A san Bias se benedis la gola e ‘l nas

Ecco qua una delle nostre belle tradizioni di cui fuori dai confini della città se ne ignora l’esistenza: il panettone di San Biagio!

Perché bisogna mangiare il panettone di San Biagio?

Si racconta che prima di Natale una donna portò a un frate, di nome Desiderio, un panettone perché lo benedicesse.
Purtroppo la donna si dimenticò di passare a riprenderlo e il frate giorno per giorno ne mangiò un pezzetto. Si sentì terribilmente in colpa quando lo finì, non sapeva più come fare e quando la donna a San Biagio passò a riprenderlo il frate pensava già a come scusarsi.
Andò a prendere l’involucro e si accorse che oltre a esserci il panettone era il doppio di quello che gli era stato portato.

Era stato un miracolo di San Biagio, che diede il via alla tradizione di portare un panettone avanzato a benedire ogni 3 febbraio e poi mangiarlo a colazione per proteggere la gola.

Ma chi era San Biagio?
San Biagio era un medico armeno, vissuto nel III secolo d.C.: si narra che compì un miracolo quando una madre disperata gli portò il figlio morente per una lisca di pesce conficcata in gola. San Biagio gli diede una grossa mollica di pane che, scendendo in gola, rimosse la lisca salvando il ragazzo.

Buon Natale

Buonasera a tutti.

Non so voi, ma io una cosa che non sopporto, sono i blog lasciati a morire. Turista a Milano è il mio blogghino, come dico sempre. Non ho velleità di insegnare niente a nessuno ma ho sempre trovato piacevole fare quattro chiacchiere qui o su Facebook o su Instagram…
Ho conosciuto diverse persone, ho ricevuto tanti commenti carini e qualcuno meno però l’ho sempre trovato davvero divertente.
Sono da sola: vado in giro, faccio le foto, scrivo, pubblico e condivido eh beh si, c’è un bel lavoro dietro.
Per questi motivi sono davvero dispiaciuta per questo 2021 dove non sono riuscita a pubblicare nulla 😦

Oggi, alla Vigilia di questo Natale, vorrei fare solo i miei migliori auguri a tutti voi che mi seguite con tanto affetto e dirvi che ho un paio di articoli quasi finiti, forse a gennaio ci risentiremo 🙂

Tantissimi auguri di buon Natale e serene feste
Ilaria

Alla scoperta del Circo

Buongiorno. Rieccomi qua a raccontare di un altro luogo nascosto. Siamo ancora in centro e andiamo alla scoperta di quello che rimane del circo e delle sue torri.

Abbiamo già detto più volte che Milano è stata capitale dell’Impero Romano d’Occidente e come tale aveva tra l’altro un foro, un teatro, un anfiteatro, le terme e per l’appunto un circo. Quest’ultimo era collegato al Palazzo Imperiale di Massimiano, del quale parleremo un’altra volta, ed era adibito principalmente alle corse con i carri. Era lungo 470 metri e largo 85 metri.

Proviamo a immaginarcelo. Doveva essere bellissimo con i lati lunghi abbelliti da statue, fontane e colonne mentre sui lati corti c’erano i cancelli dai quali uscivano gli atleti per partecipare alle corse. Uno di questi cancelli si trovava nei pressi dell’attuale Corso Magenta e infatti oggi, entrando al Museo Archeologico, andremo a vederle.

Sia la torre poligonale che la torre quadrangolare sono state riaperte nel 2014 e grazie a Expo rese fruibili tramite visita guidata. Io ero andata con Acanto Milano, vi lascio il sito in fondo all’articolo.

La torre quadrangolare in epoca medievale è diventata poi la torre campanaria di San Maurizio al Monastero Maggiore. Proprio durante il Medioevo fu modificata dotandola di una loggia con colonnine Bisogna salire più di 100 scalini per arrivare in cima, ma non ve ne pentirete. La struttura è quella originale così come alcune decorazioni. Le pareti della torre erano coperte da mattoni e su tutti e quattro i lati c’erano degli archi di misure diverse a seconda del lato sul quale erano esposti. La torre quadrangolare era collegata alla torre poligonale della cinta muraria attraverso un camminamento interno

La torre poligonale invece, erroneamente conosciuta come Torre di Ansperto dal nome del vescovo che nel IX secolo si era preoccupato del restauro, è poligonale all’esterno essendo costituita da 24 lati e circolare all’interno. Oggi misura 16 metri e 60 centimetri ma in origine pare fosse più alta. È stata riconosciuta di epoca romana solamente negli anni 30 del 900. La torre fu poi inglobata nel Monastero benedettino di San Maurizio e utilizzata come luogo di preghiera; per questo motivo vennero affrescate le pareti con una crocifissione e una schiera di Santi. Gli affreschi sono databili XIII secolo.

