L’ Abbazia di Morimondo

Buongiorno a tutti, ben ritrovati. Si sta avvicinando, per me, il periodo dell’anno che preferisco e pertanto da oggi e fino a fine anno vi voglio raccontare i miei luoghi del cuore. Il primo tra questi è l’Abbazia di Morimondo. Ebbene sì, siamo fuori città, sul confine tra Milano e Pavia. Forse non tutti sanno che, a sud di Milano, poco lontano dalle ultime case ci si ritrova immersi nei campi, tra le cascine e i filari di pioppi, con le risaie, le rogge, i canali e i fontanili. Ci troviamo nel parco agricolo Sud che, se non conoscete, vi consiglio di visitare in primavera o appena si potrà.

Comunque, in questa zona, oltre alle cascine e alle ville troviamo diverse abbazie che piano piano andremo a conoscere e a visitare.

Morimondo è la prima abbazia in Lombardia e il monastero venne fondato nel 1134 da 12 monaci francesi provenienti da Morimond, in Francia, dove c’era un monastero cistercense. La posizione era strategica a 5 km dal Ticino, crocevia del commercio, in una zona ricca d’acqua, in posizione sopra elevata e con terreno fertile intorno. Nei primi anni di insediamento la comunità aumentava di numero in maniera ragguardevole, le vocazioni erano davvero molte e pertanto oltre che il monastero venne iniziata l’edificazione della chiesa.

Morimondo si trovava però anche a metà strada tra Milano e Pavia, due città che combattevano per il dominio politico. Più volte le truppe pavesi saccheggiarono il monastero, finché nel 1237 i pavesi la incendiarono causando la morte di diversi monaci e rallentandone pertanto i lavori di costruzione

Verso la fine del 1400 si vide la rinascita di Morimondo grazie a Giovanni de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e futuro papa Leone X che manderà a Morimondo 6 monaci cistercensi da Sesto Fiorentino per riportare regolarità nella vita monastica.

A metà del 1500 per aiutare l’Ospedale Maggiore di Milano, San Carlo Borromeo la eresse a Parrocchia intitolandola a Santa Maria Nascente e la spogliò dei suoi terreni.

Quando, dopo la rivoluzione francese, furono soppressi tutti gli ordini monastici anche per questa abbazia non ci fu nulla da fare.

Facciata a vento
Chiostro con lectio, dove i monaci sostavano e dove il sabato avveniva la lavanda dei piedi
Chiostro, luogo d’incontro tra i monaci
interni

Santa Eufemia, una meraviglia poco nota

Avete presente la prima volta che siete entrati in San Maurizio al Monastero Maggiore in corso Magenta? Ecco, probabilmente vi succederà la stessa cosa qui, alla basilica di Santa Eufemia sull’omonima piazza lungo corso Italia. Ci troviamo proprio accanto a San Paolo Converso. La chiesa è sconsacrata e ospita al suo interno uno studio di architettura e uno spazio espositivo per arte contemporanea ma la sua storia è antichissima e cercheremo di parlarne presto.

Avevo letto diverse curiosità riguardo a questa basilica e quindi una mattina di un assolato luglio sono andata a fare 4 foto, nella mia idea iniziale. Ricordo, nella mia beata ignoranza, di aver pensato che era “carina” vista dal fuori ma, una volta avvicinatami all’ingresso la mia espressione era già rapita.

Ci aspetta sul portone una statuetta della Santa a cui la basilica è dedicata. Si tratta di un’antichissima chiesa paleocristiana fondata nel 472 in aperta campagna dall’arcivescovo Senatore da Settala di ritorno dal Concilio di Calcedonia.

Venne ricostruita una prima volta intorno al 13° secolo, nuovamente a fine 400 e l’ultimo intervento nel 1870. Qualcuno potrà sicuramente dire che non è originale ma guardate il nostro Castello, non vale la pena di visitarlo e amarlo?

