Il liberty in corso Magenta

Partiamo dal presupposto che io adoro il liberty, non so se ve ne siete accorti ma, è proprio così! Sono fortunata perchè Milano, insieme a Torino e Palermo, è ricca di architettura liberty e ve ne accorgerete mano a mano che cammineremo insieme. Oggi vi vorrei far conoscere una zona che adoro, quella intorno a Corso Magenta. Indicativamente andremo dal Bar Magenta fino a via Mascheroni, una di quelle zone dove abita la crème milanese, come direbbe un mio amico 🙂

Il liberty di questa zona è più misurato rispetto a quello che potete vedere in altre zone della città, è molto più milanese possiamo dire.

Iniziamo dal Bar Magenta che è del 1907 come il palazzo di fronte. Guardate bene la decorazione con i gigli. Sulle finestre e nei balconi la decorazione è semplificata ma decisamente bella. Gli interni del bar Magenta sono originali e liberty. Ok, siamo pronti a partire? Io ho appena fatto la mia solita scorta di caffeina e acqua e come di consueto ho scarpe comode. Andiamo!

Dirigiamoci verso via Enrico Panzacchi e buttiamo un occhio all’atrio del numero 6. Non siete rimasti stupiti come me? Richiama molto la sala delle asse di Leonardo al Castello Sforzesco. Sembra un rifacimento dell’800. La decorazione è del 1918-1920

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Lasciamo via Panzacchi e ci dirigiamo verso via Aristide De Togni per dare un’occhiata a Palazzo Fraizzoli, grande presidente dell’Inter per quasi vent’anni. Si tratta di eclettismo di tardo 800: decorazioni in pizzo e giardino pensile con statue esotiche e egizie. Il cancello, in ferro battuto, potrebbe essere del Mazzucotelli o di un suo allievo.

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Proseguiamo su via Carducci e andiamo a vedere il Castello Cova. E’ in stile revival medievale. Il periodo è 1910-1915 di Adolfo Coppedè. I mattoncini che decorano la torretta che si allarga verso l’alto, ricorda quella di Bona di Savoia al Castello Sforzesco e la torre Velasca del gruppo BBPR. Sulla cima del castello si possono vedere dei gargoyle.

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Giriamo l’angolo, facciamo un pezzo di via San Vittore e svoltiamo poi a destra in via Zenale al 13, dove possiamo ammirare Casa Valli del 1907. I ferri battuti sono del mastro ferraio Pasquale Mina. Sulla facciata possiamo ammirare dei grifoni, fiori, tralci e anche animali. Sul portone rami di ciliegio e sulle finestre melograni e ippocastani. L’atrio è di Paolo Mezzanotte.

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In fondo a via Zenale ci troviamo nuovamente in corso Magenta, dove proseguiremo verso piazzale Baracca. Al numero 84 c’è un palazzo in stile rinascimento lombardo, con mattoni sotto e cotto sopra. Era l’abitazione di Ettore Conti, l’architetto è Giovan Battista Bossi che ha progettato i maggiori esempi di liberty in città. Al 96 invece, troviamo Casa Laugier degli anni 1905-1906. E’ uno dei miei palazzi liberty preferiti in città, così per dirvelo! Qui possiamo trovare i ferri del Mazzucotelli, le ceramiche dipinte della ditta Bertoni e le decorazioni in cemento della ditta Chini. Al pian terreno del palazzo c’è una delle farmacie più antiche di Milano, ancora con l’arredo originale. Se chiedete vi lasceranno fare delle fotografie!

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Da qui ci dirigeremo verso piazza della Conciliazione dove incontreremo Casa Binda di inizio 900. Se, come me, avrete la fortuna di poter entrare in cortile (magari potete chiedere al custode) potete vedere dei mostri che decorano gli scalini ma, soprattutto uno dei primi ascensori in funzione dal 1909 con i vetri sabbiati.

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Da qui ci dirigeremo verso il villino Maria Luisa, in via Tamburini 8, che vedete nell’immagine di copertina. Non si sa chi sia l’architetto, il mosaico blu con le stelline dorate è in stile revival bizantino. Il cancello del 1906 è del Mazzucotelli.

Proseguendo da via Tamburini ci portiamo verso via Tasso, dove al civico 5 troviamo Casa Apostolo dell’architetto Ulisse Stacchini. E’ uno stile liberty con rimandi alla cultura egizia.

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Proseguiamo al numero 8 della medesima via dove incontriamo Casa Donzelli del 1913 dell’architetto Zanoni. Si tratta di un liberty molto moderno. Affrescati vicino alla finestra ci sono i personaggi della Gerusalemme Liberata: la maga Armida e Rinaldo e al centro un busto del Tasso, come ci ricorda anche la scritta sotto lo stesso.

