita scorta di caffeina e acqua e come di consueto ho scarpe comode. Andiamo!

Dirigiamoci verso via Enrico Panzacchi e buttiamo un occhio all’atrio del numero 6. Non siete rimasti stupiti come me? Richiama molto la sala delle asse di Leonardo al Castello Sforzesco. Sembra un rifacimento dell’800. La decorazione è del 1918-1920

36442178_10212373045464653_8391384760781373440_n.jpg

Lasciamo via Panzacchi e ci dirigiamo verso via Aristide De Togni per dare un’occhiata a Palazzo Fraizzoli, grande presidente dell’Inter per quasi vent’anni. Si tratta di eclettismo di tardo 800: decorazioni in pizzo e giardino pensile con statue esotiche e egizie. Il cancello, in ferro battuto, potrebbe essere del Mazzucotelli o di un suo allievo.

36509317_10212373046424677_9148843629735837696_n.jpg

Proseguiamo su via Carducci e andiamo a vedere il Castello Cova. E’ in stile revival medievale. Il periodo è 1910-1915 di Adolfo Coppedè. I mattoncini che decorano la torretta che si allarga verso l’alto, ricorda quella di Bona di Savoia al Castello Sforzesco e la torre Velasca del gruppo BBPR. Sulla cima del castello si possono vedere dei gargoyle.

36460256_10212373054144870_6582217005242253312_n.jpg

Giriamo l’angolo, facciamo un pezzo di via San Vittore e svoltiamo poi a destra in via Zenale al 13, dove possiamo ammirare Casa Valli del 1907. I ferri battuti sono del mastro ferraio Pasquale Mina. Sulla facciata possiamo ammirare dei grifoni, fiori, tralci e anche animali. Sul portone rami di ciliegio e sulle finestre melograni e ippocastani. L’atrio è di Paolo Mezzanotte.

36401625_10212373047344700_7599825964620578816_n.jpg

In fondo a via Zenale ci troviamo nuovamente in corso Magenta, dove proseguiremo verso piazzale Baracca. Al numero 84 c’è un palazzo in stile rinascimento lombardo, con mattoni sotto e cotto sopra. Era l’abitazione di Ettore Conti, l’architetto è Giovan Battista Bossi che ha progettato i maggiori esempi di liberty in città. Al 96 invece, troviamo Casa Laugier degli anni 1905-1906. E’ uno dei miei palazzi liberty preferiti in città, così per dirvelo! Qui possiamo trovare i ferri del Mazzucotelli, le ceramiche dipinte della ditta Bertoni e le decorazioni in cemento della ditta Chini. Al pian terreno del palazzo c’è una delle farmacie più antiche di Milano, ancora con l’arredo originale. Se chiedete vi lasceranno fare delle fotografie!

36421875_10212373049144745_4768033007074279424_n

Da qui ci dirigeremo verso piazza della Conciliazione dove incontreremo Casa Binda di inizio 900. Se, come me, avrete la fortuna di poter entrare in cortile (magari potete chiedere al custode) potete vedere dei mostri che decorano gli scalini ma, soprattutto uno dei primi ascensori in funzione dal 1909 con i vetri sabbiati.

36492318_10212373050344775_7923165997610041344_n.jpg

Da qui ci dirigeremo verso il villino Maria Luisa, in via Tamburini 8, che vedete nell’immagine di copertina. Non si sa chi sia l’architetto, il mosaico blu con le stelline dorate è in stile revival bizantino. Il cancello del 1906 è del Mazzucotelli.

Proseguendo da via Tamburini ci portiamo verso via Tasso, dove al civico 5 troviamo Casa Apostolo dell’architetto Ulisse Stacchini. E’ uno stile liberty con rimandi alla cultura egizia.

37620971_10212525847364605_2260952058280542208_n

Proseguiamo al numero 8 della medesima via dove incontriamo Casa Donzelli del 1913 dell’architetto Zanoni. Si tratta di un liberty molto moderno. Affrescati vicino alla finestra ci sono i personaggi della Gerusalemme Liberata: la maga Armida e Rinaldo e al centro un busto del Tasso, come ci ricorda anche la scritta sotto lo stesso.