Un tratto del perimetro del circo, circa 30 metri, è ancora visibile all’interno del cortile di via Vigna 1 e basta chiedere in portineria di poterlo visitare. Onestamente non ci ho mai provato ma rimedierò quanto prima!!! Anche in via Circo 9 ci sono dei resti, questa volta sono fondamenta e anche in questo caso si trovano nel cortile interno, pertanto bisogna chiedere.

Vi dicevo, in tempi non di covid avevo seguito una visita guidata alle torri con Acanto Milano. Potete guardare il loro sito a questo indirizzo: www.acantomilano.it

Torre poligonale
Torre quadrangolare
Colonna originale della torre quadrangolare
Interno torre quadrangolare
Interno torre poligonale
Affresco nella torre poligonale
Affresco nella torre poligonale

Serene feste

Quest’anno mi sono regalata il re dei panettoni. Volevo conservarne una fetta per San Bagio ma non è stato possibile, metterò la fotografia!

Vorrei ricondividere con Voi un pezzettino del mio primo articolo del blog dove parlavamo delle tradizioni del Natale.

L’origine del panettone è Viscontea/Sforzesca: ci sono diverse leggende legate a questo dolce ma in realtà si sa che fino alla fine del 700 la politica era molto restrittiva, si poteva utilizzare solo una certa quantità di farine e ingredienti quali la zucca, il miele, l’uvetta e lo zibibbo. Il privilegio era che sotto Natale si panificava con le farine dei ricchi e questo pane era chiamato pan dei sciuri o pan dei toni.
La ricetta di oggi invece, è di fine 700 e dobbiamo ringraziare ancora una volta, Maria Teresa d’Austria. Vengono dati incentivi a panettieri e pasticceri, possono aggiungere burro, frutta candita e uvetta.
Al sig. Motta si deve la forma attuale del panettone, si sa invece che Giuseppe Verdi era amante del panettone della pasticceria Cova.

Serene feste a tutti, ci sentiamo presto.
Ilaria e Lorenzo

L’ Abbazia di Morimondo

Buongiorno a tutti, ben ritrovati. Si sta avvicinando, per me, il periodo dell’anno che preferisco e pertanto da oggi e fino a fine anno vi voglio raccontare i miei luoghi del cuore. Il primo tra questi è l’Abbazia di Morimondo. Ebbene sì, siamo fuori città, sul confine tra Milano e Pavia. Forse non tutti sanno che, a sud di Milano, poco lontano dalle ultime case ci si ritrova immersi nei campi, tra le cascine e i filari di pioppi, con le risaie, le rogge, i canali e i fontanili. Ci troviamo nel parco agricolo Sud che, se non conoscete, vi consiglio di visitare in primavera o appena si potrà.

Comunque, in questa zona, oltre alle cascine e alle ville troviamo diverse abbazie che piano piano andremo a conoscere e a visitare.

Morimondo è la prima abbazia in Lombardia e il monastero venne fondato nel 1134 da 12 monaci francesi provenienti da Morimond, in Francia, dove c’era un monastero cistercense. La posizione era strategica a 5 km dal Ticino, crocevia del commercio, in una zona ricca d’acqua, in posizione sopra elevata e con terreno fertile intorno. Nei primi anni di insediamento la comunità aumentava di numero in maniera ragguardevole, le vocazioni erano davvero molte e pertanto oltre che il monastero venne iniziata l’edificazione della chiesa.

Morimondo si trovava però anche a metà strada tra Milano e Pavia, due città che combattevano per il dominio politico. Più volte le truppe pavesi saccheggiarono il monastero, finché nel 1237 i pavesi la incendiarono causando la morte di diversi monaci e rallentandone pertanto i lavori di costruzione

Verso la fine del 1400 si vide la rinascita di Morimondo grazie a Giovanni de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e futuro papa Leone X che manderà a Morimondo 6 monaci cistercensi da Sesto Fiorentino per riportare regolarità nella vita monastica.

