San Bernardino alle Ossa

Oggi vi voglio portare a conoscere San Bernardino alle Ossa e la sua cappella. Ci troviamo nel sestiere di Porta Romana, in un’area chiamata il Brolo, in piazza Santo Stefano per la precisione. Quante cose ci sono da raccontare di questa zona. Ad esempio qui si combattevano le battaglie degli ariani contro S. Ambrogio, sempre qui fu assassinato Galeazzo Maria Sforza, e sempre qui le streghe facevano riti celtici durante i solstizi… avremo tempo per parlare di tutto.

Nel 1210 si fece costruire un piccolo ospedale con annesso un ossario fino a che nella metà del ‘400 il duca Sforza fece edificare l’ospedale della Cà Granda nel quale questo confluirà.

Lo so, probabilmente state tutti pensando alle ossa che adornano la cappella e magari, come me, avete fatto poco caso alla chiesa ma anche qui abbiamo cose da scoprire.

Nel 15° secolo questa chiesa fu utilizzata dalla confraternita dei Disciplini che si dedicavano al culto dei morti e all’espiazione dei peccati attraverso l’autoflagellazione. Bene, entriamo. La vedete la botola lì davanti a voi? Si tratta di una cripta ipogea, oggi chiusa e non visitabile fortunatamente, alla quale si poteva accedere scendendo i dieci gradini. È stata aperta nel 1990 per studio e vi trovarono delle ossa, degli abiti e dei teschi. Si tratta di un putridarium: un’aula con addossate alle pareti dei sedili con sopra gli abiti. Ogni volta che un confratello moriva veniva fatto sedere con il saio e la tavoletta con il nome e fatto decomporre all’aria. La seduta aveva dei fori e i liquami scorrevano verso il centro del cippo e poi entravano nella fognatura centrale.

Adesso possiamo spostarci verso il vero e proprio ossario lì in fondo al corridoio a destra. Il primo impatto è davvero macabro. Il senso iconografico è volto al positivo: la morte non può far paura ma è un passaggio dell’anima. Si tratta essenzialmente di teschi e femori che creano disegni di croce mentre le ossa sotto la cupola scrivono la M di Maria Addolorata; secondo la tradizione ponendosi al centro della cappella si dovrebbero ricevere degli influssi positivi dati dalla fonte d’acqua sottostante. Nella cupola è rappresentato ” Il trionfo delle anime” del Ricci. La leggenda dice che le ossa sopra l’ingresso principale siano di condannati a morte

Diamo un’occhiata veloce dell’esterno: la struttura di San Bernardino alle Ossa sembra la canonica mentre l’ossario sembra l’ingresso. Sulla destra c’è un offertorio del 700 con la scritta “date e vi sarà dato”.

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Ossa a formare la croce
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Offertorio del 700. Date e vi sarà dato
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Botola per la cripta ipogea dei disciplini
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Il trionfo delle anime del Ricci
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Ossa di condannati a morte

Alla scoperta del diurno in porta Venezia

Oggi andiamo sotto terra a scoprire un altro gioiello nascosto: sto parlando dell’Albergo Diurno Metropolitano in piazza Oberdan.

Fu inaugurato il 18 gennaio 1926, quindi compie oggi un bel 94 anni. Onestamente non è che se li porti benissimo però è stato donato dal comune di Milano al Fai ed è in restauro, questo mi fa ben sperare.

Sono riuscita a entrarci qualche anno fa perché straordinariamente aperto durante il periodo natalizio. Purtroppo queste mie fotografie non sono il massimo…

Fu l’ing. Cobianchi a portare in Italia i bagni diurni. Siamo nei primi anni 10 del 900 e la maggior parte delle abitazioni non aveva il bagno in casa, figurarsi poi la possibilità di farsi una doccia calda, una manicure, stirare una giacca. Erano tutti servizi previsti dai diurni ad un prezzo non basso ma accessibile in quanto non doveva essere un servizio d’élite ma rivolgersi ai lavoratori di passaggio o ai cittadini comuni.

Del Diurno Cobianchi in piazza del Duomo parleremo un’altra volta, anche quello è chiuso, mentre oggi ci dedichiamo a questo in porta Venezia opera del Portaluppi.

Occupava un’area di circa 1200 metri quadrati e aveva due ingressi con due pensiline in ferro battuto. Uno che prospettava su via Tadino dove c’era la zona termale e l’altro più o meno dov’è tuttora con tutta una serie di servizi come parrucchiere, estetista, lavanderia e più in là negli anni anche un’agenzia di viaggio. All’ingresso della zona terme è ancora presente una statua di Igea, dea della salute e dell’igiene.

Entrando sembra di rivivere i fasti della bella epoque dove erano presenti marmi e boiseries in legno, piastrelle decorate e vetri, mosaici in gres e rubinetterie in ottone.