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Dirigiamoci adesso in via Ariosto al 21 dove incontreremo casa Agostoni del 1905-1906 dell’architetto Menni. Sopra al portale d’ingresso troviamo a sinistra la danza e a destra la musica, mentre le donne rappresentate vicino ai balconi sono le quattro stagioni.

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Siamo quasi in fondo, ancora pochi palazzi e abbiamo finito per questa volta! Ovviamente queste sono solo una piccola selezione, potete aggirarvi tra queste vie con il naso all’insù, di sicuro non rimarrete delusi, poi magari fatemi sapere.

Proseguiamo su via Ariosto e poi svoltiamo a destra su via Mascheroni, dove al civico 18 incontriamo casa Carugati Felisari. E’ del 1908 e l’architetto è Giulio Ulisse Arata. Da notare ci sono le decorazioni dei balconi e la quasi totale assenza dell’elemento floreale.

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Al civico 20 incontriamo Casa Tenca del 1914. Sulla cima un elaborato terrazzo e subito sotto delle cariatidi in stile assiro-babilonese. I doccioni sono dei ranocchi in cemento.

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Finiamo il nostro percorso sempre in via Mascheroni al 19, dove incontriamo casa Berni del 1916. Adoro questo palazzo d’angolo con i suoi immensi bovindi anche se, in realtà, via Mascheroni la amo tutta. Tornando indietro, incontrerete piazzale Tommaseo, dove i milanesi scattano diverse fotografie in primavera e la chiesa di Santa Maria Segreta che ha una storia lunga e che quindi non farà parte di questo itinerario.

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Se a questo punto volete bere qualcosa potete tornare in piazzale Baracca e entrare in uno dei miei locali preferiti di Milano: il bar Larky dove fanno degli ottimi aperitivi.

Alla scoperta del teatro Gerolamo

Oggi vi racconto di un luogo, sconosciuto forse ai milanesi più giovani, ma presente nei ricordi dei meno giovani per aver ospitato le opere di Piero Mazzarella. Oggi siamo proprio in centro, dietro al Duomo e parleremo del teatro Gerolamo, che ha riaperto i battenti dopo anni di restauri. Qualcuno di voi ci è mai stato? L’avete sentito nominare? E’ una Scala in miniatura! Io sono andata a maggio a vedere uno spettacolo di pupi fatto davvero bene.

E’ stato costruito nel 1868,  l’apertura è datata 21/02/1868, come potrete poi vedere in una fotografia, e la scritta è stata ritrovata durante i restauri sotto 7 strati di strati di pittura. Nasce per volontà dei conti Bolis, grandi appassionati di marionette. Ma perchè si chiama teatro Gerolamo? Ve lo siete mai chiesto? E’ intitolato alla maschera più famosa della famiglia Fiando, Gerolamo appunto, che parlava un misto di piemontese/lombardo. All’interno del teatro ci sono diversi punti dove potrete vederne il viso dipinto, come sopra al palco o sopra l’entrata della platea.

 Alla morte dei Fiando, il teatro passa alla gestione dei Colla che dal 1911 al 1957 ne mantennero la gestione, fino a quando inizierà a entrare i crisi. Negli anni 60/70 diventerà la sede del teatro milanese del grande Mazzarella. Verrà chiuso definitivamente nel 1983 per questioni di sicurezza e rimarrà chiuso per 35 anni.

Riapre nel 2016 dopo 6 anni di lavoro e il primo spettacolo messo in scena è “il matrimonio segreto” della compagnia Carlo Colla & figli. Il lavori di restauro hanno riportato il teatro all’antico splendore, in base alle indicazioni delle belle arti. Grazie a questi lavori è stata allestita una nuova macchina scenica e sotto il palco e nella fossa degli orchestrali possono essere ospitati fino a 6 musicisti. All’ultimo piano sono presenti due salette con dei tavolini e un bar dove si può fare un buon aperitivo prima che inizi lo spettacolo. La capienza del teatro adesso è di 209 posti e la stagione degli spettacoli è semestrale: ci sono sempre le marionette dei Colla oltre a spettacoli di danza classica e musica. Io, come vi dicevo all’inizio, sono andata a vedere “l’ira di Achille” della compagnia dei pupi di Mimmo Cuticchio.

Il teatro si trova in piazza Beccaria, fermata Duomo della rossa/gialla

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Il cimitero Monumentale, un museo a cielo aperto

Anche di musei abbiamo parlato poco in questi mesi, ma vi prometto che ci rifaremo, ne ho qualcuno da parte davvero interessante!

