La palazzina liberty

Oggi ci troviamo al parco Formentano, in largo Marinai d’Italia. Il parco è intitolato al fondatore dell’Avis e per questo motivo potete trovare in sua memoria una scultura in bronzo raffigurante due donatori del sangue. Ovviamente però, non siamo qui per questo ma di quella bellissima palazzina liberty che vedete in foto.

Vi ricordate quando a gennaio abbiamo parlato della Ninetta del Verziere e dicevamo che da Via Larga il mercato ortofrutticolo fu spostato? Eccoci qui appunto.

La palazzina fu costruita nel 1908 ed era l’edificio centrale del mercato ortofrutticolo, il luogo dove avvenivano le contrattazioni dei commercianti tra il 1911 e il 1965, prima che l’ortomercato venisse nuovamente spostato. L’edificio liberty ospitava tra l’altro un caffè ristorante.

In facciata ci sono tutti gli elementi che abbiamo imparato a conoscere: il ferro battuto sulle vetrate con fiori e grappoli d’uva, le bellissime ceramiche colorate della ditta Gregori di Treviso, e il cemento con decorazioni floreali.

Il mercato come dicevamo si trasferirà un’altra volta e la palazzina a quel punto verserà in condizioni di grande degrado fino al 1974 quando Dario Fo e Franca Rame ne riadattarono gli spazi per la loro compagnia. Nei primi anni 90 viene nuovamente ristrutturata e dal 1994 diventa la sede della civica orchestra di fiati di Milano con un cartellone interessante di musica classica e sinfonica.

83224212_10217735183994765_5050074556308221600_o
Palazzina Liberty
106117671_10217735138393625_3662469659664577138_o
Scultura in bronzo in memoria del ondatore dell’Avis
106264726_10217735191434951_8405868401620168757_o
Ceramiche della ditta Gregori di Treviso

106271388_10217735162474227_2247207050180744227_o

106298416_10217735147993865_8019814874448113021_o
Decorazioni in ferro battuto

Casa Campanini

Oggi ci troviamo in via Bellini e siamo alla scoperta di un altro gioiello liberty della nostra città. Davanti a noi spicca l’ingresso di casa Campanini, l’abitazione dell’architetto Campanini. Fu costruita nel 1904 e strizza un po’ l’occhio a Palazzo Castiglioni, del quale abbiamo parlato qualche settimana fa.

Le cariatidi in cemento ai lati del portone sono opera di Michele Vedani, sono meno imponenti di quelle presenti su palazzo Castiglioni ma non meno decorative.

Avevo avuto la fortuna di seguire una visita guidata sul liberty e grazie alla nostra guida siamo riusciti ad entrare in questo palazzo: il custode fu molto gentile a consentirci di guardare intorno e fare fotografie e quindi, vi porto con me!

Prima di varcare il cancello verde in ferro battuto opera del Mazzucotelli diamo un’occhiata alla facciata dove oltre alle cariatidi troviamo delle decorazioni in ferro anche sulle finestre e motivi floreali in cemento.

Ok ci siamo, abbiamo varcato la soglia e siamo nell’ingresso. Se alziamo gli occhi possiamo ben vedere la prima decorazione liberty: mazzi di ciliegie che adornano il soffitto. Attenzione, diversamente da altri palazzi milanesi, questo ha mantenuto gli interni originali, come i ferri della gabbia dell’ascensore, le pitture, gli arredamenti, i vetri colorati delle porte e le ceramiche.

Eccoci, andiamo a buttare un occhio alle scale dove possiamo ammirare diverse decorazioni sempre in stile floreale e alcune anche con motivi geometrici.

Infine una sosta nel cortile interno dove possiamo ammirare un bellissimo glicine addossato ad un’ala del palazzo; purtroppo quando sono andata io non era fiorito ma, fateci caso quando guardate le fotografie di Milano dove appare un grande glicine fiorito contro una parete giallina, di solito si tratta di questo albero!

Le facciate interne dei palazzi sono anche loro decorate, alcune hanno una greca nei colori del verde e azzurro con fiori e animali, altre sembrano campanelle, altre ancora hanno motivi floreali.

Bene, vi lascio qui ad ammirare il locale del custode con gli arredi originali e tutto l’apparato decorativo che non vi ho descritto.