L’ unico ingresso oggi lo trovate mentre scendete le scale che da piazza Oberdan vi portano in metropolitana: lì, tra le due rampe, c’è una porta chiusa con l’insegna “Albergo Diurno Venezia”.

In superficie invece che cosa è rimasto? Le due colonne di cui solo una è un camino mentre l’altra è stata costruita a puro scopo decorativo e una sola pensilina in quanto l’altra è andata perduta dopo la rimozione per i lavori della M1.

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listino prezzi servizi
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le due colonne camino
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la pensilina in ferro battuto
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ingresso manicure
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nome ufficiale

La pasticceria Cova

Sarà l’atmosfera natalizia, le luminarie accese, il freddo che secondo alcuni non è ancora arrivato ma, questi rimangono i giorni migliori per andare a provare le pasticcerie storiche di Milano.

Onestamente non sono ancora riuscita a capire qual è la mia preferita, ma di sicuro la pasticceria Cova è sul podio!

È stata fondata nel 1817 da Antonio Cova ex soldato napoleonico e negli anni ha cambiato diversi nomi da caffè a offelleria a pasticceria come la conosciamo anche noi oggi. Il primo locale era ubicato in piazza Scala e potete vederne l’immagine originale sulle tazzine. Qui, come in diversi altri caffè storici della città, si è fatta la storia: i patrioti delle V giornate si davano appuntamento a questo bancone o su questi divani per discutere come vincere gli austriaci. Fu distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e ricostruita dove si trova adesso, in Montenapoleone 8, in un palazzo progettato dal Piermarini.

Da brava sciuretta milanese quale sono, adoro andare da Cova a bermi un buon caffè e restare ammirata davanti alle sue vetrine. Un paio di anni fa invece, ho deciso di superare la timidezza verso questo luogo magico e mi sono accomodata al tavolo. Che splendore! Saranno stati gli alberi di Natale, il fermento che si respirava per la prima della Scala, il fatto di aver visto diversi signori un po’ agee in abiti eleganti però mi sono trovata subito catapultata in un’altra epoca fatta di eleganza, bon ton, raffinatezza. Ecco, tutto questo è la pasticceria Cova: un luogo che ha festeggiato un paio di anni fa i suoi primi 200 anni mantenendo intatti gli arredi: i divanetti blu, il tovagliato in lino chiaro, gli specchi e i lampadari.

Chissà se i giovani stranieri seduti ai tavoli vedevano tutto questo oppure per loro era un semplice break dalla frenesia dello shopping?

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La Ninetta del Verzee e il Carlin

“Bravo el mè Baldissar! Bravo el mè nan!

L’eva poeù vora de vegni a trovamm….

Bravo il mio Baldassarre! Bravo il mio ometto!

Era poi ora di venirmi a trovare….

 

Chi parla è la Ninetta del Verzee una delle opere più conosciute di Carlo Porta, il poeta dialettale milanese per eccellenza. L’anno prossimo oggi, 5 gennaio, saranno 200 anni dalla morte. Avete mai notato il suo monumento? Ci troviamo proprio dietro San Bernardino alle Ossa, al Verziere per l’appunto! Qui c’era il mercato di frutta verdura e fiori prima che venisse spostato.

Carlo Porta, il Carlin come lo chiamano i milanesi, è il papà della Ninetta, una prostituta che racconta la sua vita, in maniera molto esplicita, ad un cliente. Si tratta di un’ex venditrice di pesce al mercato del Verziere che in seguito ad una storia d’amore finita male si ritrova costretta a prostituirsi per sbarcare il lunario.

Il Porta raffigurato in questo monumento ha uno sguardo ironico e sembra che sia lì appoggiato alla colonna ad osservare le persone delle quali ha tanto parlato nelle sue opere.

Buon 2020

Buongiorno a tutti. Di solito a fine anno si fa il bilancio di quello appena passato e si scrivono i buoni propositi per quello che sta per arrivare.

Per quanto riguarda il bilancio ho solo che da ringraziarvi perchè siete in tantissimi. Chi mi segue solo sulla pagina Facebook, chi nei vari gruppi, chi su wordpress. Grazie a chi mi ha lasciato una recensione, un commento, una richiesta di informazioni, una condivisione di ricordi e anche a chi mi segue in maniera silente. Vi abbraccerei tutti ❤

I miei buoni propositi per il 2020 sono sempre gli stessi: vi porterò con me alla scoperta di altri luoghi inusuali, vi racconterò nuove storie, ci saranno ricette, tradizioni, chiese, cimiteri, arte moderna…insomma di tutto un po’ che spero vi farà piacere leggere.

Cominceremo il nuovo anno con Carlo Porta

Auguri a tutti quanti e ci sentiamo presto.