36501951_10212373053304849_2794549964682821632_n.jpg

Dirigiamoci adesso in via Ariosto al 21 dove incontreremo casa Agostoni del 1905-1906 dell’architetto Menni. Sopra al portale d’ingresso troviamo a sinistra la danza e a destra la musica, mentre le donne rappresentate vicino ai balconi sono le quattro stagioni.

36428634_10212373054584881_3861152393395699712_n.jpg

Siamo quasi in fondo, ancora pochi palazzi e abbiamo finito per questa volta! Ovviamente queste sono solo una piccola selezione, potete aggirarvi tra queste vie con il naso all’insù, di sicuro non rimarrete delusi, poi magari fatemi sapere.

Proseguiamo su via Ariosto e poi svoltiamo a destra su via Mascheroni, dove al civico 18 incontriamo casa Carugati Felisari. E’ del 1908 e l’architetto è Giulio Ulisse Arata. Da notare ci sono le decorazioni dei balconi e la quasi totale assenza dell’elemento floreale.

37926383_10212571415423778_6081048343897702400_o.jpg

Al civico 20 incontriamo Casa Tenca del 1914. Sulla cima un elaborato terrazzo e subito sotto delle cariatidi in stile assiro-babilonese. I doccioni sono dei ranocchi in cemento.

37948195_10212571186178047_3297317118365663232_n.jpg

Finiamo il nostro percorso sempre in via Mascheroni al 19, dove incontriamo casa Berni del 1916. Adoro questo palazzo d’angolo con i suoi immensi bovindi anche se, in realtà, via Mascheroni la amo tutta. Tornando indietro, incontrerete piazzale Tommaseo, dove i milanesi scattano diverse fotografie in primavera e la chiesa di Santa Maria Segreta che ha una storia lunga e che quindi non farà parte di questo itinerario.

38025499_10212584371467671_5442330107903475712_o.jpg

Se a questo punto volete bere qualcosa potete tornare in piazzale Baracca e entrare in uno dei miei locali preferiti di Milano: il bar Larky dove fanno degli ottimi aperitivi.

Alla scoperta dei passaggi coperti

Avete presente i passaggi coperti di Parigi? L’ultima volta che sono stata nella capitale francese mi sono spulciata diversi blog e siti alla ricerca dei passaggi imperdibili. Ecco, credo che potremmo fare qualcosa del genere anche a Milano. D’altra parte anche noi ne abbiamo diversi in centro, e chissà quante volte ci siamo passati senza nemmeno farci caso.

Ma che cosa sono i passaggi coperti? Sono delle gallerie coperte, costruite generalmente tra il 1920 e il 1940, con negozi, locali, gallerie d’arte… Potremmo definirle le sorelle minori della nostra galleria Vittorio Emanuele, della quale parleremo un’altra volta.

Io ho provato questo itinerario, ma ovviamente voi potete seguire il giro che volete. Noi partiamo dalla fermata Cordusio della M1 rossa. Sono quasi pronta a partire: scarpe comode e macchina fotografica ok, mi manca solo la caffeina e l’acqua, ma quelle le troverò alla prima galleria!

Eccoci in galleria MERAVIGLI, che unisce via Meravigli con via Gaetano Negri. Quello che attira subito la mia attenzione è il pavimento a mosaico, bellissimo, e la volta in vetro smerigliato. È del 1928 e il direttore dei lavori, Repossi, è una figura molto importante per la belle epoque.  Insieme a Beltrami e Castiglioni costruirà la sede del Corriere della Sera.

 

Copia di IMG_20180225_221536_717276732.jpg

IMG_20180225_220947_1118902475.jpgAndiamo poi a fotografare il passaggio CENTRALE che si trova tra via Orefici e via Armorari. Io adoro lo stile liberty, avrete modo di accorgervene mano a mano che pubblicherò! Anche qui troviamo una volta in vetro smerigliato e delle colonne che terminano con decori floreali. Direi che siamo in pieno stile liberty. Il palazzo che ospita questo passaggio è davvero importante. C’è una lapide sulla facciata che ci ricorda che qui venne ricoverato Hemingway nel 1918, quando l’edificio era adibito a ospedale della croce rossa americana. Così nacque la favola vera “Addio alle armi”.

aa.jpg

C’è poi la galleria UNIONE che va da via Mazzini a via Unione. È del 1920 e la trovo davvero molto bella. Mi raccomando, non prendete il braccio che va verso via Torino, secondo me non ne vale la pena.