Comunque perché ne parliamo? Beh, prima di tutto perché qui nel 1564 fu battezzato Federico Borromeo, nipote di San Carlo Borromeo e futuro arcivescovo di Milano. Negli anni 50 invece, questa chiesa fu usata dalla Callas per alcune incisioni e durante i primi anni 80 anche da Mina.

All’interno ci sono importanti opere d’arte come un dipinto de La Pentecoste di Simone Peterzano e una Madonna con Bambino e Santi di Marco D’Oggiono. La facciata invece presenta un piccolo portico con colonnine in marmo mentre le pareti interne, riccamente decorate, ricordano il Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. Degno di nota, sempre in riferimento alla musica, è l’organo a canne del 1909.

Vi lascio un po’ di foto, spero di avervi incuriosito.

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La Madonna del grembiule

Anche oggi ci troviamo in una zona antichissima della città. Qui un tempo sorgeva l’antica porta Vercellina, nelle mura fatte erigere dall’imperatore Ottaviano Augusto. La zona è quella di via Brisa dove ci sono alcuni resti del Palazzo Imperiale di Massimiano ma, per essere più precisi ci troviamo nel vicolo di Santa Maria alla Porta.

Nel 600, in piena dominazione spagnola, venne affidato all’architetto Richini il mandato per la ricostruzione della chiesa di Santa Maria alla Porta. Narra la leggenda che un operaio impegnato nella ricostruzione della chiesa, scrostando un vecchio muro scoprì il volto di una Madonna del 400, probabilmente addirittura della scuola degli Zavattari. Dopo aver pulito l’affresco con il grembiule che indossava guarì immediatamente dalla zoppia.

Per i milanesi il luogo diventò miracoloso e nel 700 fecero costruire la cappella dedicata alla Beata Vergine dei Miracoli soprannominata la Madonna del grembiule e la inglobarono alla chiesa preesistente.

Arriviamo poi alla seconda guerra mondiale. Sappiamo che Milano fu la città più bombardata d’Italia e questa zona non sfuggì certo all’offensiva. Nel 1943 una bomba rase al suolo la cappella e le case circostanti e l’edificio non venne ricostruito.

Per anni questa zona è stata lasciata all’incuria, c’era uno slargo che veniva utilizzato come parcheggio selvaggio e nulla di più. Grazie ai lavori di riqualificazione dell’area iniziati meno di 10 anni fa, è stato riportato alla luce questo pezzo di storia. Durante il restauro venne alla luce il pavimento originario in marmo policromo e l’affresco della Madonna del grembiule che era stato riparato da lastre di legno. Purtroppo per mancanza di fondi non si è potuto procedere con il restauro della pavimentazione e pertanto è stato ricoperto in attesa di tempi migliori. Nella pavimentazione però si possono vedere i segni dei bombardamenti e al centro un tondo con la data 1943: questo è il punto di impatto tra la bomba e la cappella.

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La storia millenaria del Santo Sepolcro

Oggi torniamo alle solite nostre cose, siamo a scoprire un luogo sconosciuto alla maggior parte dei milanesi.

Ci troviamo tra la biblioteca Ambrosiana e il Duomo, dove un tempo sorgeva il foro romano. Siamo nel vero centro cittadino, dove il cardo si incontra con il decumano. Qui si batteva moneta e lo vediamo dalla toponomastica (via Moneta, via della Zecca), c’erano le terme cittadine (Via Bagnera) e c’era il mercato (via della Balla o Palla).

Si tratta della Chiesa del Santo Sepolcro, la cui cripta è stata riaperta qualche anno fa dopo circa 50 anni di abbandono. La sua storia si perde nei secoli. Le sue origini sono del 1030 e nasce con una dedicazione diversa, per la Santissima Trinità

Viene fatta costruire da Benedetto Rozo, monetiere di Milano, come cappella privata nei possedimenti della sua famiglia. Ha una struttura particolare rispetto a quelle presenti nel Nord Italia: c’è un avancorpo addossato alla chiesa per ospitare le corti carolinge e all’interno delle due torri ci sono delle scale a chiocciola per permettere loro di salire alla balconata principale.

