Alla scoperta della vigna di Leonardo

Oggi andiamo a visitare una delle mie zone preferite di Milano, quella che si snoda intorno a Corso Magenta e entreremo nella casa degli Atellani a vedere la famosa vigna di Leonardo.

L’abitazione si trova proprio di fronte a Santa Maria delle Grazie e non è un caso. Si tratta di un palazzo del 400 circa restaurato e ristrutturato dal Portaluppi nei primi anni del 900.

Ma andiamo con ordine e immergiamoci brevemente nella vita che si svolgeva al tempo di Ludovico il Moro. Partiamo con il dire che qui si era in aperta campagna, zona di borghi dove l’economia era trainata dalla seta e dai vigneti. Il signore di Milano sogna per questa zona un quartiere residenziale alle porte del Castello dove alloggiare i principali cortigiani. Fa erigere Santa Maria delle Grazie come mausoleo del casato e chiama Leonardo da Vinci per affrescarne il refettorio. Pensa di costituire un borgo Sforzesco per i suoi funzionari aprendo la nuova San Vittore in asse con la pusterla di Sant’Ambrogio, e a fine 400 regala al nobile Giacomotto Atellani (suo cortigiano fedele) questa famoso palazzo. Gli Atellani abitarono qui fino al 17° secolo. Il palazzo passerà poi di mano fino al 1919 quando venne acquistato dal senatore Ettore Conti che affiderà al genero Portaluppi la totale ristrutturazione.

Durante la visita di questo luogo nascosto potrete ammirare gli appartamenti ristrutturati. Il Portaluppi infatti in 3 anni di lavoro trasforma le due abitazioni in un’unica struttura abbattendo alcuni muri e creando un solo ingresso. Il portico è in stile bramantesco e dai lavori emergono diverse pitture.

La stanza dello Zodiaco non si sa chi l’abbia dipinta. Nelle volte sono rappresentati i pianeti e sotto i segni zodiacali. Sulle pareti le stagioni, la carta geografica dell’Italia e i venti mentre sul pavimento i segni zodiacali e i pianeti. È la sala della commistione tra antico e moderno.

La sala dello scalone è la sala dove il Portaluppi realizza la scala di collegamento tra il piano superiore (sala degli specchi, del biliardo, da pranzo) con il pian terreno

Lo studio di Ettore Conti uno dei personaggi più importanti del 900. Magnate dell’industria elettrica italiana con il genero costruisce diverse centrali idroelettriche nelle valli alpine. Primo presidente dell’Agip, presidente di Confindustria e della Banca Commerciale è uno dei pochissimi italiani che non si faceva intimidire da Mussolini. Ha ristrutturato 2 volte la chiesa di Santa Maria delle Grazie pagandone la ricostruzione dopo i bombardamenti. Sopra il camino è esposto lo stemma di alleanza tra Cristina di Danimarca e Francesco II Sforza.

Il giardino era già stato ristrutturato dai precedenti proprietari, il Portaluppi lo ridisegnerà in maniera ottocentesca immaginando un viale costeggiato da cipressi, anfore vasi e fontane. Colloca una meridiana sulla parete e un astrolabio. E in fondo al giardino eccola spuntare: la vigna di Leonardo. Proprio quella vigna che Ludovico il Moro aveva donato a Leonardo in risposta alle lettere di sollecito che riceveva per il mancato pagamento del Cenacolo. Su questo terreno Leonardo avrebbe potuto costruire la sua casa e il suo laboratorio ma sappiamo che la storia è andata diversamente.

Quando il Portaluppi ristruttura il palazzo e il giardino non è minimamente interessato al recupero della vigna. Sarà invece Luca Beltrami a studiare i libri antichi e a cercare la posizione corretta. Si è capito che l’area era larga circa 60 metri e lunga circa 165 metri. Prospettava su via Carducci e confinava con i terreni del Monastero di San Girolamo e comprendeva un pezzo del giardino degli Atellani. Con queste informazioni, la fondazione Portaluppi e gli attuali proprietari hanno iniziato i lavori per riportarla alla luce. Tramite le fotografie del Beltrami sono stati ritrovati gli antichi vialetti e a seguito di uno studio effettuato su materiali organici ritrovati si è capito che il vitigno è la Malvasia di Candia Aromatica. Nel 2015 è stata ripiantata la vigna secondo i filari originari.

