Un tesoro nascosto: Casa Parravicini

Ci troviamo in via Cino del Duca, proprio dietro a San Babila per intenderci. La casa Parravicini è il secondo palazzo che incontriamo appena entrati: la facciata in mattoni attira subito la mia attenzione.

Da poco ho scoperto che in questo palazzo ha sede la fondazione Carriero, che in questi giorni e fino a giugno, ospita la mostra di arte moderna Sol LeWitt – Between the lines, con ingresso gratuito.

Il portone d’ingresso è bellissimo, così come l’ultimo piano con i soffitti e le pareti decorate. Un piccolo gioiello sconosciuto ai più.

Alla scoperta dei passaggi coperti

Avete presente i passaggi coperti di Parigi? L’ultima volta che sono stata nella capitale francese mi sono spulciata diversi blog e siti alla ricerca dei passaggi imperdibili. Ecco, credo che potremmo fare qualcosa del genere anche a Milano. D’altra parte anche noi ne abbiamo diversi in centro, e chissà quante volte ci siamo passati senza nemmeno farci caso.

Ma che cosa sono i passaggi coperti? Sono delle gallerie coperte, costruite generalmente tra il 1920 e il 1940, con negozi, locali, gallerie d’arte… Potremmo definirle le sorelle minori della nostra galleria Vittorio Emanuele, della quale parleremo un’altra volta.

Io ho provato questo itinerario, ma ovviamente voi potete seguire il giro che volete. Noi partiamo dalla fermata Cordusio della M1 rossa. Sono quasi pronta a partire: scarpe comode e macchina fotografica ok, mi manca solo la caffeina e l’acqua, ma quelle le troverò alla prima galleria!

Eccoci in galleria MERAVIGLI, che unisce via Meravigli con via Gaetano Negri. Quello che attira subito la mia attenzione è il pavimento a mosaico, bellissimo, e la volta in vetro smerigliato. È del 1928 e il direttore dei lavori, Repossi, è una figura molto importante per la belle epoque.  Insieme a Beltrami e Castiglioni costruirà la sede del Corriere della Sera.

 

Copia di IMG_20180225_221536_717276732.jpg

IMG_20180225_220947_1118902475.jpgAndiamo poi a fotografare il passaggio CENTRALE che si trova tra via Orefici e via Armorari. Io adoro lo stile liberty, avrete modo di accorgervene mano a mano che pubblicherò! Anche qui troviamo una volta in vetro smerigliato e delle colonne che terminano con decori floreali. Direi che siamo in pieno stile liberty. Il palazzo che ospita questo passaggio è davvero importante. C’è una lapide sulla facciata che ci ricorda che qui venne ricoverato Hemingway nel 1918, quando l’edificio era adibito a ospedale della croce rossa americana. Così nacque la favola vera “Addio alle armi”.

aa.jpg

C’è poi la galleria UNIONE che va da via Mazzini a via Unione. È del 1920 e la trovo davvero molto bella. Mi raccomando, non prendete il braccio che va verso via Torino, secondo me non ne vale la pena.

28337634_10211537182448600_2660559331392272480_o.jpg

Eccoci davanti al teatro dei Filodrammatici, proprio dietro alla Scala. Avete visto che bella facciata liberty? Purtroppo di originale dell’epoca è rimasto solo quello. Milano è stata la città più bombardata d’Italia. Comunque, gli interni sono stati rinnovati negli anni 70 dall’architetto Caccia Dominioni. La galleria FILODRAMMATICI inizia dal teatro e esce dal bellissimo portale in piazzetta Cuccia. Da qui ci dirigiamo verso la chiesa del Manzoni in piazza San Fedele, dove troveremo la prossima galleria e il prossimo fornitore di caffeina!

Siamo arrivati in galleria SAN FEDELE che collega piazza San Fedele con via Ugo Foscolo. Si tratta di una galleria parzialmente nuova. Al suo posto c’era il teatro Manzoni che venne raso al suolo durante la seconda guerra mondiale. Oggi il palazzo è sede di una banca. Si raccontano storie di fantasmi in questo palazzo, ma sicuramente ne riparleremo un’altra volta. Appuntatevelo però!