La vita di questa chiesa è legata alla figura del vescovo di Milano, Ariberto da Intimiano, che messo in prigione dall’imperatore viene liberato a furor di popolo. La sua figura è importantissima per la città in quanto afferma la centralità della chiesa. Per varie vicissitudini sulla chiesa cala l’interdetto e dal 1075 scompare. Ricompare nel 1099 con il nome del Santo Sepolcro. Viene riconsacrata il 15.07.1011 dall’arcivescovo Anselmo IV da Bovisio, al Santo Sepolcro di Gerusalemme che era stato liberato nel corso della prima crociata. L’arcivescovo Anselmo istituisce una processione per tutti quei fedeli che non potevano andare in Terrasanta: partivano pertanto da Santa Tecla e arrivavano al Santo Sepolcro e serviva alla remissione di un terzo dei peccati.

Durante il suo secondo soggiorno a Milano anche Leonardo da Vinci si interessa alla chiesa. Nel 400 disegna delle piante della città e colloca il Santo Sepolcro proprio nel centro cittadino, negli spazi del Foro

Ma non è finita qui. La storia della nostra chiesa si arricchisce di un altro personaggio importante per Milano: San Carlo Borromeo. Chiude il Concilio di Trento e arriva a Milano con il compito di riavvicinare i milanesi alla Chiesa. Rivolge la sua attenzione al Santo Sepolcro facendone una chiesa di pellegrinaggio, una sorta di Sacro Monte cittadino e nel disegno iniziale dovevano essere erette 24 cappelle dedicate alla Passione. Di questa idea ne possiamo vedere una piccola parte in chiesa con i due gruppi scultorei in terracotta: la lavanda dei piedi nell’abside a sinistra e Gesù dinanzi a Caifa nell’abside di destra. Fonda la congregazione degli Oblati di Sant’Ambrogio e il Santo Sepolcro ne diventa la sede.

Al piano inferiore la cripta copre la superficie della chiesa superiore. Il pavimento è in marmo di Verona ed è quello dell’antico foro romano infatti se guardate bene potrete scorgere i solchi delle ruote dei carri Qui San Carlo Borromeo veniva a pregare e definiva questo posto come l’ombelico della città. Nella cripta possiamo ammirare una bellissima statua raffigurante San Carlo Borromeo in preghiera davanti ad una copia del sepolcro di Cristo che è stata realizzata nel 300 da un maestro campionese. Secondo la tradizione pare che raccolga la terra prelevata dalla Terrasanta durante le crociate. Oltre la grata si può vedere il sarcofago della benefattrice Cornelia Lampugnani Rho che da 400 anni riposa in una stanza accanto alla cripta senza che nessuno vi abbia mai varcato la soglia.

La cripta al momento è ancora chiusa ma l’ingresso è in piazza Santo Sepolcro dalla Sala Sottofedericiana alla Biblioteca Ambrosiana

Spero di avervi incuriosito con questo mio breve racconto. La storia della Chiesa è lunghissima, e la Cripta merita sicuramente una visita.

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Il cielo coperto di stelle

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Tomba della benefattrice Lampugnani Rho

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Pavimento del foro con segni dei carri

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Le croci sulle colonne indicano la consacrazione dell’area

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Cripta con le colonnine originali

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Materiale di reimpiego

San Bernardino alle Ossa

Oggi vi voglio portare a conoscere San Bernardino alle Ossa e la sua cappella. Ci troviamo nel sestiere di Porta Romana, in un’area chiamata il Brolo, in piazza Santo Stefano per la precisione. Quante cose ci sono da raccontare di questa zona. Ad esempio qui si combattevano le battaglie degli ariani contro S. Ambrogio, sempre qui fu assassinato Galeazzo Maria Sforza, e sempre qui le streghe facevano riti celtici durante i solstizi… avremo tempo per parlare di tutto.