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Soffitto affrescato
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Portico
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Vigna di Leonardo
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La casa degli Atellani dal giardino
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Studio di Ettore Conti
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Cortile
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Sala dello Zodiaco

 

 

Una cascina in centro

Eccoci qua in via Andrea Doria, proprio a due passi dalla stazione centrale di Milano. Che cosa sono quei ruderi che spuntano tra i palazzi? Si tratta dei resti della cascina Pozzobonelli, la residenza di delizie fuori le mura acquistata a fine 400 da Gian Giacomo Pozzobonelli, nobiluomo vicino alla famiglia Sforza.

Ecco la curiosità e il motivo per cui ve ne parlo: sotto alcune campate del portico era raffigurata una veduta del Castello Sforzesco com’era nel 1521 prima del crollo. Si dice che Luca Beltrami, a fine 800, quand’era impegnato nella ristrutturazione del castello si servì di questo graffito per riprodurre la torre del Filarete così come siamo abituati noi adesso a conoscerla.

La sinagoga

Chi segue questo blog sa perfettamente che parliamo sempre di posti non famosissimi, ma a mio insindacabile parere degni di essere conosciuti.

Oggi per esempio vorrei portarvi a conoscere la Sinagoga di Milano che si trova proprio in pieno centro, praticamente ci troviamo dietro piazza del Duomo.  La facciata della sinagoga è del 1892 ed è del Beltrami in stile eclettico. Il portale ricorda il 500/600 mentre la parte superiore della facciata riporta a elementi di architettura ebraica/spagnola con ascendenze arabe.

Partiamo dall’inizio: a Milano c’è una Sinagoga ma non c’è un ghetto, non so se ci avete mai fatto caso! Il motivo è presto spiegato: per una legge degli Sforza gli ebrei non potevano fermarsi in città per più di 3 giorni consecutivamente, quindi avevano in città i propri commerci ma alla sera rientravano nelle loro case fuori città che erano principalmente nel pavese e nel mantovano. A partire da 1597 gli Spagnoli iniziarono a espellerli e poterono rientrare in città solamente dal 1800 circa. La maggior parte degli ebrei che vivono a Milano sono originari di Mantova. Grazie ai loro commerci e alle tasse pagate chiesero un prestito allo Stato Italiano per la costruzione della Sinagoga e affidarono il progetto a Luca Beltrami. Distrutta nella seconda guerra mondiale è stata ricostruita. Di originale è rimasta solo la facciata. Gli interni sono una ristrutturazione del 1996 e le vetrate sono di Roger Selden, un artista newyorkese che ha inserito tutti i simboli dell’ebraismo.

Vi lascio qualche foto dell’interno. Questa Sinagoga è ortodossa con la divisione per piano tra uomini e donne. Il pulpito è al centro della sala e le persone sono sedute intorno. Al centro c’è un muro con una tenda rossa: custodisce la Torah che è una pergamena alta 1,5 metri e lunga 7: è scritta a mano da uno scriba con un inchiostro vegetale.

La Sinagoga si trova in via della Guastalla e per entrare e visitarla dovrete necessariamente seguire una visita guidata.

Alla prossima

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Un tesoro nascosto: Palazzo Marino

Ara, bell’Ara discesa Cornara, de l’or fin, del cont Marin strapazza bardoch, dent e foeura trii pitocc, trii pessitt e ona massoeura, quest l’è dent e quest l’è foeura. Questo è il testo di un’antica filastrocca milanese che ci riporta a Tommaso Marino e alla costruzione del suo palazzo oggi casa del comune di Milano. La traduzione dovrebbe essere più o meno così: Ara, bell’Ara della famiglia Cornara, dai capelli oro fino, appartieni al conte Marino strapazza preti, dentro e fuori ci sono tre bravi, tre pesciolini e una mazza, questo è dentro e questo è fuori.