A metà del 1500 per aiutare l’Ospedale Maggiore di Milano, San Carlo Borromeo la eresse a Parrocchia intitolandola a Santa Maria Nascente e la spogliò dei suoi terreni.

Quando, dopo la rivoluzione francese, furono soppressi tutti gli ordini monastici anche per questa abbazia non ci fu nulla da fare.

Facciata a vento
Chiostro con lectio, dove i monaci sostavano e dove il sabato avveniva la lavanda dei piedi
Chiostro, luogo d’incontro tra i monaci
interni

Alla scoperta di City Life

Buongiorno a tutti. Oggi recuperiamo l’articolo che doveva uscire giusto giusto un mese fa…e pertanto andiamo a conoscere insieme il progetto Artline del Comune di Milano. Ci troviamo in City Life, fermata 3 Torri della linea lilla ma non parleremo né delle ville liberty (che adoro), né della vecchia fiera e nemmeno di Giò Ponti. Andiamo alla scoperta del parco.

Non so se ci siete mai stati, a mio modesto parere hanno fatto un ottimo lavoro e infatti è molto vissuta da persone di tutte le età in tutte le stagioni. Ci sono vialetti, c’è un parco giochi per i più piccoli, una fontana, delle collinette, erba dove stendersi a prendere il sole e persino panchine! In più l’idea originale prevedeva di abbellire questo parco con opere di arte contemporanea a cielo aperto, fruibili da tutti 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, un po’ come successo già a Porta Nuova. Viene pertanto indetto un concorso aperto a 30 artisti internazionali under 40 e alcune opere le potete trovare disseminate per il parco.

Lo so che sapete che io non amo particolarmente l’arte moderna e contemporanea ma, c’è un’opera che mi piace molto e ve la voglio far conoscere, magari non ci avete mai fatto caso e non l’avete notata.

Bene, iniziamo da una delle opere più discusse. “Vedovelle e draghi verdi” di Serena Vestrucci. Questa, insieme alle palme di piazza del Duomo, scatena sempre un vespaio di polemiche quando qualcuno la pubblica! Avete visto? Di che cosa si tratta? Delle nostre classiche vedovelle alle quali sono stati sostituiti i bocchelli originali a forma di drago con animali insoliti come il coniglio, la giraffa. Questa è una ma vi invito ad andare a cercarne altre.

“I cieli di Belloveso” di Matteo Rubbi è invece una rappresentazione in terra del cielo milanese all’epoca della fondazione. Si tratta di oltre 100 stelle incastonate nel pavimento di piazza Burri a raffigurare il planisfero terrestre.

“Coloris” di Pascale Marthine Tayou. Si tratta di una base di cemento che raffigura il planisfero terrestre dove sono inseriti un centinaio di pali colorati di altezze diverse sulla cui sommità è stato posizionato un uovo.

“Hand and foot for Milan” di Judith Hopf rappresentano un piede e una mano, posti a poca distanza uno dall’altra. Le opere sono in mattoni modellati artigianalmente dalla Fornace Riva

“Filemone e Bauci” di Ornaghi & Prestinari. Si tratta di due colonne di alluminio umanizzate che si tengono a braccetto e guardano i nuovi grattacieli. Filemone e Bauci li troviamo nel libro VIII delle Metamorfosi di Ovidio e incarnano la virtù e l’ospitalità. Ecco, questa è la mia opera preferita

Sul sito www.artlinemilano.it potrete leggere del progetto e degli artisti.

Buone scoperte

Cieli di Belloveso di Matteo Rubbi
Coloris di Pascale Marthine Tayou
Hand and foot for Milan Judith Hopf
Filemone e Bauci di Ornaghi e Prestinari

Dalla Cà Granda all’ospedale Niguarda

Non so se vi ricordate ma lo scorso luglio faceva un caldo asfissiante. Ecco, in una di quelle caldissime mattine ero in giro per l’ospedale Niguarda a fare fotografie! Visto che dovevo passarci la mattinata tanto valeva prendere appunti, vi sembra?