Nel 1210 si fece costruire un piccolo ospedale con annesso un ossario fino a che nella metà del ‘400 il duca Sforza fece edificare l’ospedale della Cà Granda nel quale questo confluirà.

Lo so, probabilmente state tutti pensando alle ossa che adornano la cappella e magari, come me, avete fatto poco caso alla chiesa ma anche qui abbiamo cose da scoprire.

Nel 15° secolo questa chiesa fu utilizzata dalla confraternita dei Disciplini che si dedicavano al culto dei morti e all’espiazione dei peccati attraverso l’autoflagellazione. Bene, entriamo. La vedete la botola lì davanti a voi? Si tratta di una cripta ipogea, oggi chiusa e non visitabile fortunatamente, alla quale si poteva accedere scendendo i dieci gradini. È stata aperta nel 1990 per studio e vi trovarono delle ossa, degli abiti e dei teschi. Si tratta di un putridarium: un’aula con addossate alle pareti dei sedili con sopra gli abiti. Ogni volta che un confratello moriva veniva fatto sedere con il saio e la tavoletta con il nome e fatto decomporre all’aria. La seduta aveva dei fori e i liquami scorrevano verso il centro del cippo e poi entravano nella fognatura centrale.

Adesso possiamo spostarci verso il vero e proprio ossario lì in fondo al corridoio a destra. Il primo impatto è davvero macabro. Il senso iconografico è volto al positivo: la morte non può far paura ma è un passaggio dell’anima. Si tratta essenzialmente di teschi e femori che creano disegni di croce mentre le ossa sotto la cupola scrivono la M di Maria Addolorata; secondo la tradizione ponendosi al centro della cappella si dovrebbero ricevere degli influssi positivi dati dalla fonte d’acqua sottostante. Nella cupola è rappresentato ” Il trionfo delle anime” del Ricci. La leggenda dice che le ossa sopra l’ingresso principale siano di condannati a morte

Diamo un’occhiata veloce dell’esterno: la struttura di San Bernardino alle Ossa sembra la canonica mentre l’ossario sembra l’ingresso. Sulla destra c’è un offertorio del 700 con la scritta “date e vi sarà dato”.

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Ossa a formare la croce

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Offertorio del 700. Date e vi sarà dato

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Botola per la cripta ipogea dei disciplini

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Il trionfo delle anime del Ricci

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Ossa di condannati a morte

La grotta di Lourdes

Questa storia parte da lontano, da quando ero ancora una bambina, un luogo del cuore per così dire. Una delle mie nonne abitava dalle parti di corso Sempione, in una casa bombardata come diceva sempre. Non aveva avuto la fortuna di nascere tra gli agi, anzi, ma non se ne è mai lamentata. Credo che avesse visto il mare, la prima volta, già da nonna. Perché ve lo racconto? Perché vicino a casa sua c’era la grotta di Lourdes e lei ne era orgogliosa che fosse proprio lì, anche se l’originale ovviamente non l’aveva mai vista

Comunque come vi dicevo, un giorno che ero da lei, mi portò a visitare la famosa Madonnina. Non vi nascondo che rimasi stupita nel vedere una grotta con una Madonnina in centro città, e poi com’era grande. Non ci pensai più per dei secoli e poi oramai sono diversi anni che mia nonna è mancata.

Lo scorso anno invece, viene alla luce mio figlio. Dalla sala parto fisso per tutta la giornata un angelo in gesso che scopro poi essere uno degli angeli posti sulla facciata della basilica Santa Maria di Lourdes.

Ho deciso quindi di scriverne, perché non è una delle chiese più famose di Milano, chissà in quanti non ne conoscono l’esistenza, però insomma avere la copia della grotta di Lourdes non è da tutti!