Ara era una giovane nobildonna veneziana che, purtroppo per lei, fu notata dal vecchio banchiere genovese Tommaso Marino in piazza San Fedele. La storia ci racconta che Tommaso Marino la chiese in sposa al padre di lei e questi rifiutò con la banale scusa che non l’avrebbe mai data in moglie ad un uomo che non possedeva almeno un palazzo come il suo a Venezia.

Detto fatto! Tommaso Marino affida l’opera a Galeazzo Alessi che aveva studiato a bottega da Michelangelo: il palazzo doveva essere alto, in pietra, con due torrette e lontano da altri edifici. Un castello praticamente! La pietra scelta è il marmo di Brembate, abbastanza morbido per essere scalpellato ma molto bello e senza macchie. I lavori partiranno a razzo il 04/05/1558 ma si interromperanno nel 1570 per mancanza di fondi; due anni dopo sia l’architetto che il Marino morirono. Nel 1885 la facciata che prospettava su piazza della Scala non era ancora costruita, nel 1892 venne affidato il lavoro a Luca Beltrami che non solo costruì la facciata che ancora oggi conosciamo come l’ingresso al palazzo ma ne restaurò gli interni, che dopo 250 anni di incuria non erano certo agibili. Il palazzo venne poi bombardato durante la guerra, rimasero intatte le pareti mentre andarono persi i soffitti che furono rifatti.

Ma chi era Tommaso Marino e cosa ci faceva a Milano? Perché si accompagnava ai bravi? Come mai i milanesi lo odiavano e i bambini, quando non venivano sentiti, intonavano la filastrocca di cui sopra?

Partiamo dall’inizio con la storia e poi entriamo insieme a vedere il palazzo. Tommaso Marino era un banchiere genovese, sposato con una Doria. Si trasferisce a Milano intorno ai 70 anni. Oltre a commercializzare pesce e sale, inizia a prestare denaro a usura agli Spagnoli prima, alla Francia, al Papa e in cambio chiede favori, titoli, privilegi, terreni…si aggiudica il monopolio del sale proveniente da Venezia e diretto a Genova e a Milano.

I bravi erano il suo esercito, erano quelle persone che “sistemavano” i suoi affari quando i milanesi erano insolventi e in più si occupavano di portarlo in giro con la sua carrozza d’oro.

La storia con la bell’Ara come è andata a finire? Beh, i due si sposarono e dal loro matrimonio nacque Virginia che sposò Martino di Leyva e dal loro matrimonio nacque nel gennaio 1576, Marianna, la monaca di manzoniana memoria. Quindi Tommaso Marino era il nonno della monaca di Monza! In piazza San Fedele, dove al centro c’è la statua del nostro buon don Lisander (Alessandro Manzoni), se guardiamo al primo piano all’angolo verso la chiesa di San Fedele, possiamo vedere le vetrate della stanza dove nacque la sfortunata. La storia racconta che la nostra bell’Ara si suicidò impiccandosi nella sua casa di campagna a Gaggiano, in provincia di Milano.

Tommaso Marino era davvero odiato e si dice che una maledizione sia stata scagliata contro il palazzo. Mucchio di pietre, costruito con molte rapine, o crollerà, o brucerà, o un altro ladro lo ruberà. Effettivamente le cose per Tommaso Marino non finirono in gloria, anzi.

Entriamo a curiosare un po’! Con la visita guidata si vedranno diverse sale, noi ne guarderemo solo qualcuna insieme, quelle che maggiormente hanno attirato la mia attenzione.

La sala degli Arazzi è la prima: alle pareti ci sono degli arazzi provenienti dalle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco. Il più antico, del quale sotto vedete la fotografia, è del 1560 e proviene da Bruxelles, rappresenta Perseo e Bellerofonte che combattono contro le belve.

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La sala della Trinità ha invece alle pareti degli affreschi che sono stati strappati dalla vecchia chiesa di San Vito in Pasquirolo, e dalla chiesa di San Vincenzino non più esistente. La Trinità con la colomba grigia, che vedete qui sotto è del Fiamminghino.