Adesso ci dobbiamo dirigere verso la galleria CORSO che collega corso Vittorio Emanuele con piazza Beccaria. Una volta questa era la galleria dei cinema e dei teatri. Venne costruita tra il 1926 e il 1935 dall’architetto Pier Giulio Magistretti. Sul lato rivolto verso piazza Beccaria, che è stata appena sistemata, è posta una lapide dal 1990 che ricorda Giovanni D’Anzi, l’autore della canzone mito per ogni milanese! Vi lascio una curiosità in merito: pare che Giovanni D’Anzi, nato a Milano da genitori meridionali, stanco di sentire suonare sempre canzoni napoletane/romane alla fine degli spettacoli negli anni 30, decise di comporre una serenata per la città di Milano, e così nacque “Oh mia bela Madunina

IMG_20180225_230400_794086365

aaabbbb.jpg

Proseguiamo il nostro giro andando a vedere la galleria STRASBURGO che unisce corso Europa con via Durini. È opera, anche questa, dell’architetto Caccia Dominioni, mentre il mosaico del pavimento, intitolato “Il segreto dell’assoluto” è dello scultore Samaini. Io trovo che il pavimento sia molto bello, così come il lucernario ellittico in vetro cemento, che però sta subendo restauri. Io mi sono lustrata gli occhi con le belle vetrine presenti in questa galleria.

IMG_20180225_232107_695879154.jpg

Che ora abbiamo fatto? Abbiamo tempo per un buon aperitivo in un locale storico? D’altra parte ci troviamo in galleria SAN BABILA, è impossibile non entrare al GIN ROSA. La galleria collega corso Europa con piazzetta Giordano. È stata costruita tra il 1939 e il 1948 e come vi dicevo poco fa, ospita al proprio interno, praticamente da sempre, lo storico locale del Gin Rosa che è nato addirittura nel 1820 con il nome di Bottiglieria del Leone.

Ok adesso che ci siamo riposati un attimo possiamo andare a conoscere le ultime tre che ci mancano. La prima che incontriamo è la galleria DEL TORO che si trova tra corso Vittorio Emanuele e corso Matteotti, dall’altra parte della piazza San Babila. È stata costruita tra il 1935 e il 1939 e venne ricavata all’interno del palazzo della compagnia anonima assicurazioni di Torino da cui prende il nome. Sul braccio principale c’è un grosso toro bronzeo mentre sulle pareti di fronte ci sono due mosaici che rappresentano l’allegoria delle città di Milano e Torino e delle belle lampade decò. Il progetto della galleria è dell’architetto Lancia. Questa galleria nasce sulle ceneri della vecchia De Cristoforis che è stata la più antica di Milano. Siamo nel 1832, 35 anni prima della galleria Vittorio Emanuele. Doveva essere grandiosa con la copertura in vetro illuminata dalle lampade a olio. Pare che per l’inaugurazione fosse presente anche il viceré. Quando i milanesi videro la galleria Vittorio Emanuele questa venne soprannominata “galeria vegia” (galleria vecchia). Rimase in funzione fino al 1935 quando venne abbattuta. Quindi, quando su corso Vittorio Emanuele troverete galleria De Cristoforis, sappiate che non è quella originale, ha solo il nome che ne ricorda i fasti.

28337776_10211537449095266_5439518486751816479_o.jpg

Entriamo adesso in via Montenapoleone e andiamo alla ricerca del passaggio DEL LATTÈE che collega via Montenapoleone con via Bigli. Questo ho fatto veramente fatica a trovarlo. Non so quante volte ci sono passata davanti senza accorgermene. Si trova al numero 25! E’ uno dei passaggi più antichi e contemporaneamente più moderni della città. Si tratta di un vicolo che è stato creato dopo i bombardamenti del 1943. Come potete vedere dalla foto qui sotto riportata, uno dei due muri è in mattoni: si tratta del fianco della chiesa di San Donnino alla Mazza eretta alla fine dell’XI secolo la cui parrocchia fu soppressa nel 1787 e la chiesa demolita nel 1830. Questo muro fu scoperto nel 1958 così come riporta la lapide sulla parete.