Fu voluta da due fratelli, entrambi sacerdoti, come ringraziamento per aver guarito uno dei due da un male terribile. È stata eretta nel 1894 e a quei tempi in aperta campagna. Si dice che i due sacerdoti si dedicarono anima e corpo alla raccolta fondi, vendendo i mattoni a 10 centesimi l’uno; anche i genitori del futuro papa Paolo VI contribuirono. La grotta è annessa alla chiesa in stile bizantino dell’architetto Campanini e fu edificata, per volere dei parrocchiani, nel 1902

La scena riprodotta, con dovizia di particolari, è l’apparizione della Madonna a Santa Bernadette.

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Particolare della grotta di Lourdes

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Angelo di gesso

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Angelo di gesso

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Ci troviamo in via Induno. Fermata della metropolitana lilla (linea 5) Gerusalemme

La Santa Maria Bambina

Rieccomi qua finalmente. Chi mi segue anche sulla pagina facebook sa che 10 mesi fa ho avuto un bimbo e da allora le mie giornate sono state una centrifuga. Onestamente pensavo che sarebbe bastato essere persone organizzate ma, non è così.

Comunque, bando alle ciance. Partiamo da una tradizione molto milanese, la vedete nell’immagine di copertina.

Se penso alla camera da letto di mia nonna mi vengono in mente sicuramente lo scrigno che conteneva la caramelle al Fernet e le Rossana, la Madonna con il bambino che si accendeva sopra la testata del letto e poi lei…lì sul comò la statuetta della Maria Bambina.

Vi dico la verità, quando ero piccola mi faceva un po’ impressione vederla lì in cera,  con l’aspetto di una neonata, il corpo immobilizzato da fasce strette e decorata con pizzi e merletti sotto una campana di vetro. Ne avete mai viste? Magari qualcuno ce l’ha ancora a casa, da qualche parte.

Perchè ve ne parlo? Perchè proprio in centro, in via Santa Sofia, c’è il Santuario di Maria Bambina. Il simulacro qui contenuto risale alla prima metà del 1700 ed è opera di Suor Isabella Chiara Fornari. A metà dell’800 la statuetta viene affidata alle suore della Carità che nel 1876 la porteranno in Santa Sofia.

Domani 9 settembre si commemora l’anniversario del primo miracolo avvenuto 135 anni fa quando la malata Giulia Macario chiedendo la grazia al santo simulacro guarì perfettamente nel giro di pochissimo tempo.

Se passate in via Santa Sofia al 13, fateci caso, c’è una targa su un anonimo palazzo con l’indicazione del Santuario; come spesso accade non è subito visibile ma vale la pena andare a vederlo

La fotografia di copertina rappresenta la Santa Maria Bambina originale, me l’ha prestata la mia amica Maria Teresa Ioannisci. Grazie di cuore, a buon rendere.

Spero di ricevere i vostri commenti.

Buona lettura Ilaria (e Lorenzo)

 

 

 

 

San Maurizio al Monastero Maggiore

Non so se avete mai visitato San Maurizio al Monastero Maggiore, ma se ci state pensando e la vostra risposta non è un immediato si, probabilmente non avete mai varcato la soglia. Ci troviamo in Corso Magenta, proprio accanto al museo archeologico, del quale parleremo più avanti quando affronteremo il discorso “Milano Romana”.

Vediamo un po’ la storia e poi entriamo, rimarrete sicuramente a bocca aperta, ve lo prometto!

Si conosce pochissimo della committenza. Viene affidata a Gian Giacomo Dolcebuono, lo stesso della tribuna del Duomo e della Chiesa di Santa Maria presso San Celso coadiuvato dall’architetto Giovanni Antonio Amadeo. Nel 1506, muore il Dolcebuono ma lascia progetti molto precisi cosicché in pochi anni viene costruita.

