Il rifugio 87

Della guerra non abbiamo ancora parlato bene, forse qualche breve accenno qua e là, ma dei rifugi disseminati per la città ancora nulla. Ecco, io l’inverno scorso sono andata a visitare quello di via Bodio al 22. Si trova al piano interrato della scuola Giacomo Leopardi che però ai tempi era intitolata a Rosa Maltoni Mussolini, madre del duce.

La preside della scuola, la professoressa Laura Barbirato, si è molto spesa per riaprirlo e riuscire a metterlo a disposizione delle varie visite guidate. Questo rifugio era uno dei più grandi della città e poteva arrivare a ospitare fino a 450 persone.

Non so voi che seguite questo blog quanti anni avete, ma io che ho appena passato i 40, ho ancora nelle orecchie i racconti sulla guerra delle mie nonne: le sirene, i rifugi, le bombe, le fucilazioni…Si, Milano è stata la città più bombardata d’Italia. Nel 1940 c’erano 135 rifugi antiaerei: questo è il numero 87. Non si trova tanta documentazione in giro, si sa solamente che tutti gli edifici privati erano obbligati ad avere un rifugio antiaereo che doveva avere queste due caratteristiche: essere antiaggressivo chimico e essere antibomba. In realtà però nel 1919/1920 non ci sono soldi per la costruzione dei rifugi a protezione dei civili e pertanto a inizio guerra vengono adibiti a rifugio le cantine.

Ecco scendiamo: siamo a 2 metri di profondità e l’ampiezza è di 220 metri quadrati: dieci stanze, 2 bagni alla turca, 1 cucina e un rubinetto con l’acqua. Tutto lasciato allo stato originale: i pavimenti, le scritte, le panche e i banchi dove i bambini potevano comunque fare lezione.

Ermanno Olmi è stato studente di questa scuola, ha scritto forse uno dei suoi libri più noti “Il ragazzo della Bovisa” ispirandosi a quanto vissuto qua.

Vi lascio qualche foto del rifugio. Io avevo fatto la visita guidata con Milanoguida, vi lascio il link:

https://www.milanoguida.com/calendario/novembre-2018

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Il binario 21: il memoriale della Shoah

“Qui ci attendeva il treno e la scorta per il viaggio. Qui ricevemmo i primi colpi: e la cosa fu così nuova e insensata che non provammo dolore, nel corpo, né nell’anima. Soltanto stupore profondo: come si può percuotere un uomo senza collera? Ecco dunque, sotto i nostri occhi, sotto i nostri piedi, una delle famose tradotte tedesche, quelle che non ritornano. Vagoni merci, chiusi dall’esterno e, dentro, uomini donne, bambini, compressi senza pietà, come merce di dozzina, in viaggio verso il nulla, in viaggio all’ingiù, verso il fondo. Questa volta dentro siamo noi…”

Se questo è un uomo, Primo Levi

Iniziamo questo viaggio davanti al muro dell’Indifferenza che è la parola chiave voluta da Liliana Segre per accoglierci qui. Si, questo è uno dei pochissimi luoghi in Europa rimasto intatto; da circa 3 anni è stato riaperto alla città anche se il memoriale non è ancora terminato. Quando sarà completato si trasferirà qui anche il centro di documentazione ebraica con i suoi 5000 volumi.

Dove ci troviamo?

Sotto la stazione centrale in quell’area che serviva da smistamento posta fino alla fine del 1942.

Da gennaio 1943 a gennaio 1945 invece, da qui partiranno 15 convogli verso le camere a gas di Auschwitz – Birkenau

Nel 1938 il parlamento italiano e il re firmano le leggi razziali: da quell’anno gli ebrei non potranno più andare a scuola, non potranno più insegnare, i medici non potranno più operare. Nel 1933 Hitler fece aprire i primi campi di concentramento, erano campi di prigionia all’aperto dove si viveva in situazioni durissime. Arrivarono invece nel 1942 i campi di sterminio in Polonia, qui la gente veniva mandata a morire.

Da qui partirono 774 persone, ne tornarono 27 e sono segnati in rosso.

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Il 30 gennaio 1944 627 persone vengono portate qui con i camion e fatti salire sui carri bestiame che aspettavano. Sono stati trovati dei documenti originali, le persone erano indicate in tedesco con la parola “stuck” che significa pezzi. Il viaggio durava sei giorni. Sei giorni durante i quali stavano ammassati nei convogli, al buio, senza servizi igienici, senza mangiare, dei forni d’estate e gelidi in inverno, con solo le grate per respirare. I treni partivano dal binario fantasma, il cosiddetto binario 21 e all’arrivo cosa trovavano? O la camera a gas oppure il lavoro ridotto in schiavitù.

Il viaggio era fatto a tappe, sicuramente dai vagoni quando giungevano nelle varie stazioni si sentivano le urla, i pianti, la paura, la disperazione, i lamenti e fuori invece? Il nulla, il silenzio, l’indifferenza.

I convogli partivano da Milano tra i binari 18 e 19, certo era mattina presto, nel trambusto di una stazione attiva, ma nessuno vedeva…nessuno sapeva, nell’indifferenza generale. Questo è quello che ci vuole dire la signora Segre, scampata ai campi di sterminio e che da qualche anno ha iniziato a raccontare la sua storia: precisamente da quando i suoi nipoti hanno iniziato a studiare a scuola.

Se potete, andate a vedere il memoriale della Shoah, non ne sapremo mai abbastanza di quello che è successo laggiù, non dobbiamo dimenticare mai quello che è stato. Non dobbiamo fare parte della maggioranza silenziosa che non prende posizioni, non dobbiamo essere indifferenti.

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”

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Qualora foste interessati ad una visita, quando sono stata io a novembre era pieno di bambini delle scuole elementari, il memoriale si trova in piazza Safra 1, metropolitana gialla/verde Stazione Centrale.

Le pietre d’inciampo

Sabato 27 gennaio sarà la giornata europea della memoria. Trovo doveroso che i ragazzi conoscano quello che è successo, che gli adulti non dimentichino quello che è stato.

Milano, da un paio di anni a questa parte, ha finalmente anche lei le sue pietre d’inciampo. La prima pietra posata è quella in corso Magenta 55, davanti all’abitazione di Alberto Segre, deportato a Mauthausen nel 1944 e assassinato il 2 aprile 1945

Quest’anno altre 26 pietre sono state poste davanti a 18 luoghi diversi.

Ma chi è che ha avuto l’iniziativa? Si tratta dell’artista berlinese Gunter Demning.

Che cosa sono? Sono sampietrini coperti di ottone con i dati identificativi della persona che si vuole ricordare, davanti ad uno degli ultimi luoghi frequentati

L’obiettivo è quello di inciampare in queste pietre e fermarsi un momento a pensare, non dimenticare quello che è accaduto. Non perdere la memoria.

Per saperne di più potete guardare il sito del sig Demning http://www.stolpersteine.eu/en/home/

E il sito del comune di Milano per avere indicazioni sulla giornata della memoria 2018: https://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/st/Milano_memoria/Eventi2018/Giornatadellamemoria2018/ultimo_pietre_inciampo