28337068_10211537468255745_689256755245588649_o.jpg

L’ultima tappa del nostro giro è tra via Manzoni e via Borgospesso, dove troviamo la galleria MANZONI. Come sempre sono rimasta colpita dalla pavimentazione in marmo policromo e dal pilastro all’ingresso della galleria opera di Gino Oliva. C’è una sua opera anche sul soffitto. Questa galleria è nata dopo la fine della seconda guerra mondiale. Come abbiamo già detto, il teatro Manzoni venne raso al suolo dalle bombe e con la ricostruzione si decise di spostarlo nell’attuale omonima via, affiancando all’attività teatrale anche un cinema. Se potete, entrate nel teatro e date un occhio alle maniglie delle porte, alla statua di bronzo del dio Apollo e del mosaico in fondo alla sala. In questo momento la galleria non è messa molto bene, è un peccato perché il passato è stato glorioso.

28337859_10211537505576678_5554575508528402093_o.jpg

Ecco, queste sono quelle che ho girato io, ce ne sono altre sparse per il centro. Qualcuna è più nascosta, qualche altra davanti agli occhi di tutti.

Per questa volta vi lascio qui. Potete prendere la metropolitana linea3 gialla in Montenapoleone, oppure avventurarvi alla ricerca delle altre.  Mi raccomando, fatemi sapere se le trovate che così aggiorniamo il tour!

 

La fornace Curti

Eccoci qua alla scoperta di un altro luogo sconosciuto ai più, ma la cui storia si perde nella notte dei tempi, precisamente a quel 1400 del quale abbiamo già parlato in più di un’occasione.

Ci troviamo alla fornace Curti, come dice il titolo stesso. Ma chi sono i Curti? Un’antica famiglia di fornaciai, ancora attivi ai giorni nostri, che devono parte della loro fortuna all’incontro con Francesco Sforza. Siamo nel 1400 e Francesco Sforza e sua moglie decidono di far costruire l’ospedale della Cà Granda. Non ci sono tanti soldi da investire e l’opera deve essere terminata in poco tempo; viene affidata la produzione dei mattoni alla fornace di Giosuè Curti. Il territorio milanese è ricco di terracotta di un particolare colore rosso dovuto alla presenza di ferro. Questo fa si che gli oggetti in terracotta siano resistenti e soprattutto costino poco. La famiglia Curti si è occupata negli anni della ristrutturazione e/o abbellimento di diversi palazzi, chiese, teatri a Milano e in Lombardia. Possiamo ricordare l’abbazia di Morimondo, Santa Maria delle Grazie, il teatro Fossati…

Dal 1890 si trasferiscono in questa zona sud ovest di Milano, sempre in prossimità del Naviglio, dove in precedenza c’era già una fornace di mattoni. Ovviamente ad oggi la situazione è diversa: vengono fatti diversi lavori su commissione sia per privati che per eventi pubblici e alcuni spazi del secondo piano sono stati affittati a studi di artisti.

Il complesso è molto bello, appena varcato il cancello sembra di essere catapultati indietro nel tempo. C’è un ampio cortile dove si possono ammirare già alcuni manufatti, come ad esempio le splendide farfalle delle quali vi metto la foto più sotto. Ci sono poi le sale macchine dove si lavora l’argilla ancora con macchinari di inizio 900, il salone hobby, i forni, il deposito dei vasi.

La fornace si trova in via Walter Tobagi 8 a Milano, non c’è una metropolitana vicina ma potete prendere l’autobus 95 che vi porta proprio lì vicino.