La storia è legata alle monache benedettine: il convento era tra i più grandi e importanti della città, per questo ebbe il nome di monastero maggiore. Alla fine del 700 Napoleone dichiara la chiusura di tutte le chiese, monasteri e molti beni furono spediti in Francia. La chiesa fu lasciata nell’incuria e fu usata come magazzino. Viene restaurata a metà degli anni 80 del secolo scorso grazie ad una donazione ancora oggi anonima e alla BPM.

La facciata è in pietra grigia di Ornavasso mentre sotto la chiesa scorre il Nirone e questo è il motivo per il quale gli affreschi nella parte bassa sono in parte rovinati.

Su, varchiamo la soglia. L’interno è a navata unica con 10 campate divise in due da una parete divisoria. Si tratta di una galleria di opere d’arte del Luini del quale si sa poco della prima formazione ma che sicuramente ha studiato sui lavori di Leonardo. La parete centrale è interamente opera sua, sia davanti che dietro.

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Le monache benedettine erano di clausura e infatti c’è una grata tra la parte adibita alle monache e l’aula dei fedeli. Al tempo c’era un varco molto ampio chiuso solamente da un tendaggio ma nel periodo della controriforma si pensò che lo spazio aperto fosse troppo ampio e pertanto fu ridotto con l’aggiunta della grata. Della seconda metà del 500 la tela di Antonio Campi con l’adorazione dei magi.

La famiglia Bentivoglio di Bologna commissiona a Bernardino Luini la facciata. Il figlio Alessandro era governatore di Milano ed era sposato con Ippolita Sforza. Ve la descrivo brevemente, in modo che quando entrerete non vi perderete nemmeno un particolare.

La lunetta di sinistra: in ginocchio in abiti scuri è Alessandro Bentivoglio, il committente, che viene raffigurato giovane anche se in realtà all’epoca avrebbe dovuto essere sulla sessantina mentre nella lunetta di destra vengono rappresentate Santa Agnese, Santa Scolastica e Santa Caterina d’Alessandria. Inginocchiata Ippolita Sforza moglie di Alessandro Bentivoglio. Sotto questa lunetta troviamo il Cristo e sotto ancora una piccola finestrella per comunicare con le monache.

Quadrato centrale in alto: si tratta dell’Assunzione in cielo della Vergine circondata dagli angeli in gloria e sotto gli apostoli. A sinistra vediamo San Maurizio con la tunica azzurra mentre a destra troviamo sul podio ancora San Maurizio mentre sotto di lui con il modellino di una chiesa in mano è San Sigismondo che si è convertito grazie a San Maurizio.

Le cappelle sono tutte meravigliose ma vi voglio raccontare di quelle a destra della grata.

La prima è la cappella Besozzi, interamente decorata dal Luini. La scena principale è la rappresentazione di Cristo alla Colonna. Avete notato il sangue che scorre sulla colonna? Giovanni con Maria e le pie donne al sepolcro. A sinistra e a destra Santa Caterina con il suo martirio. Il Luini aveva già dipinto a Monza, a villa Pelucca, una Santa Caterina di Alessandria ricomposta in volo. Ha fatto discutere il fatto che nel viso della Santa fosse ritratta la duchessa di Challon che era stata giustiziata sulla piazza a Milano. Nella parte alta invece, i simboli della passione quindi i chiodi, le spine e al centro il Dio Padre. La seconda è la cappella della Deposizione a memoria di Bernardino Simonetta vescovo di Perugia e imparentato con Ippolita Sforza. Opera di Callisto Piazza. A sinistra possiamo ritrovare San Giacomo e San Lorenzo, mentre a destra San Giorgio con il drago mentre la terza è la cappella di San Paolo che venne affrescata a Ottavio Semino ed è dedicata alla predica di San Paolo.

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Le cappelle a sinistra della grata sono state affrescate probabilmente dai figli del Luini che però non sono mai arrivati all’abilità del padre.

Invece, giriamoci verso la controfacciata che è stata interamente dipinta da Simone Peterzano allievo del Tiziano e maestro di Caravaggio…così per fare due nomi! A sinistra la paternità e a destra il sacro e il profano, sotto l’antico e il nuovo testamento.

