Alla scoperta del diurno in porta Venezia

Oggi andiamo sotto terra a scoprire un altro gioiello nascosto: sto parlando dell’Albergo Diurno Metropolitano in piazza Oberdan.

Fu inaugurato il 18 gennaio 1926, quindi compie oggi un bel 94 anni. Onestamente non è che se li porti benissimo però è stato donato dal comune di Milano al Fai ed è in restauro, questo mi fa ben sperare.

Sono riuscita a entrarci qualche anno fa perché straordinariamente aperto durante il periodo natalizio. Purtroppo queste mie fotografie non sono il massimo…

Fu l’ing. Cobianchi a portare in Italia i bagni diurni. Siamo nei primi anni 10 del 900 e la maggior parte delle abitazioni non aveva il bagno in casa, figurarsi poi la possibilità di farsi una doccia calda, una manicure, stirare una giacca. Erano tutti servizi previsti dai diurni ad un prezzo non basso ma accessibile in quanto non doveva essere un servizio d’élite ma rivolgersi ai lavoratori di passaggio o ai cittadini comuni.

Del Diurno Cobianchi in piazza del Duomo parleremo un’altra volta, anche quello è chiuso, mentre oggi ci dedichiamo a questo in porta Venezia opera del Portaluppi.

Occupava un’area di circa 1200 metri quadrati e aveva due ingressi con due pensiline in ferro battuto. Uno che prospettava su via Tadino dove c’era la zona termale e l’altro più o meno dov’è tuttora con tutta una serie di servizi come parrucchiere, estetista, lavanderia e più in là negli anni anche un’agenzia di viaggio. All’ingresso della zona terme è ancora presente una statua di Igea, dea della salute e dell’igiene.

Entrando sembra di rivivere i fasti della bella epoque dove erano presenti marmi e boiseries in legno, piastrelle decorate e vetri, mosaici in gres e rubinetterie in ottone.

L’ unico ingresso oggi lo trovate mentre scendete le scale che da piazza Oberdan vi portano in metropolitana: lì, tra le due rampe, c’è una porta chiusa con l’insegna “Albergo Diurno Venezia”.

In superficie invece che cosa è rimasto? Le due colonne di cui solo una è un camino mentre l’altra è stata costruita a puro scopo decorativo e una sola pensilina in quanto l’altra è andata perduta dopo la rimozione per i lavori della M1.

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listino prezzi servizi
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le due colonne camino
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la pensilina in ferro battuto
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ingresso manicure
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nome ufficiale

La pasticceria Cova

Sarà l’atmosfera natalizia, le luminarie accese, il freddo che secondo alcuni non è ancora arrivato ma, questi rimangono i giorni migliori per andare a provare le pasticcerie storiche di Milano.

Onestamente non sono ancora riuscita a capire qual è la mia preferita, ma di sicuro la pasticceria Cova è sul podio!

È stata fondata nel 1817 da Antonio Cova ex soldato napoleonico e negli anni ha cambiato diversi nomi da caffè a offelleria a pasticceria come la conosciamo anche noi oggi. Il primo locale era ubicato in piazza Scala e potete vederne l’immagine originale sulle tazzine. Qui, come in diversi altri caffè storici della città, si è fatta la storia: i patrioti delle V giornate si davano appuntamento a questo bancone o su questi divani per discutere come vincere gli austriaci. Fu distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e ricostruita dove si trova adesso, in Montenapoleone 8, in un palazzo progettato dal Piermarini.

Da brava sciuretta milanese quale sono, adoro andare da Cova a bermi un buon caffè e restare ammirata davanti alle sue vetrine. Un paio di anni fa invece, ho deciso di superare la timidezza verso questo luogo magico e mi sono accomodata al tavolo. Che splendore! Saranno stati gli alberi di Natale, il fermento che si respirava per la prima della Scala, il fatto di aver visto diversi signori un po’ agee in abiti eleganti però mi sono trovata subito catapultata in un’altra epoca fatta di eleganza, bon ton, raffinatezza. Ecco, tutto questo è la pasticceria Cova: un luogo che ha festeggiato un paio di anni fa i suoi primi 200 anni mantenendo intatti gli arredi: i divanetti blu, il tovagliato in lino chiaro, gli specchi e i lampadari.

Chissà se i giovani stranieri seduti ai tavoli vedevano tutto questo oppure per loro era un semplice break dalla frenesia dello shopping?

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La Ninetta del Verzee e il Carlin

“Bravo el mè Baldissar! Bravo el mè nan!

L’eva poeù vora de vegni a trovamm….

Bravo il mio Baldassarre! Bravo il mio ometto!

Era poi ora di venirmi a trovare….

 

Chi parla è la Ninetta del Verzee una delle opere più conosciute di Carlo Porta, il poeta dialettale milanese per eccellenza. L’anno prossimo oggi, 5 gennaio, saranno 200 anni dalla morte. Avete mai notato il suo monumento? Ci troviamo proprio dietro San Bernardino alle Ossa, al Verziere per l’appunto! Qui c’era il mercato di frutta verdura e fiori prima che venisse spostato.

Carlo Porta, il Carlin come lo chiamano i milanesi, è il papà della Ninetta, una prostituta che racconta la sua vita, in maniera molto esplicita, ad un cliente. Si tratta di un’ex venditrice di pesce al mercato del Verziere che in seguito ad una storia d’amore finita male si ritrova costretta a prostituirsi per sbarcare il lunario.

Il Porta raffigurato in questo monumento ha uno sguardo ironico e sembra che sia lì appoggiato alla colonna ad osservare le persone delle quali ha tanto parlato nelle sue opere.