Il 19 e 20 maggio 2018 la fornace Curti apre i suoi cancelli a tutti i visitatori con la possibilità di vedere anche parti che normalmente sono chiuse come i 20 studi di artisti posti al secondo piano della struttura.

Fateci un giro e poi fatemi sapere 😊

Questo slideshow richiede JavaScript.

Il biscione, simbolo di Milano…e non solo!

Quando parliamo di Milano, anche su questo blog, usiamo sempre le parole nascosta, segreta, da scoprire e via di questo passo. Mi sono accorta che dopo due mesi non vi ho ancora raccontato del simbolo di Milano: il biscione!

Potete trovare questo simbolo un po’ dappertutto. Questo l’ho fotografato ad esempio sul Palazzo Arcivescovile, altri li potete trovare in stazione centrale, al Castello Sforzesco, in Santa Maria delle Grazie…

Come spesso accade, ci sono diverse leggende che spiegano da dove arriva questo biscione e perchè ha in bocca un bambino, ma tutte partono dai Visconti. Ve ne lascio qualcuna, scegliete voi quella che più vi aggrada! Tenete presente che se trovate rappresentato il biscione che tiene tra le fauci un bambino scuro si crede nella tradizione 1 mentre se il bambino è bianco la tradizione alla quale si riferisce è la 2

  1. Ottone Visconti, durante la prima crociata in Terra Santa, sconfisse un saraceno che aveva uno scudo dove era rappresentato un drago che divorava un uomo. Per tradizione riportò in patria l’armatura e pare che sia la rappresentazione del mondo cristiano (biscione azzurro) che mangia l’uomo rosso (il saraceno).
  2. Il drago Tarantasio abitava nel lago Gerundo che si trovava tra Milano e l’Adda. Amava cibarsi di bambini fintantoche non fu sconfitto da un cavaliere della famiglia Visconti che poi adottò come simbolo il drago con il bambino in bocca.
  3. Siamo nei primi anni del 300 e Azzone Visconti si era accampato nei pressi di Pisa. Non si accorse che una vipera si era infilata nel suo elmo ma quando lo indossò la stessa sgusciò fuori senza morderlo.

 

Il biscione è stato poi inserito nei simboli dell’Alfa Romeo, dell’Inter e  di Canale 5.

Un tesoro nascosto: Villa Mirabello

Ciao!

Proprio ieri sono andata alla scoperta di un altro luogo non tanto noto della nostra bella città. Sto parlando di Villa Mirabello che si trova nella via omonima. Siamo in zona nord Milano: qui nel 1400 era aperta campagna e infatti questa villa nasce come cascina. A metà degli anni 40 del 1400 passa di proprietà acquistata da Pigello Portinari, banchiere fiorentino del banco mediceo che farà costruire poi l’omonima cappella in Sant’Eustorgio, e che ne farà villa di delizie costruendo una loggia aperta per ingentilirne l’aspetto, delle cornici decorative e alcune colonne. Alla morte del Portinari la villa passa alla famiglia Landriani, noti a Milano in quanto il capostipite della famiglia era tesoriere ducale prima di Galeazzo Maria Sforza poi di Ludovico il Moro. Il loro intervento fu quello di abbellire ancora la villa, facendola affrescare da cima a fondo.

La storia di questo edificio si perde per qualche secolo fino ai primi del 900. Il 19 giugno 1920 viene inaugurata la “casa di lavoro e patronato per ciechi di guerra”. Una realtà all’avanguardia dove si cercava di riabilitare attraverso l’insegnamento di un lavoro manuale, i ciechi di guerra. Il promotore dell’iniziativa fu il dottor Francesco Denti che durante la prima guerra mondiale si occupò soprattutto della cura di questi militari. E’ stata attiva fino alla metà degli anni 80 mentre oggi gli spazi vengono affittati per eventi e a studi di architettura. Con i proventi vengono finanziati i laboratori per gli ipovedenti.