Bene, adesso che ci siamo lustrati gli occhi per bene possiamo passare nell’aula delle monache da quel passaggio che trovate lì a sinistra.

In quel bel soffitto blu puntellato di stelle è raffigurato Dio Padre benedicente con i 4 evangelisti e gli angeli. L’opera è stata attribuita alla bottega del Foppa, è la nostra immagine di copertina.

Non vi voglio ammorbare ulteriormente spiegandovi per filo e per segno tutti i santi e le opere che vedrete in questa parte dedicata alle monache ma, almeno due parole sull’organo che è opera della famiglia Antegnati nota all’epoca per la produzione di questi strumenti. Raffigurati nelle ante fuori San Maurizio e San Sigismondo mentre all’interno Santa Cecilia e Santa Caterina e sull’ultima cena in fondo alla chiesa. Come potete notare è diversa da quella del Cenacolo Vinciano. Qui Giuda è rappresentato con il sacchetto di monete e a destra della porta possiamo vedere la cattura di Cristo. Proprio alla sua sinistra è raffigurato ancora Giuda con il suo sacchettino; ci avevate fatto caso?

44986999_10213224358586949_5330829737537306624_n A sinistra invece la cappella del diluvio universale che ricorda i bestiari medievali; è attribuita a uno dei figli del Luini ma non è certo.

Vi lascio qualche foto. Ci troviamo in Corso Magenta e ultima chicca, nei mesi di maggio giugno è possibile ascoltare dei concerti di musica classica presso questa chiesa. Andate a visitarla mi raccomando, perchè per quanto ve ne possa parlare nulla è il confronto con quello che vedranno i vostri occhi.

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Il Santuario di Santa Maria alla Fontana

Quello che andremo a visitare oggi è un luogo sconosciuto ai più, ma antichissimo e molto suggestivo a mio parere. Stiamo parlando del Santuario di Santa Maria alla Fontana che porta come data di fondazione 29 Settembre 1507, anche se la sorgente naturale che sgorgava qui risaliva ad almeno 1000 anni prima della sua fondazione.

Qui si era in aperta campagna e l’area era di proprietà dei padri benedettini di San Simpliciano. È diventato santuario grazie al miracolo occorso a Charles D’Amboise che era governatore a Milano per conto del re di Francia e che versò ingenti somme di danaro ai benedettini per far erigere il santuario.

La struttura era su due livelli: due metri e mezzo sotto c’era la grande vasca dove i milanesi potevano immergersi oppure bere mentre sopra c’era il santuario vero e proprio con chiostri e portici aperti in modo che si potesse sentire la messa anche dal piano inferiore.

I Benedettini di San Simpliciano dovettero cedere il santuario ai Padri Minimi di San Francesco da Paola che, arrivati a Milano dalla Calabria, non avevano un luogo dove stare. Questi ultimi, secondo le loro esigenze, trasformeranno il Santuario modificandolo in un monastero.

Vediamo un po’ che cosa è rimasto: beh la sala quadrata è il luogo dove c’era la risorgiva poi incanalata in una fontana. Dove ci sono i sampietrini riconosciamo la parte più antica. La pietra da cui escono le 11 bocchette era qui ancora prima dell’arrivo di Charles D’Amboise. Purtroppo nel 1877 a causa di un incendio in un deposito di materiali la fonte originale si è inquinata e adesso la fontana è collegata all’acquedotto come le vedovelle. Vi capiterà comunque di vedere persone che continuano a venire qui a bere l’acqua o a riempire le bottiglie.

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Per quanto riguarda i chiostri invece, per anni la suggestione è che potessero essere stati progettati da Leonardo. Questo perché era l’artista preferito da Charles D’Amboise e poi perché sono stati trovati dei fogli nel codice atlantico con il disegno di questi archi. L’ipotesi invece più accreditata al momento, anche se il dibattito è ancora aperto, è che si tratti di un lavoro dell’architetto Giovanni Antonio Amodeo che peraltro ha lavorato ai cantieri del Duomo, di San Satiro e di Santa Maria presso San Celso e che era ingegnere presso la corte di Ludovico il Moro.