Ilaria

La grotta di Lourdes

Questa storia parte da lontano, da quando ero ancora una bambina, un luogo del cuore per così dire. Una delle mie nonne abitava dalle parti di corso Sempione, in una casa bombardata come diceva sempre. Non aveva avuto la fortuna di nascere tra gli agi, anzi, ma non se ne è mai lamentata. Credo che avesse visto il mare, la prima volta, già da nonna. Perché ve lo racconto? Perché vicino a casa sua c’era la grotta di Lourdes e lei ne era orgogliosa che fosse proprio lì, anche se l’originale ovviamente non l’aveva mai vista

Comunque come vi dicevo, un giorno che ero da lei, mi portò a visitare la famosa Madonnina. Non vi nascondo che rimasi stupita nel vedere una grotta con una Madonnina in centro città, e poi com’era grande. Non ci pensai più per dei secoli e poi oramai sono diversi anni che mia nonna è mancata.

Lo scorso anno invece, viene alla luce mio figlio. Dalla sala parto fisso per tutta la giornata un angelo in gesso che scopro poi essere uno degli angeli posti sulla facciata della basilica Santa Maria di Lourdes.

Ho deciso quindi di scriverne, perché non è una delle chiese più famose di Milano, chissà in quanti non ne conoscono l’esistenza, però insomma avere la copia della grotta di Lourdes non è da tutti!

Fu voluta da due fratelli, entrambi sacerdoti, come ringraziamento per aver guarito uno dei due da un male terribile. È stata eretta nel 1894 e a quei tempi in aperta campagna. Si dice che i due sacerdoti si dedicarono anima e corpo alla raccolta fondi, vendendo i mattoni a 10 centesimi l’uno; anche i genitori del futuro papa Paolo VI contribuirono. La grotta è annessa alla chiesa in stile bizantino dell’architetto Campanini e fu edificata, per volere dei parrocchiani, nel 1902

La scena riprodotta, con dovizia di particolari, è l’apparizione della Madonna a Santa Bernadette.

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Particolare della grotta di Lourdes
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Angelo di gesso
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Angelo di gesso

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Ci troviamo in via Induno. Fermata della metropolitana lilla (linea 5) Gerusalemme

I cimiteri extra moenia: il Fopponino di Porta Vercellina

“Ciò che sarete voi noi siamo adesso

Chi si scorda di noi scorda sé stesso”

Mi ricordo che quando ero ragazza passavo di qui in tram e la linea 29/30 che era circolare, faceva capolinea proprio su piazza Aquileia. La cappellina mi è sempre sembrata piuttosto macabra ma decisamente interessante. Era veramente difficile all’epoca saperne di più e quel memento mori era davvero inquietante.

La cappellina dei morti è lì dal 1640 mentre invece il cimitero è antecedente. Venne fatto costruire per poter seppellire i morti della peste di San Carlo. Si tratta del cimitero più antico di Milano e a seconda del periodo storico al quale facciamo riferimento è conosciuto anche come Fopponino di Porta Vercellina, di Porta Magenta o di San Giovanni alla Paglia.

Fopponino è forse una parola strana ma deriva del termine milanese “foppa” che indica buco, fossa e pertanto piccolo buco o piccola fossa.

La cappellina è chiusa da una grata e a terra, sotto una lastra di vetro trova posto un piccolo ossario con alcuni teschi di appestati.

La storia è decisamente lunga: parte dal 1578 dalla peste di San Carlo passa attraverso la seconda peste di Milano del 1630 e pertanto all’ampliamento del cimitero e arriva fino al 1964 quando è stata consacrata la nuova chiesa parrocchiale di San Francesco d’Assisi al Fopponino ad opera di Giò Ponti.

Varcando il portale d’ingresso, sul quale sono poste le copie di San Giovanni Battista e San Carlo Borromeo, (gli originali sono nella nuova chiesa) potrete vedere l’antica chiesa del Fopponino* diverse lapidi appoggiate al muro con indicazione della planimetria del luogo e della storia.

Qui al fopponino di Porta Vercellina sono stati sepolti alcuni personaggi illustri. Ricordiamo tra gli altri il celebre architetto Luigi Canonica, il patriota Amatore Sciesa, Margherita Barezzi la prima moglie di Giuseppe Verdi e l’unico figlio maschio avuto dalla coppia. Venne chiuso nei primi anni del 1900 quando i resti vennero traslati nei cimiteri di Musocco e Monumentale.

* Vorrei ringraziare la signora Scagliola che mi comunica gli orari in cui si può visitare l’antica chiesa: tutti i sabati 15.30/17.30 e le domeniche 10.30/12.30, grazie all’impegno dei parrocchiani.