IMG_20180210_184605_

IMG_20180210_185021_

IMG_20180210_185209_

IMG_20180210_185852_

IMG_20180210_190050_

Se poi volete fare due passi a piedi nei dintorni, il mio consiglio spassionato è quello di andare a fare un giro per la via degli gnomi. Sulla cartina o sul cellulare la trovate come via Lepanto.

27798267_10211446757428031_6341673070616087775_o.jpg

Questa è una delle casette che potete incontrare. Si tratta di case-igloo costruite nel primo dopoguerra da Cavallè come soluzioni abitative per una classe meno agiata. Si tratta di casette di circa 45 metri quadrati disposti su due piani di cui uno interrato, come potete vedere anche dalla foto. Il progetto originale era di 12 case igloo e 6 case fungo; ad oggi sono rimaste solo 6 case igloo mentre le case fungo sono state demolite a metà degli anni 60 per volere del figlio di Cavallè.

Note:

Villa Mirabello fermata Marche della M5 lilla.

Case igloo fermata Istria della M5 lilla

Chiacchiere e tortelli

Come promesso eccomi con le ricette ufficiali di chiacchiere e tortelli, i nostri dolci tradizionali di Carnevale.

Chiacchiere: 1 chilo di farina bianca; 3 uova; 1 bicchiere di Marsala; 1 etto di burro; olio di semi; zucchero a velo; zucchero

Su una spianatoia disporre a fontana tutta la farina bianca con al centro le uova, il burro, il marsala e un paio di manciate di zucchero. Impastare con cura, stendendo poi l’impasto soffice ed elastico con un mattarello, fino a ricavarne una sfoglia sottile.

Con una rotellina dentata, tagliare la sfoglia a strisce di circa 5×10 cm, praticare al centro di ciascuna un taglio verticale (senza dividerle in due), e friggere a gruppetti in una capace teglia con abbondante olio di semi bollente, fino a doratura da entrambi i lati.

A operazione ultimata, disporre le chiacchiere, a strati, su fogli di carta assorbente, spolverizzando con abbondante zucchero a velo

 

Tortelli:  1/2 chilo di farina bianca; 1 etto di burro; 10 uova; 1 etto di zucchero; olio di semi; sale; zucchero a velo

In una teglia portare a ebollizione un litro di acqua circa con un pizzico di sale; a ebollizione aggiungere un etto di burro e mezzo chilo di farina bianca rimestando con cura per alcuni minuti, o comunque finantochè la pastella non risulterà ben omogenea; spegnere la fiamma e lasciare intiepidire.

Incorporare alla pastella una decina di uova, amalgamando bene di volta in volta, e un etto di zucchero fino ad ottenere un impasto non troppo denso. A parte disporre abbonadante olio di semi in due diverse teglie, una sul fuoco a fiamma bassissima, l’altra a fiamma bassa. Calare quindi, una cucchiaiata per volta, piccole porzioni di pastella, dapprima nell’olio tiepido poi in quello bollente perchè prenda volume.

Disporre infine su carta assorbente, spolverizzare con lo zucchero a velo e consumare caldi.

 

Il carnevale ambrosiano

La festa del carnevale l’ho sempre vissuta ben poco. Forse perché da bambina non ho mai potuto mascherarmi molto e quindi sono rimasta sempre un po’ fuori dal giro. Ricordo che una volta mi vestii da clown mi pare, mi fece il vestito una cara amica di famiglia e un’altra volta da odalisca….di rosa…e questo è l’unico vestito di carnevale che mi abbiano mai comprato i miei genitori.

Trovo che sia simpatico vedere in giro i bimbetti mascherati da ape, da coccinella, da fatina, principessa….ma avete notato che praticamente nessuno si veste più con le maschere tradizionali? Eppure il carnevale ha una storia antichissima. Le maschere ufficiali di Milano sono Meneghin e La Cecca. Ma chi sono questi due e da dove arrivano?