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La sala Alessi è il grande salone d’onore e deve il suo nome all’architetto che ha progettato il palazzo. Fino al cornicione superiore è originale mentre il resto è stato ricostruito dopo i bombardamenti della RAF. Qui si possono vedere i bassorilievi di terracotta decorati, 12 affreschi raffiguranti 9 muse e 3 divinità e due busti in coccio pesto sopra le porte che rappresentano Ares o Marte. Il pavimento è in marmo di Candoglia.

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In questa sala c’è anche un gonfalone dell’800 e rappresenta S. Ambrogio con gli stemmi delle 6 porte romane, sotto la scrofa semilanuta. L’originale è del ‘500 ed è al Castello Sforzesco.

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La sala verde è intitolata dal 2004 a Giovanni Marra, ex presidente del consiglio comunale. In questa sala nacque la monaca di Monza. Alle pareti una specchiera rococò del 18° secolo e una bellissima copia de “la fruttivendola” del Campi. L’originale è a Brera. Le porte sono in marmo di Carrara e il lampadario in cristallo di Boemia.

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Il cortile d’onore è originale del ‘500, è in stile manierista e su due livelli. Le colonne sono in granito e la decorazione in marmo di Brembate come tutta la parte del palazzo voluta dal Marino.

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Per finire, la sala della Giunta con alle pareti 3 grandi affreschi del Tiepolo che sono stati strappati da Palazzo Dugnani.

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Il palazzo è visitabile gratuitamente prenotando via mail all’indirizzo: DSCOM.VisitePalazzoMarino@comune.milano.it

Il cimitero Monumentale, un museo a cielo aperto

Anche di musei abbiamo parlato poco in questi mesi, ma vi prometto che ci rifaremo, ne ho qualcuno da parte davvero interessante!

Oggi però voglio rendervi partecipi di uno dei luoghi che amo di più in assoluto di Milano, il cimitero Monumentale. Prima di tutto, non ci sono più scuse per non andare a visitarlo: la fermata della metro lilla è a due minuti a piedi dall’entrata, l’ingresso è gratuito e sotto il porticato di sinistra vi danno una cartina con i principali monumenti, per poterlo girare in autonomia. Qui al monumentale faremo diversi giri, ve lo annuncio già, d’altra parte parliamo di 250.000 metri quadrati. Se non ci siete mai entrati io direi di partire dall’inizio, dal Famedio, o per così dire dal tempio della fama, che ne dite?

Brevemente vi dico che questo cimitero è nato dalla soppressione di tante piccole realtà cimiteriali troppo in centro alla città. Siamo nella seconda metà dell’800 e i fopponi erano delle realtà a metà tra le fosse comuni e i cimiteri veri e propri. Gli unici cimiteri a uso specifico erano il Lazzaretto e la Besana (sì, dove adesso c’è il museo dei bambini, il MUBA). Nel 1863 viene approvato il progetto del Maciachini, celebrativo di un’Italia appena unita e in stile eclettico.

Mescola tutti gli stili del passato. Viene usata la pietra rossa della Valcamonica che richiama lo stile romanico, il marmo bianco per la classicità, la decorazione a fregio rimanda al gotico lombardo, le cupole esagonali al rinascimento e il mosaico a fondo oro alla cultura bizantina.

Guardiamo bene la facciata: è bianco a righe nere come i monumenti toscani dell’epoca, la decorazione interna è pseudo-bizantina, mentre le lunette del Pogliaghi, sopra gli ingressi del famedio, rappresentano la luce, la fama e la storia.

Il Famedio nasce come chiesa cattolica, ma viene poi trasformato in tempio della fama: si tratta del raccordo tra i cittadini di Milano e l’eternità. Nella parte alta del famedio vengono celebrati gli ILLUSTRI cioè quelli che per meriti letterari, artistici o scientifici hanno dato lustro alla città di Milano dal IV al XVIII secolo. Appena sotto i BENEMERITI che sono vissuti tra il 1750 e il 1850 e sotto ancora i DISTINTI DELLA STORIA vissuti dal 1850 ad oggi e che hanno contribuito all’evoluzione nazionale.