84388572_10217718578779645_5687988082038332130_o
Ingresso con mazzi di ciliegie
97993116_10217361137563838_1698286204060958720_o
Locale del custode
98172964_10217396728613592_1654397853113516032_o
Decorazioni floreali cortile interno
98203466_10217396656931800_1758901502711169024_o
Cancello in ferro battuto
98204222_10217396430846148_5668334907676426240_o
Decorazione interna
98599416_10217396642211432_5047396285804445696_o
Vetri policromi originali
98887965_10217396407765571_1393860378114392064_o
Glicine
99013768_10217396714413237_6647792634637058048_o
Decorazione vano scale
99274724_10217396498247833_9017224060597174272_o
Decorazione vano scale
99296953_10217396737653818_8516156846380154880_o
Cortile interno
99422056_10217396630171131_3682298229929541632_o
Decorazione vano scale
99423992_10217396679092354_6594470632837087232_o
Decorazione cortile interno

Alla scoperta di Porta Nuova

Questa settimana cambiamo totalmente argomento e andiamo a conoscere uno dei nuovi quartieri di Milano. Siamo in porta Nuova e alle nostre spalle abbiamo Corso Como, una strada di poco meno di 300 metri che ancora in epoca romana serviva per raggiungere la città di Como.

L’area ha subìto negli anni diverse trasformazioni, la prima quando nel 1865 venne costruita la stazione ferroviaria che ha di fatto creato un taglio tra il centro e il quartiere dell’Isola. A metà degli anni 2000 invece, la seconda ristrutturazione dell’area e la costruzione del complesso Porta Nuova.

Perché ne parliamo? Semplicemente perché magari non avete fatto caso a tutta una serie di cose oppure come me siete curiosi di saperne il più possibile. Bene, andiamo

La prima opera che incontriamo è la voce della città di Alberto Garutti, professore di Brera. Si tratta di 23 tubi in alluminio ossidati in ottone che ricordano delle trombe. Serve a mettere in comunicazione la città sotterranea con quella sovrastante.

Area Cesar Pelli progettata dall’argentino Cesar Pelli. Si tratta di un’area pedonale per passeggiare, incontrarsi. Nasce dall’idea dell’agorà greca. La piazza è sopraelevata di 6 metri e ha una forma ondulata con panchine e fontane che ricordano i giardini pensili romani. Al centro della piazza il solar tree progettato da Artemide. Si illumina con la luce del giorno.

L’Unicredit Pavillon è stato realizzato un po’ prima di Expo dall’architetto Michele de Lucchi, lo stesso del padiglione Uno. Il legno è il suo materiale preferito e si tratta di uno spazio polifunzionale. A forma di seme da cui può nascere qualcosa con l’obiettivo di crescita culturale dell’area.

Piazza Alvar Aalto progettata dallo studio Arquitec Tonica di Miami. Hanno giocato sui materiali e sui colori. Concept americano di appartamenti e spazi comuni. La tre torri Solaria, Solea e Aria hanno i vetri opachi nella parte bassa e trasparenti sopra.

Da qui possiamo ammirare il bosco verticale di Stefano Boeri. Si tratta di un complesso di due torri residenziali che ospitano circa 800 piante con l’idea di eliminare parte dell’inquinamento. Nella parte alta, delle gru servono alla manutenzione del verde. Il progetto è “una casa per le piante che ospita anche le persone” e infatti anche i materiali, come il gres porcellanato delle pareti, è stato scelto perché riprende il colore della corteccia degli alberi.

 

97990789_10217358187930099_998982016928055296_o
Bosco Verticale
98195793_10217358120008401_7234957068212371456_o
Le voci della città
98303112_10217358191250182_3590034674484772864_o
Le torri Solaria, Solea e Aria
98807620_10217358181089928_538718946233155584_o
Unicredit Pavillon

Un tesoro nascosto: Palazzo Clerici

Eccomi qua con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia per raccontarvi di uno dei palazzi più belli di Milano che, come di consueto, è sconosciuto ai più. Se vi interessa andare a vederlo trovate in fondo le modalità di prenotazione per una visita guidata che non vi lascerà delusi.