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Ingresso con le copie delle statue di San Carlo Borromeo e San Giovanni Battista
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Planimetria
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La cappella del fopponino di Porta Magenta di Achille Beltrame presso il Museo di Milano
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Mascherone scaccia spiriti sopra la bottiglieria Bulloni

Sulle tracce dei Promessi Sposi

Non so quale sia la vostra età ma io sono degli anni 70 e ai miei tempi a scuola, si studiavano i Promessi Sposi.

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi…” c’erano dei pezzi che era obbligatorio imparare a memoria.

Ricordo quando Renzo e Lucia devono scappare da Don Rodrigo “Addio monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo” oppure quando Renzo torna a Milano a cercare Lucia e trova una città devastata dalla peste “Scendeva dalla soglia di uno di quegli usci e veniva verso il convoglio…” era l’episodio di Cecilia della quale parleremo più avanti quando andremo a visitare la casa del Manzoni e scopriremo una chicca.

Ma perché ne stiamo parlando? Beh, perché basta guardarsi intorno, dalle parti di Porta Orientale, (Porta Venezia per i più giovani! 😉) e trovare alcuni resti della città raccontataci dal Manzoni.

Partiamo da Palazzo Luraschi proprio al numero 1 di Corso Buenos Aires. Se passate al mattino il portone del cortile è aperto e allora potete scoprire questa meraviglia. Lo chiamano il cortile dei Promessi Sposi, in quanto le colonne di marmo provengono direttamente dal Lazzaretto e i busti scolpiti raffigurano i personaggi dei Promessi Sposi. Li riconoscete? Sono Renzo e Lucia ma, potete trovare anche la monaca di Monza, fra’ Cristoforo, Don Rodrigo… Di solito il custode non dice niente se sbirciate dal cancello sarà abituato oramai ma magari potreste chiedere di entrare a vedere tutto per bene.

Palazzo Luraschi oltre a essere un bellissimo palazzo di fine 800 porta con sé un’altra curiosità. È stato il primo palazzo di Milano a infrangere la norma della “servitù del Resegone” per la quale tutti i palazzi posti a nord della città non dovevano superare i 3 piani in modo da non impedire la vista del monte Resegone e delle Prealpi dai bastioni. Dato che Palazzo Luraschi ha 8 piani ed è stato costruito su luoghi di manzoniana memoria e per di più oscurando la vista di un monte così citato dal Manzoni, si dice che il Luraschi abbia voluto omaggiare il romanzo in questo modo. Lo sapevate?

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Se invece ci spostiamo verso largo Bellintani incontriamo la chiesa di San Carlo al Lazzaretto che è stata edificata per volere di San Carlo Borromeo sull’antica chiesa di Santa Maria alla Sanità a seguito della grande epidemia di peste. La chiesa venne costruita da Pellegrino Tibaldi, architetto di fiducia di San Carlo Borromeo e ha una pianta ottagonale; inizialmente era aperta su tutti i lati in modo che i pazienti del lazzaretto potessero assistere alla messa dalle loro celle. Eh sì perché quello che adesso sembra essere solo uno slargo una volta era il centro del cortile del Lazzaretto!

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E infine cerchiamo le celle del Lazzaretto o quello che ne è rimasto. Davvero pochissimo onestamente, ma le riconoscete? Ci troviamo in Via San Gregorio 5 presso la chiesa ortodossa greca dell’antico calendario. Queste in fotografia sono le finestre originali con i comignoli e un tratto del fossato originale, denominato “fontanile della sanità”.

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Una cascina in centro

Eccoci qua in via Andrea Doria, proprio a due passi dalla stazione centrale di Milano. Che cosa sono quei ruderi che spuntano tra i palazzi? Si tratta dei resti della cascina Pozzobonelli, la residenza di delizie fuori le mura acquistata a fine 400 da Gian Giacomo Pozzobonelli, nobiluomo vicino alla famiglia Sforza.

Ecco la curiosità e il motivo per cui ve ne parlo: sotto alcune campate del portico era raffigurata una veduta del Castello Sforzesco com’era nel 1521 prima del crollo. Si dice che Luca Beltrami, a fine 800, quand’era impegnato nella ristrutturazione del castello si servì di questo graffito per riprodurre la torre del Filarete così come siamo abituati noi adesso a conoscerla.

Il portale dei fauni

Rieccoci di nuovo dalle parti della Guastalla, si vede che la zona mi piace vero? Accanto alla Sinagoga, della quale abbiamo già parlato lo scorso anno, c’è questo bellissimo portale.

Sono raffigurati Adamo ed Eva ricoperti dalle foglie di fico, dei genietti con animali marini e i fauni.

Le iscrizioni latine riportano viviamo per l’acqua e vigila per vivere.

Questo portale era in un ninfeo di una villa napoletana.