Meneghin, sta per Domenico e incarna perfettamente lo spirito dei milanesi. E’ un servo devoto e ligio agli ordini ma è intollerante a qualsiasi sopruso. Sempre allegro, “attacca bottone con tutti” (traduzione in italiano: parla con tutti), è sempre in movimento, schietto e diretto. Si tratta di una maschera popolare già nota nel 600 che viene portata al successo da Carlo Maria Maggi. L’abito è un po’ laborioso: ha una giacca lunga rossiccia e marrone, i pantaloni verdi sopra il ginocchio e calze a righe rosse e bianche. Sotto la giacca una camicia gialla e un fazzoletto intorno al collo. Scarpe marroni per non farci mancare niente! Ah già, in testa un cappello a tre punte…

La Cecca invece è il diminutivo di Francesca ed è la moglie di Meneghin: aiuta il marito come può, si occupa della casa e fa quadrare il bilancio familiare senza mai finire in rosso. È creativa, estremamente operosa, è allegra e di buona volontà.

A differenza di altre maschere Meneghin e Cecca hanno il viso scoperto simbolo di onestà d’animo.

Come forse saprete, il carnevale ambrosiano inizia quando quello delle altre città italiane è già finito. Questo perché nella diocesi di Milano si celebra appunto il rito ambrosiano, che è diverso da quello romano. Nel caso specifico nella nostra diocesi l’inizio della Quaresima non è il mercoledì delle ceneri, ma la domenica dopo.

La tradizione vuole che sia stato Sant’Ambrogio a spostarne l’inizio. Si racconta che fosse partito per un pellegrinaggio dicendo che sarebbe rientrato in tempo per dare inizio alla Quaresima. Per qualche intoppo rientrò a Milano in ritardo ma i cittadini lo aspettarono comunque e quindi vennero spostate di 4 giorni le festività.

Quindi, la data ufficiale di inizio del carnevale è domani 13 febbraio, martedì grasso e si concluderà sabato 17 febbraio, sabato grasso. L’evento clou del carnevale, sarà come sempre, la sfilata dei carri in programma per sabato. Il tema di quest’anno sono gli insetti.

Quali sono i dolci della tradizione? Ovviamente chiacchiere e tortelli, ma di quelli troverete le ricette mercoledì!

Il negozio Benetton

Alzi la mano chi non è passato qualche volta davanti a questo negozio Benetton in corso Buenos Aires e non abbia guardato stupito la facciata. Magari, come me, vi siete chiesti come mai sia così diversa da tutti gli altri palazzi sul corso…ebbene, si tratta di un’ex polveriera austriaca!

Il palazzo è stato costruito dagli austriaci intorno agli anni 30 del 1800. Per diverso tempo fu utilizzato come magazzino per le divise e quanto in uso al reparto cavalleria che era di stanza al Lazzaretto. Poi, con l’unità d’Italia, perdendo la sua funzione è diventato prima abitazione e poi negozio.

 

La cucina dei nostri nonni: nervitt cui scigull

Ora, non so se si scrive proprio così ma i nervetti con le cipolle sono un antipasto tipico milanese che non può mancare nei giorni di festa. Certe volte preferisco non fermarmi a pensare a che cosa siano effettivamente, ma sono tanto gustosi. Voi li avete mai mangiati?

Di seguito vi lascio la ricetta ufficiale, ovviamente per praticità io ordino la mia vaschetta già bella che pronta direttamente alla macelleria Casati di Rho.

Ingredienti: 2 o 3 ossa di bovino con le parti legamentose (zampa o girello); 2 o 3 cipolle; 2 carote; 2 gambi di sedano; 2 spicchi d’aglio; mezzo limone; olio d’oliva; sale e pepe

Preparazione: in abbondante acqua fredda salata disporre le carote, gli spicchi d’aglio, i gambi di sedano e le ossa con i nervetti. Lessare a lungo circa un paio d’ore, quindi togliere le ossa dalla pentola e staccare manualmente i nervetti che andranno lasciati raffreddare e tagliati.

Affettare le cipolle il più sottilmente possibile e unirle ai nervetti. Condire con olio, sale e pepe.

Buon appetito!