I lati del chiostro più vicini al santuario sono i più antichi. Gli stemmi che vediamo sono quelli delle famiglie nobili francesi che hanno contribuito alla costruzione del santuario.

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La lapide di fondazione che testimonia la posa della prima pietra

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La sala rossa, oggi inglobata nel santuario, era in partenza la sacrestia. Non è un luogo di celebrazione. Nel quadro a olio una Madonna con il bambino e l’autore presunto è Bernardino Campi. La pala ci racconta il miracolo di questa fonte. Al centro la Madonna con il bambino in braccio e il manto stellato, subito sotto il ruscelletto che rappresenta la nostra fonte e sotto ancora il bastone per camminare che indica questo luogo. Subito a sinistra Charles d’Amboise guarito e all’estrema sinistra S. Francesco da Paola. A destra invece della Madonna abbiamo nuovamente Charles D’Amboise e all’estrema destra Matteo da Messina che è stato padre minimo al santuario. Le grottesche rosse rappresentano alcuni simboli della medicina in ambito pagano.

 

Il sole raggiato invece è una scultura in legno dell’epoca di Charles D’Amboise ed è simbolo di trionfo/vittoria: nasce tutti i giorni sulle tenebre da qui alla resurrezione. Le pitture invece sono più recenti. Negli spicchi ci sono i 12 apostoli: c’è Paolo ma non c’è Giuda.

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Il Santuario si trova nella piazza omonima. La fermata della metropolitana più comoda è Zara sulla gialla.

La sinagoga

Chi segue questo blog sa perfettamente che parliamo sempre di posti non famosissimi, ma a mio insindacabile parere degni di essere conosciuti.

Oggi per esempio vorrei portarvi a conoscere la Sinagoga di Milano che si trova proprio in pieno centro, praticamente ci troviamo dietro piazza del Duomo.  La facciata della sinagoga è del 1892 ed è del Beltrami in stile eclettico. Il portale ricorda il 500/600 mentre la parte superiore della facciata riporta a elementi di architettura ebraica/spagnola con ascendenze arabe.

Partiamo dall’inizio: a Milano c’è una Sinagoga ma non c’è un ghetto, non so se ci avete mai fatto caso! Il motivo è presto spiegato: per una legge degli Sforza gli ebrei non potevano fermarsi in città per più di 3 giorni consecutivamente, quindi avevano in città i propri commerci ma alla sera rientravano nelle loro case fuori città che erano principalmente nel pavese e nel mantovano. A partire da 1597 gli Spagnoli iniziarono a espellerli e poterono rientrare in città solamente dal 1800 circa. La maggior parte degli ebrei che vivono a Milano sono originari di Mantova. Grazie ai loro commerci e alle tasse pagate chiesero un prestito allo Stato Italiano per la costruzione della Sinagoga e affidarono il progetto a Luca Beltrami. Distrutta nella seconda guerra mondiale è stata ricostruita. Di originale è rimasta solo la facciata. Gli interni sono una ristrutturazione del 1996 e le vetrate sono di Roger Selden, un artista newyorkese che ha inserito tutti i simboli dell’ebraismo.

Vi lascio qualche foto dell’interno. Questa Sinagoga è ortodossa con la divisione per piano tra uomini e donne. Il pulpito è al centro della sala e le persone sono sedute intorno. Al centro c’è un muro con una tenda rossa: custodisce la Torah che è una pergamena alta 1,5 metri e lunga 7: è scritta a mano da uno scriba con un inchiostro vegetale.

La Sinagoga si trova in via della Guastalla e per entrare e visitarla dovrete necessariamente seguire una visita guidata.

Alla prossima

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