28337634_10211537182448600_2660559331392272480_o.jpg

Eccoci davanti al teatro dei Filodrammatici, proprio dietro alla Scala. Avete visto che bella facciata liberty? Purtroppo di originale dell’epoca è rimasto solo quello. Milano è stata la città più bombardata d’Italia. Comunque, gli interni sono stati rinnovati negli anni 70 dall’architetto Caccia Dominioni. La galleria FILODRAMMATICI inizia dal teatro e esce dal bellissimo portale in piazzetta Cuccia. Da qui ci dirigiamo verso la chiesa del Manzoni in piazza San Fedele, dove troveremo la prossima galleria e il prossimo fornitore di caffeina!

Siamo arrivati in galleria SAN FEDELE che collega piazza San Fedele con via Ugo Foscolo. Si tratta di una galleria parzialmente nuova. Al suo posto c’era il teatro Manzoni che venne raso al suolo durante la seconda guerra mondiale. Oggi il palazzo è sede di una banca. Si raccontano storie di fantasmi in questo palazzo, ma sicuramente ne riparleremo un’altra volta. Appuntatevelo però!

Adesso ci dobbiamo dirigere verso la galleria CORSO che collega corso Vittorio Emanuele con piazza Beccaria. Una volta questa era la galleria dei cinema e dei teatri. Venne costruita tra il 1926 e il 1935 dall’architetto Pier Giulio Magistretti. Sul lato rivolto verso piazza Beccaria, che è stata appena sistemata, è posta una lapide dal 1990 che ricorda Giovanni D’Anzi, l’autore della canzone mito per ogni milanese! Vi lascio una curiosità in merito: pare che Giovanni D’Anzi, nato a Milano da genitori meridionali, stanco di sentire suonare sempre canzoni napoletane/romane alla fine degli spettacoli negli anni 30, decise di comporre una serenata per la città di Milano, e così nacque “Oh mia bela Madunina

IMG_20180225_230400_794086365

aaabbbb.jpg

Proseguiamo il nostro giro andando a vedere la galleria STRASBURGO che unisce corso Europa con via Durini. È opera, anche questa, dell’architetto Caccia Dominioni, mentre il mosaico del pavimento, intitolato “Il segreto dell’assoluto” è dello scultore Samaini. Io trovo che il pavimento sia molto bello, così come il lucernario ellittico in vetro cemento, che però sta subendo restauri. Io mi sono lustrata gli occhi con le belle vetrine presenti in questa galleria.

IMG_20180225_232107_695879154.jpg

Che ora abbiamo fatto? Abbiamo tempo per un buon aperitivo in un locale storico? D’altra parte ci troviamo in galleria SAN BABILA, è impossibile non entrare al GIN ROSA. La galleria collega corso Europa con piazzetta Giordano. È stata costruita tra il 1939 e il 1948 e come vi dicevo poco fa, ospita al proprio interno, praticamente da sempre, lo storico locale del Gin Rosa che è nato addirittura nel 1820 con il nome di Bottiglieria del Leone.