I nomi presenti nel famedio sono solo citazioni. Le uniche sepolture presenti sono quelle qui di seguito riportate.

Al centro troviamo il sarcofago del Manzoni che inaugura il famedio nel 1873. Gli angeli neri che decorano la base del monumento sono di Giannino Castiglioni e il sarcofago è rialzato dal suolo come a innalzarne ulteriormente la memoria. A Giannino Castiglioni dobbiamo tra l’altro la porta del Duomo dedicata a S. Ambrogio, la statua di San Francesco in piazza S. Angelo, il Cristo Re sulla facciata della Cattolica

Luca Beltrami ancora oggi il restauro filologico lo dobbiamo a lui per la salvaguardia dei monumenti. Per darvi degli esempi ha restaurato il Castello Sforzesco, ha compiuto gli studi per ritrovare la vigna di Leonardo presso la casa degli Atellani, ha costruito la facciata di Palazzo Marino per la parte che dà su piazza della Scala, ha restaurato la Sinagoga dopo i bombardamenti della guerra…

Carlo Cattaneo fonda la rivista “il politecnico” facendo alta tiratura ad un prezzo contenuto. Innalza la cultura di massa, dà una spinta alla sociologia. Il suo pensiero era rivolto a tutti quelli che arrivavano a Milano, da qualsiasi posto, e dovevano essere in grado di poter studiare e elevarsi.

Giuseppe Verdi viene ricordato per meriti filantropici nella Milano di fine 800. Dalla borghesia si stava passando all’imprenditoria, c’erano le prime masse operaie con i primi scioperi e le prime proteste. Verdi è sempre stato uno dei personaggi più amati di Milano. L’architetto è Giuseppe Grandi, l’artista del monumento delle V giornate. Il maestro riposa nella casa di riposo da lui voluta in piazzale Buonarroti.

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Sulle tracce di Leonardo

Ho pensato che potremmo iniziare questo percorso sulle tracce di Leonardo dal Museo della Scienza e della Tecnologia. Il museo è molto grande e ci sono davvero tantissimi settori da vedere. Ci sono stata con i miei nipoti qualche sabato fa per entrare nel sottomarino Toti; loro però sono rimasti entusiasti dal lungo corridoio delle macchine disegnate da Leonardo. Si tratta di modellini in legno che riproducono i progetti che il maestro ci ha lasciato nei vari codici. Li abbiamo fotografati tutti!

Usciti dal museo direi che possiamo incamminarci verso il refettorio di Santa Maria delle Grazie per vedere il Cenacolo e la dirimpettaia vigna. Beh, del Cenacolo che cosa dobbiamo dire? È un miracolo che sia arrivato ai giorni nostri. Il mio suggerimento è di entrarci con una visita guidata che vi spieghi bene il periodo storico, la scelta della tecnica e la fortuna che abbiamo avuto nel superare la guerra mondiale (non dimentichiamoci che Milano è stata la città italiana più bombardata).

Vi lascio solo un paio di curiosità in merito, qualora non vi capitasse la mia guida.

Il dipinto si basa sul vangelo di Giovanni nel quale Gesù annuncia che verrà tradito da uno degli apostoli. “in verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”. È a questo punto che Leonardo ambienta la scena. Gesù e gli apostoli sono rappresentati tutti dallo stesso lato della tavola e le figure rappresentate sono a gruppi di tre. Goethe durante un suo soggiorno in Italia disse che solo un italiano avrebbe potuto dipingere una cosa del genere, con tutto quel movimento di mani, teste, espressioni! Se nessuno dovesse dirvelo, quando siete nel refettorio, mettetevi circa al centro e inginocchiatevi: questa è la visuale che avevano i frati ai tempi di Leonardo, ne resterete sorpresi, prende tutta un’altra piega.