Bene, partiamo. Ci troviamo in via Clerici, in pieno centro storico. La via non è molto ampia e anche l’ingresso del palazzo è piuttosto limitato: come per il palazzo Bolagnos Visconti (che avevamo visitato questa primavera) anche in questo caso sono stati acquistati immobili vicini per aumentarne la cubatura. Qui una volta si era in contrada del prestino dei Bossi nel sestiere di Porta Comasina. I Clerici erano una famiglia originaria dell’area di Como che, all’inizio del 1600 si occupava di attività mercantili vendendo tele ai mercanti tedeschi. Nel 1653 quando decidono di trasferirsi a Milano per dare maggiore visibilità alla famiglia e affiancano all’attività principale quella di usurai, acquisiscono il palazzo dai Visconti.

44227743_10213157773202356_2509285323578540032_n.jpg

La grandezza attuale fu raggiunta nel 1695, ma gli anni di massimo splendore arrivarono tra il 1730 e il 1760 con Anton Giorgio Clerici che per abbellire il palazzo chiamò diversi artisti dell’epoca.

Ok, diamo un’occhiata generale prima di entrare ad ammirare la nostra piccola Versailles, la galleria del Tiepolo. Appena superato il cortile d’onore, pensato per le manovre delle carrozze, incontriamo la bellissima scalinata a 3 rampe con sculture di soggetti femminili orientaleggianti che risolvono il dislivello e danno un’idea di cosmopolitismo. Sul soffitto un affresco di Mattia Bortoloni di Rovigo del 1696, uno dei maggiori aiuti del Tiepolo. Si tratta de “L’apoteosi di Giorgio II”.

Ci sono alcune sale pregevoli prima di arrivare alla galleria del Tiepolo, come la galleria degli stucchi o la sala da ballo, potete vedere un paio di fotografie qui sotto ma, noi siamo qui per ben altro!

Eccoci finalmente giunti. Varchiamo la soglia. Che cosa ve ne sembra?

38301106_10212591885735523_5148545230936473600_o.jpg

Una piccola Versailles come dicevamo. Il riferimento dovevano essere le dimore austriache. La galleria è lunga 22 metri e larga 5,26 metri.

L’affresco rappresenta “La corsa del carro del Sole attraverso il cielo abitato dalle deità dell’Olimpo e circondato da creature terrestri e dagli animali che stanno a simboleggiare i continenti”. La commissione ha uno scopo autocelebrativo e per la casa d’Austria.

Diamo uno sguardo veloce ai lati lunghi e partiamo con il mito di Proserpina: Demetra con Flora non si accorgono che Proserpina viene rapita da Plutone, re dell’Ade. Il pipistrello è il simbolo di Proserpina mentre quella che si intravede con le spighe è la dea Cerere. Qui vediamo anche Dioniso con il piede ciondolante che ci porta all’allegoria dell’Asia. Una grande coppia di cammelli con mercanzie orientali e il cammelliere che si appoggia con il piede alla boiserie ci indica di procedere verso l’America. L’ultima scena invece è l’allegoria del mare: due ragazzini sdraiati che soffiano, sono gli zefiri che soffiano verso Teti che è una nereide con i coralli in testa.

Nel lato breve invece abbiamo l’allegoria della musica e dell’arte. Un angelo svolazzante regge una tavolozza di colori e accanto al putto si nota un volto che ha le sembianze del Tiepolo stesso. Il nano di corte si lega alla boiserie e alla scena principale.

44635446_10213175260519528_6740480253677797376_n.jpg

Nel secondo lato lungo incontriamo l’allegoria dell’Africa e subito dopo l’Europa. L’ultima allegoria è il ratto di Venere da parte di Saturno e rappresenta la caducità del tempo. Venere, la bellezza è rapita dal tempo con falce e ali nere.

44416512_10213157772602341_6109503460011409408_n.jpg

Al centro Carro del Sole preceduto da Mercurio e sullo sfondo il cielo striato da nubi bianche e rosate.

44614928_10213175258079467_5220159472680304640_n.jpg

Nel salone, oltre al dipinto di grande pregio, possiamo notare gli arazzi fiamminghi che fanno parte dell’ultimo intervento decorativo e rappresentano le storie di Mosè, la boiserie in puro riferimento Versailles e aristocrazia viennese lavoro di botteghe storiche milanesi con motivi decorativi della Gerusalemme Liberata.

Nella parte inferiore troviamo specchiere e motivi monocromi di colore marrone/dorato di gusto orientaleggiante a tema di guerra.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Bene, non voglio annoiarvi ulteriormente. Sappiate solo che palazzo Clerici è di proprietà dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) e che periodicamente è possibile visitare il corridoio del Tiepolo collegandosi direttamente a questo link e seguendo le indicazioni: https://www.ispionline.it/it/palazzo-clerici/visite-guidate

A presto!