Oggi però voglio rendervi partecipi di uno dei luoghi che amo di più in assoluto di Milano, il cimitero Monumentale. Prima di tutto, non ci sono più scuse per non andare a visitarlo: la fermata della metro lilla è a due minuti a piedi dall’entrata, l’ingresso è gratuito e sotto il porticato di sinistra vi danno una cartina con i principali monumenti, per poterlo girare in autonomia. Qui al monumentale faremo diversi giri, ve lo annuncio già, d’altra parte parliamo di 250.000 metri quadrati. Se non ci siete mai entrati io direi di partire dall’inizio, dal Famedio, o per così dire dal tempio della fama, che ne dite?

Brevemente vi dico che questo cimitero è nato dalla soppressione di tante piccole realtà cimiteriali troppo in centro alla città. Siamo nella seconda metà dell’800 e i fopponi erano delle realtà a metà tra le fosse comuni e i cimiteri veri e propri. Gli unici cimiteri a uso specifico erano il Lazzaretto e la Besana (sì, dove adesso c’è il museo dei bambini, il MUBA). Nel 1863 viene approvato il progetto del Maciachini, celebrativo di un’Italia appena unita e in stile eclettico.

Mescola tutti gli stili del passato. Viene usata la pietra rossa della Valcamonica che richiama lo stile romanico, il marmo bianco per la classicità, la decorazione a fregio rimanda al gotico lombardo, le cupole esagonali al rinascimento e il mosaico a fondo oro alla cultura bizantina.

Guardiamo bene la facciata: è bianco a righe nere come i monumenti toscani dell’epoca, la decorazione interna è pseudo-bizantina, mentre le lunette del Pogliaghi, sopra gli ingressi del famedio, rappresentano la luce, la fama e la storia.

Il Famedio nasce come chiesa cattolica, ma viene poi trasformato in tempio della fama: si tratta del raccordo tra i cittadini di Milano e l’eternità. Nella parte alta del famedio vengono celebrati gli ILLUSTRI cioè quelli che per meriti letterari, artistici o scientifici hanno dato lustro alla città di Milano dal IV al XVIII secolo. Appena sotto i BENEMERITI che sono vissuti tra il 1750 e il 1850 e sotto ancora i DISTINTI DELLA STORIA vissuti dal 1850 ad oggi e che hanno contribuito all’evoluzione nazionale.

I nomi presenti nel famedio sono solo citazioni. Le uniche sepolture presenti sono quelle qui di seguito riportate.

Al centro troviamo il sarcofago del Manzoni che inaugura il famedio nel 1873. Gli angeli neri che decorano la base del monumento sono di Giannino Castiglioni e il sarcofago è rialzato dal suolo come a innalzarne ulteriormente la memoria. A Giannino Castiglioni dobbiamo tra l’altro la porta del Duomo dedicata a S. Ambrogio, la statua di San Francesco in piazza S. Angelo, il Cristo Re sulla facciata della Cattolica

Luca Beltrami ancora oggi il restauro filologico lo dobbiamo a lui per la salvaguardia dei monumenti. Per darvi degli esempi ha restaurato il Castello Sforzesco, ha compiuto gli studi per ritrovare la vigna di Leonardo presso la casa degli Atellani, ha costruito la facciata di Palazzo Marino per la parte che dà su piazza della Scala, ha restaurato la Sinagoga dopo i bombardamenti della guerra…

Carlo Cattaneo fonda la rivista “il politecnico” facendo alta tiratura ad un prezzo contenuto. Innalza la cultura di massa, dà una spinta alla sociologia. Il suo pensiero era rivolto a tutti quelli che arrivavano a Milano, da qualsiasi posto, e dovevano essere in grado di poter studiare e elevarsi.

Giuseppe Verdi viene ricordato per meriti filantropici nella Milano di fine 800. Dalla borghesia si stava passando all’imprenditoria, c’erano le prime masse operaie con i primi scioperi e le prime proteste. Verdi è sempre stato uno dei personaggi più amati di Milano. L’architetto è Giuseppe Grandi, l’artista del monumento delle V giornate. Il maestro riposa nella casa di riposo da lui voluta in piazzale Buonarroti.

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La doppia chiesa di San Cristoforo

Da quando ho iniziato a raccontare della Milano che mi piace, ho parlato raramente di chiese; non perchè non ce ne siano ma semplicemente perchè fino ad oggi sono andata alla ricerca di luoghi meno conosciuti.

Questa mi piace molto. Guardate la fotografia in copertina, non sembra una cartolina? E’ la chiesta di San Cristoforo sul Naviglio. E’ presa d’assalto per i matrimoni, dicono ci sia una lista d’attesa lunghissima, ma d’altra parte la foto sul ponte è imprescindibile.