Dunque, vediamo un po’. L’ospedale Niguarda fu inaugurato il 15 ottobre 1939 e quindi giovedì scorso ha compiuto un bel 81 anni. Il progetto è del 1932 e si dice che dall’alto i fabbricati siano posti in modo da formare l’immagine di un uomo. La Chiesa dell’Annunciata è stata edificata al posto del cuore. La spesa complessiva fu di 101 milioni di lire, 75 dei quali vennero pagati da benefattori milanesi, i cui nomi sono tutti riportati in aula magna.

Ma oggi vi voglio raccontare di una rivalità: quella tra Francesco Messina e Arturo Martini. I due si contesero a lungo la cattedra di scultura a Brera e entrambi furono chiamati per abbellire l’ingresso principale dell’ospedale. Eh si, i due gruppi scultorei del 1938/39, alti quasi 3 mesi e in marmo di Carrara sono il frutto di questa competizione.

Il tema per entrambi è la carità: spirituale per Messina e materiale per Martini

Guardando la facciata sulla destra troviamo l’opera di Francesco Messina: San Carlo Borromeo sta consegnando la bolla papale che concede l’indulgenza plenaria ai Deputati Ospedalieri (i rappresentanti ecclesiastici del tempo). Fu il cardinale Schuster a suggerire l’opera a Messina. Si dice che lo scultore andò presso la quadreria del Duomo per copiare gli abiti, i bottoni e le gorgiere dell’epoca. Di particolare importanza, secondo l’autore, è il dito ammonitore di San Carlo Borromeo che è l’elemento intorno al quale ruota tutto il gruppo scultoreo.

A sinistra invece abbiamo l’opera di Arturo Martini: i duchi di Milano Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti stanno donando al Papa (Pio II Piccolomini) il bozzetto della Cà Granda. I tre personaggi non si parlano tra di loro ma sono rappresentati frontalmente come a guardare verso l’infinito, come se parlassero alla storia. Avete notato il bozzetto del progetto? Non assomiglia per niente a quella del Filarete…

Vi lascio una curiosità: pare che per dare movimento alla gonna di Bianca Maria Visconti siano stati fatti scoppiare dei petardi!

La facciata non è finita qui. Un’altra opera ha attirato la mia attenzione. Si tratta del bassorilievo di Franco Lombardi intitolato “L’Annunciazione – Ave Gratia Plena” anche questa in marmo di Carrara. Sulla sinistra è rappresentato un angelo che porge alla Madonna un giglio, mentre sulla destra Maria con il capo reclinato verso l’angelo in segno di deferenza. Il centro dell’opera è il libro sacro che Maria stringe a sé e che secondo l’iconografia è il simbolo del Verbo che dopo l’Annunciazione prende corpo in Maria.

Se non siete ancora stufi vi lascio qualche fotina anche della chiesa dell’Annunciata. Sulla facciata ci sono i busti di San Carlo Borromeo, San Camillo, Sant’Ambrogio e San Galdino ma è varcando la soglia che possiamo ammirare le vetrate. Si dice che siano le più belle vetrate sacre italiane del 900 e sono opera Sironi, Salietti e Carpi.

L’Annunciazione di Sironi si trova proprio al centro dell’abside e diversamente da quella in facciata Maria è leggermente più piccola dell’Angelo e il libro è poggiato su un leggio.

Bene, io mi fermo qui per il momento. Ci sarebbero un sacco di altre cose da dire e da vedere come le vetrate nella cupola della chiesa, le opere di arte contemporanea, gli allestimenti permanenti… insomma l’ospedale Niguarda ha una lunga storia da raccontare, più avanti parleremo anche della Cà Granda, proprio degli inizi di questa struttura.

So che poi me lo chiederete. C’è qualche associazione che fa visite guidate in questo ospedale ma, in tempi no covid si poteva prenotare anche direttamente con loro.