Ok adesso che ci siamo riposati un attimo possiamo andare a conoscere le ultime tre che ci mancano. La prima che incontriamo è la galleria DEL TORO che si trova tra corso Vittorio Emanuele e corso Matteotti, dall’altra parte della piazza San Babila. È stata costruita tra il 1935 e il 1939 e venne ricavata all’interno del palazzo della compagnia anonima assicurazioni di Torino da cui prende il nome. Sul braccio principale c’è un grosso toro bronzeo mentre sulle pareti di fronte ci sono due mosaici che rappresentano l’allegoria delle città di Milano e Torino e delle belle lampade decò. Il progetto della galleria è dell’architetto Lancia. Questa galleria nasce sulle ceneri della vecchia De Cristoforis che è stata la più antica di Milano. Siamo nel 1832, 35 anni prima della galleria Vittorio Emanuele. Doveva essere grandiosa con la copertura in vetro illuminata dalle lampade a olio. Pare che per l’inaugurazione fosse presente anche il viceré. Quando i milanesi videro la galleria Vittorio Emanuele questa venne soprannominata “galeria vegia” (galleria vecchia). Rimase in funzione fino al 1935 quando venne abbattuta. Quindi, quando su corso Vittorio Emanuele troverete galleria De Cristoforis, sappiate che non è quella originale, ha solo il nome che ne ricorda i fasti.

28337776_10211537449095266_5439518486751816479_o.jpg

Entriamo adesso in via Montenapoleone e andiamo alla ricerca del passaggio DEL LATTÈE che collega via Montenapoleone con via Bigli. Questo ho fatto veramente fatica a trovarlo. Non so quante volte ci sono passata davanti senza accorgermene. Si trova al numero 25! E’ uno dei passaggi più antichi e contemporaneamente più moderni della città. Si tratta di un vicolo che è stato creato dopo i bombardamenti del 1943. Come potete vedere dalla foto qui sotto riportata, uno dei due muri è in mattoni: si tratta del fianco della chiesa di San Donnino alla Mazza eretta alla fine dell’XI secolo la cui parrocchia fu soppressa nel 1787 e la chiesa demolita nel 1830. Questo muro fu scoperto nel 1958 così come riporta la lapide sulla parete.

28337068_10211537468255745_689256755245588649_o.jpg

L’ultima tappa del nostro giro è tra via Manzoni e via Borgospesso, dove troviamo la galleria MANZONI. Come sempre sono rimasta colpita dalla pavimentazione in marmo policromo e dal pilastro all’ingresso della galleria opera di Gino Oliva. C’è una sua opera anche sul soffitto. Questa galleria è nata dopo la fine della seconda guerra mondiale. Come abbiamo già detto, il teatro Manzoni venne raso al suolo dalle bombe e con la ricostruzione si decise di spostarlo nell’attuale omonima via, affiancando all’attività teatrale anche un cinema. Se potete, entrate nel teatro e date un occhio alle maniglie delle porte, alla statua di bronzo del dio Apollo e del mosaico in fondo alla sala. In questo momento la galleria non è messa molto bene, è un peccato perché il passato è stato glorioso.

28337859_10211537505576678_5554575508528402093_o.jpg

Ecco, queste sono quelle che ho girato io, ce ne sono altre sparse per il centro. Qualcuna è più nascosta, qualche altra davanti agli occhi di tutti.

Per questa volta vi lascio qui. Potete prendere la metropolitana linea3 gialla in Montenapoleone, oppure avventurarvi alla ricerca delle altre.  Mi raccomando, fatemi sapere se le trovate che così aggiorniamo il tour!

 

Sulle tracce di Leonardo

Ho pensato che potremmo iniziare questo percorso sulle tracce di Leonardo dal Museo della Scienza e della Tecnologia. Il museo è molto grande e ci sono davvero tantissimi settori da vedere. Ci sono stata con i miei nipoti qualche sabato fa per entrare nel sottomarino Toti; loro però sono rimasti entusiasti dal lungo corridoio delle macchine disegnate da Leonardo. Si tratta di modellini in legno che riproducono i progetti che il maestro ci ha lasciato nei vari codici. Li abbiamo fotografati tutti!

Usciti dal museo direi che possiamo incamminarci verso il refettorio di Santa Maria delle Grazie per vedere il Cenacolo e la dirimpettaia vigna. Beh, del Cenacolo che cosa dobbiamo dire? È un miracolo che sia arrivato ai giorni nostri. Il mio suggerimento è di entrarci con una visita guidata che vi spieghi bene il periodo storico, la scelta della tecnica e la fortuna che abbiamo avuto nel superare la guerra mondiale (non dimentichiamoci che Milano è stata la città italiana più bombardata).