Come anticipato dal titolo, il complesso di San Cristoforo sul naviglio è composto da due chiesette affiancate. A sinistra la parte più antica, costruita nel 1192 e rimaneggiata poi nel 300, mentre a destra, la parte più nuova del XV secolo che pare che sia stata costruita come ex voto per la scampata pestilenza del 1399 con il patrocinio di Gian Galeazzo Visconti.

Diamo uno sguardo alla facciata, in modo da renderci subito conto della diversità. A sinistra c’è un portale in cotto del ‘400 e un rosone, a destra invece un portale e due monofore. L’unica cosa uguale in entrambi i casi sono i resti di antichi e colorati affreschi.

Si tratta di una chiesa davvero importante, era sulla strada per entrare in Milano, sia che tu arrivassi da terra o navigando il naviglio, il grande San Cristoforo sulla facciata ti segnalava l’arrivo in città.

All’interno , si può vedere una statua lignea di San Cristoforo nella parte più antica, mentre nella Cappella Ducale una statua di San Giuseppe.  Vi metto qualche fotina dell’interno in modo che possiate vedere il Cristo benedicente del XII secolo di chiara origine bizantina mentre nella Cappella Ducale è degna di nota la Madonna con il bambino che pare sia del Luini e per la quale, ancora oggi, c’è grande devozione.

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L’area dell’ex Richard Ginori

Buongiorno a tutti, sono tornata! Vi sono mancata? Voi si ma, non sono stata con le mani in mano, ho sistemato gli appunti e ho fatto un po’ di ordine nelle fotografie, sono andata a vedere cose nuove e adesso sono pronta per ripartire e raccontare altre storie su Milano.

Per ricominciare ho scelto di partire dall’architettura industriale, che adoro, e da un luogo del cuore: la Richard Ginori, dove mio nonno ha lavorato.

Ci troviamo in zona sud ovest. L’area è compresa tra due famosi ponti di ferro sul naviglio grande. All’altezza della chiesa di San Cristoforo, della quale vi racconterò presto, c’è il primo: scuro e fisso. All’altezza della Richard Ginori c’è il secondo: verdino e mobile.

Il ponte di ferro verdino già da solo vale la visita! Non so quante ore ho passato alla fermata del pullman accanto a quel ponte…e l’autobus non arrivava mai… ma vabbeh questa è un’altra storia! Sono pendolare da anni, adesso che ci penso!

Comunque, è stato costruito nel 1908 dalla società Nathan Uboldi e utilizza la stessa tecnologia della tour Eiffel e del ponte ferroviario di Paderno d’Adda. È su due livelli: quello più alto è pedonale, quello più basso è ferroviario ed è mobile. Quando serviva alla fabbrica veniva abbassato, altrimenti rimaneva sospeso per favorire il passaggio delle chiatte.

Questa zona, adagiata sulle sponde del naviglio, è sempre stata ricca di concerie, fornaci, cartiere e nella zona tra via Ludovico il Moro, via Morimondo e via Giulio Richard si insediò la Richard Ginori.

Oggi attualmente la zona è stata riqualificata ed è stata costruita la città dell’immagine. Alessandro Cajrati Crivelli ha rilevato tutti i capannoni e avviato un progetto ambizioso mantenendo la fisionomia industriale e costruendo studi di architettura, fotografia e moda.

Ma dove parte la storia della mitica Richard Ginori? Nasce nel 1725 con una villa suburbana che verrà acquistata nel 1811 dai fratelli Orelli per costituire la società per la fabbricazione delle porcellane lombarde.

È solo nel 1842 che viene acquisita dall’imprenditore svizzero Giulio Richard che avrà delle idee innovative per la produzione e per i suoi operai: nel primo caso decide di allargare la produzione anche a livelli più bassi della borghesia milanese inserendo vasellame per uso quotidiano, mentre per gli operai farà costruire una scuola, un asilo, delle case per i dipendenti, istituirà delle borse di studio e darà dei riconoscimenti per la maternità.

Nel 1873 fonderà la società ceramica Richard.

A Giulio Richard succederà il sesto figlio Augusto, che sarà molto più marketing oriented, creando alleanze con altre manifatture e incorporando la Ginori, così nel 1896 nascerà la Richard Ginori.

Nel 1923 entrerà in organico Giò Ponti che ne manterrà la direzione artistica fino al 1930. Verrà acquisita poi dalla Pozzi, e dopo diverse vicissitudini passerà a Ligresti che chiuderà progressivamente tutto. L’area, negli anni 90, sarà dismessa e lasciata in stato di abbandono.

Negli anni 10 del 2000 il marchio Richard Ginori è stato acquisito dal gruppo fiorentino di Gucci.

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