Vi lascio il contatto:

MAPP Museo d’arte Paolo Pini

Tel. 02/6444.5392/2536

segreteria@mapp-arca.it

San Carlo Borromeo consegna la bolla papale ai Deputati Ospedalieri. Francesco Messina
I duchi di Milano (Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti) donano a Papa Pio II Piccolomini il bozzetto della Cà Granda
Annunciazione – Ave Gratia Plena di Franco Lombardi
Chiesa dell’Annunciata
Padiglione 15 – San Vincenzo de Paoli, fondatore e ispiratore dei Lazzaristi, delle figlie della Carità e della società San Vincenzo de Paoli
Santa Maria Bambina
Annunciazione di Mario Sironi
La cacciata dal Paradiso di Aldo Carpi
La Natività di Alberto Salietti
La guarigione del cieco di Vitaliano Marchini

Santa Eufemia, una meraviglia poco nota

Avete presente la prima volta che siete entrati in San Maurizio al Monastero Maggiore in corso Magenta? Ecco, probabilmente vi succederà la stessa cosa qui, alla basilica di Santa Eufemia sull’omonima piazza lungo corso Italia. Ci troviamo proprio accanto a San Paolo Converso. La chiesa è sconsacrata e ospita al suo interno uno studio di architettura e uno spazio espositivo per arte contemporanea ma la sua storia è antichissima e cercheremo di parlarne presto.

Avevo letto diverse curiosità riguardo a questa basilica e quindi una mattina di un assolato luglio sono andata a fare 4 foto, nella mia idea iniziale. Ricordo, nella mia beata ignoranza, di aver pensato che era “carina” vista dal fuori ma, una volta avvicinatami all’ingresso la mia espressione era già rapita.

Ci aspetta sul portone una statuetta della Santa a cui la basilica è dedicata. Si tratta di un’antichissima chiesa paleocristiana fondata nel 472 in aperta campagna dall’arcivescovo Senatore da Settala di ritorno dal Concilio di Calcedonia.

Venne ricostruita una prima volta intorno al 13° secolo, nuovamente a fine 400 e l’ultimo intervento nel 1870. Qualcuno potrà sicuramente dire che non è originale ma guardate il nostro Castello, non vale la pena di visitarlo e amarlo?

Comunque perché ne parliamo? Beh, prima di tutto perché qui nel 1564 fu battezzato Federico Borromeo, nipote di San Carlo Borromeo e futuro arcivescovo di Milano. Negli anni 50 invece, questa chiesa fu usata dalla Callas per alcune incisioni e durante i primi anni 80 anche da Mina.

All’interno ci sono importanti opere d’arte come un dipinto de La Pentecoste di Simone Peterzano e una Madonna con Bambino e Santi di Marco D’Oggiono. La facciata invece presenta un piccolo portico con colonnine in marmo mentre le pareti interne, riccamente decorate, ricordano il Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. Degno di nota, sempre in riferimento alla musica, è l’organo a canne del 1909.

Vi lascio un po’ di foto, spero di avervi incuriosito.

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Buone vacanze

Buongiorno a tutti. Il blog è in vacanza da qualche giorno e tornerà operativo con i primi di settembre quando recupereremo l’uscita di Santa Eufemia. Nel frattempo Lorenzo (il mio aiutante quasi dueene) ed io stiamo mettendo a punto nuovi racconti. Probabilmente avremo anche una novità, ci stiamo lavorando. Buon riposo a tutti e grazie per l’affetto di questi anni. Ilaria & Lorenzo

Alla scoperta del foro romano

Eccoci anche oggi a scoprire un nuovo tassello della Milano romana, siamo sulle tracce dell’antico foro romano o di quel poco che ne rimane.

L’ho scoperto, per caso, un’estate che sono tornata a visitare la Cripta del Santo Sepolcro. Il biglietto era cumulativo per entrambi. L’ingresso è una piccola porticina da via dell’Ambrosiana angolo piazza Pio XI e il complesso fa parte dell’Ambrosiana.

Quello che possiamo vedere dalla passerella sono delle grosse lastre di pietra di Verona di diverse misure e una sorta di buco che doveva essere una canalina per lo scolo dell’acqua. Secondo gli studi la piazza doveva misurare circa 55×166 metri e sui lati lunghi dovevano esserci dei portici sotto i quali dovevano trovarsi dei negozi; per quanto riguarda i lati corti invece non si ha la certezza di che cosa si trovasse. Nei dintorni, come ci ricorda la toponomastica, c’era probabilmente la zecca.

L’area è accessibile dal 2014 ed è venuta alla luce negli anni 90 in seguito ad una campagna di scavi condotta sotto l’Ambrosiana

Purtroppo non vi so aiutare per le visite. Credo si possa contattare direttamente l’Ambrosiana, di cui il foro fa parte, e chiedere direttamente a loro.

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