Vi lascio solo un paio di curiosità in merito, qualora non vi capitasse la mia guida.

Il dipinto si basa sul vangelo di Giovanni nel quale Gesù annuncia che verrà tradito da uno degli apostoli. “in verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”. È a questo punto che Leonardo ambienta la scena. Gesù e gli apostoli sono rappresentati tutti dallo stesso lato della tavola e le figure rappresentate sono a gruppi di tre. Goethe durante un suo soggiorno in Italia disse che solo un italiano avrebbe potuto dipingere una cosa del genere, con tutto quel movimento di mani, teste, espressioni! Se nessuno dovesse dirvelo, quando siete nel refettorio, mettetevi circa al centro e inginocchiatevi: questa è la visuale che avevano i frati ai tempi di Leonardo, ne resterete sorpresi, prende tutta un’altra piega.

Cenacolo Vinciano con firma.jpg

Bene, adesso usciamo e andiamo a vedere la vigna di Leonardo presso la Casa degli Atellani che è stata aperta nel 2015 grazie a Expo. Si racconta che nel 1499 Ludovico il Moro donò a Leonardo da Vinci una vigna da 16 pertiche situata nei campi della vigna di San Vittore. Ludovico il Moro non aveva ancora pagato il Cenacolo e continuava a ricevere solleciti da Leonardo, pertanto pensò che questo era il modo migliore per liberarsi dalle lettere di sollecito. La storia della vigna attraverso i secoli è lunga, dobbiamo ringraziare Luca Beltrami e i suoi studi sui documenti dell’epoca se abbiamo indicazioni precise. Confinava con i terreni del monastero di San Girolamo e comprendeva un pezzo del giardino degli Atellani. Basandosi su questi dati sono iniziati i lavori per riportarla alla luce.

Vigna_Casa degli Atellani con firma.jpg

Dopo aver visto queste tre opere ci possiamo dirigere verso il Castello Sforzesco, passando per piazza Cadorna. Sono due le opere custodite: il quaderno degli appunti scritto da Leonardo nel suo primo soggiorno a Milano, e la sala delle Asse. Il primo come dicevamo, è il codice Trivulziano conservato nella Biblioteca Trivulziana mentre sulla seconda….beh… ne sapremo di più penso a inizio 2019 quando finalmente dovrebbe aprire al pubblico. Si tratta di una sala dove gli Sforza ospitavano gli ambasciatori. La fecero affrescare da Leonardo che dipinse sul soffitto rami, foglie, corde. Quando poi Milano passò sotto i francesi la sala fu adibita a stalla e fu imbiancata. I lavori sono in corso, sono iniziati grazie a Expo.

Castello con firma.jpg

Oramai siano in Cairoli, possiamo pensare di prendere la metropolitana lilla e dirigerci a vedere il Cavallo di Leonardo all’ippodromo. La statua è ispirata ai calcoli di Leonardo: l’idea era quella di costruire la statua equestre più grande al mondo. Le cose andarono diversamente, Milano passò sotto i francesi e Leonardo lasciò il granducato. Alla fine degli anni 70 un ex pilota americano, amante di Leonardo da Vinci, lesse la storia di quest’opera mai compiuta e decise di raccogliere fondi per riuscire a costruirlo e donarlo alla città di Milano come ringraziamento per aver fatto lavorare Leonardo. L’opera si trova nel cortile dell’ippodromo dalla fine degli anni 90.

Cavallo di Leonardo con firma

Per adesso vi saluto qui, ci rivedremo presto per scoprire altre curiosità di Leonardo in giro per la città.

Informazioni pratiche:

  • Il museo della scienza e della tecnologia si trova sulla metro verde fermata Sant’Ambrogio.
  • Il Cenacolo e la casa degli Atellani li trovate sulla metro rossa, fermata Conciliazione
  • Il Castello Sforzesco, metro rossa fermata Cadorna e Cairoli Castello
  • Il Cavallo di Leonardo metro lilla fermata San Siro Stadio

Se invece volete sapere con chi ho fatto le mie visite guidate al cenacolo, scrivetemi che vi do i riferimenti 🙂