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Bene, adesso usciamo e andiamo a vedere la vigna di Leonardo presso la Casa degli Atellani che è stata aperta nel 2015 grazie a Expo. Si racconta che nel 1499 Ludovico il Moro donò a Leonardo da Vinci una vigna da 16 pertiche situata nei campi della vigna di San Vittore. Ludovico il Moro non aveva ancora pagato il Cenacolo e continuava a ricevere solleciti da Leonardo, pertanto pensò che questo era il modo migliore per liberarsi dalle lettere di sollecito. La storia della vigna attraverso i secoli è lunga, dobbiamo ringraziare Luca Beltrami e i suoi studi sui documenti dell’epoca se abbiamo indicazioni precise. Confinava con i terreni del monastero di San Girolamo e comprendeva un pezzo del giardino degli Atellani. Basandosi su questi dati sono iniziati i lavori per riportarla alla luce.

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Dopo aver visto queste tre opere ci possiamo dirigere verso il Castello Sforzesco, passando per piazza Cadorna. Sono due le opere custodite: il quaderno degli appunti scritto da Leonardo nel suo primo soggiorno a Milano, e la sala delle Asse. Il primo come dicevamo, è il codice Trivulziano conservato nella Biblioteca Trivulziana mentre sulla seconda….beh… ne sapremo di più penso a inizio 2019 quando finalmente dovrebbe aprire al pubblico. Si tratta di una sala dove gli Sforza ospitavano gli ambasciatori. La fecero affrescare da Leonardo che dipinse sul soffitto rami, foglie, corde. Quando poi Milano passò sotto i francesi la sala fu adibita a stalla e fu imbiancata. I lavori sono in corso, sono iniziati grazie a Expo.

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Oramai siano in Cairoli, possiamo pensare di prendere la metropolitana lilla e dirigerci a vedere il Cavallo di Leonardo all’ippodromo. La statua è ispirata ai calcoli di Leonardo: l’idea era quella di costruire la statua equestre più grande al mondo. Le cose andarono diversamente, Milano passò sotto i francesi e Leonardo lasciò il granducato. Alla fine degli anni 70 un ex pilota americano, amante di Leonardo da Vinci, lesse la storia di quest’opera mai compiuta e decise di raccogliere fondi per riuscire a costruirlo e donarlo alla città di Milano come ringraziamento per aver fatto lavorare Leonardo. L’opera si trova nel cortile dell’ippodromo dalla fine degli anni 90.

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Per adesso vi saluto qui, ci rivedremo presto per scoprire altre curiosità di Leonardo in giro per la città.

Informazioni pratiche:

  • Il museo della scienza e della tecnologia si trova sulla metro verde fermata Sant’Ambrogio.
  • Il Cenacolo e la casa degli Atellani li trovate sulla metro rossa, fermata Conciliazione
  • Il Castello Sforzesco, metro rossa fermata Cadorna e Cairoli Castello
  • Il Cavallo di Leonardo metro lilla fermata San Siro Stadio

Se invece volete sapere con chi ho fatto le mie visite guidate al cenacolo, scrivetemi che vi do i riferimenti 🙂

 

Andiamo a bere al drago verde?

Uno dei simboli di Milano sono sicuramente le fontanelle dell’acqua potabile sparse per la città.
Le chiamiamo vedovelle o draghi verdi: sono in ghisa e dipinte di verde scuro, riportano lo stemma del comune e sulla cima hanno una grossa pigna. Alla base hanno una bacinella per raccogliere l’acqua e probabilmente serviva per far abbeverare gli animali.

Si chiamano vedovelle perchè dal rubinetto sgorga incessantemente un filo d’acqua e pertanto ricordano il pianto delle vedove. Invece il nome drago verde deriva dal fatto che il rubinetto è in ottone a forma di drago.

La leggenda narra che la prima vedovella sia quella istallata in piazza della Scala verso la fine degli anni Venti del ‘900 (foto a sinistra). E’ l’unica realizzata in ottone dorato ed è incorniciata da una greca in mosaico e fu disegnata dall’architetto Luca Beltrami.

Qui sotto vi lascio in link se volete vedere dove sono posizionate le fontanelle in città
https://www.fontanelle.org/Mappa-Fontanelle-Milano-Lombardia.aspx