L’acquario civico

L’estate scorsa con i miei nipoti novenni siamo andati a vedere l’acquario civico di Milano, perchè anche noi abbiamo il nostro bell’acquarietto. Certo, quelli di Genova e di Valencia sono un’altra cosa ma, il nostro è del 1905 ed è liberty, ovviamente! E’ stato costruito ai margini del parco Sempione ed è dell’architetto Locati. Si tratta del padiglione della piscicoltura dell’Expo che si fece a Milano nel 1906 e fu l’unico padiglione che non venne smantellato alla chiusura della manifestazione.

Al centro della facciata, sopra alla fontana con l’ippopotamo (immagine di copertina) c’è una grande statua di Nettuno. Sulle pareti esterne dell’acquario ci sono una marea di tondi con animali marini quali polpi, granchi, lumache. Le ceramiche decorative sono ovviamente della Richard Ginori e le parti decorative di cemento sono della ditta Chini.

L’acquario si sviluppa su due livelli: al piano terreno ci sono le vasche con i pesci e gli organismi marini mentre al piano superiore c’è l’accesso alle terrazze dalle quali si può vedere il giardino.

Si trova in viale Gadio 2, tra il parco Sempione, l’arena e il castello. La fermata della metropolitana più vicina è Lanza sulla verde.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Un tesoro nascosto: Palazzo Marino

Ara, bell’Ara discesa Cornara, de l’or fin, del cont Marin strapazza bardoch, dent e foeura trii pitocc, trii pessitt e ona massoeura, quest l’è dent e quest l’è foeura. Questo è il testo di un’antica filastrocca milanese che ci riporta a Tommaso Marino e alla costruzione del suo palazzo oggi casa del comune di Milano. La traduzione dovrebbe essere più o meno così: Ara, bell’Ara della famiglia Cornara, dai capelli oro fino, appartieni al conte Marino strapazza preti, dentro e fuori ci sono tre bravi, tre pesciolini e una mazza, questo è dentro e questo è fuori.

Ara era una giovane nobildonna veneziana che, purtroppo per lei, fu notata dal vecchio banchiere genovese Tommaso Marino in piazza San Fedele. La storia ci racconta che Tommaso Marino la chiese in sposa al padre di lei e questi rifiutò con la banale scusa che non l’avrebbe mai data in moglie ad un uomo che non possedeva almeno un palazzo come il suo a Venezia.

Detto fatto! Tommaso Marino affida l’opera a Galeazzo Alessi che aveva studiato a bottega da Michelangelo: il palazzo doveva essere alto, in pietra, con due torrette e lontano da altri edifici. Un castello praticamente! La pietra scelta è il marmo di Brembate, abbastanza morbido per essere scalpellato ma molto bello e senza macchie. I lavori partiranno a razzo il 04/05/1558 ma si interromperanno nel 1570 per mancanza di fondi; due anni dopo sia l’architetto che il Marino morirono. Nel 1885 la facciata che prospettava su piazza della Scala non era ancora costruita, nel 1892 venne affidato il lavoro a Luca Beltrami che non solo costruì la facciata che ancora oggi conosciamo come l’ingresso al palazzo ma ne restaurò gli interni, che dopo 250 anni di incuria non erano certo agibili. Il palazzo venne poi bombardato durante la guerra, rimasero intatte le pareti mentre andarono persi i soffitti che furono rifatti.

Ma chi era Tommaso Marino e cosa ci faceva a Milano? Perché si accompagnava ai bravi? Come mai i milanesi lo odiavano e i bambini, quando non venivano sentiti, intonavano la filastrocca di cui sopra?

Partiamo dall’inizio con la storia e poi entriamo insieme a vedere il palazzo. Tommaso Marino era un banchiere genovese, sposato con una Doria. Si trasferisce a Milano intorno ai 70 anni. Oltre a commercializzare pesce e sale, inizia a prestare denaro a usura agli Spagnoli prima, alla Francia, al Papa e in cambio chiede favori, titoli, privilegi, terreni…si aggiudica il monopolio del sale proveniente da Venezia e diretto a Genova e a Milano.

I bravi erano il suo esercito, erano quelle persone che “sistemavano” i suoi affari quando i milanesi erano insolventi e in più si occupavano di portarlo in giro con la sua carrozza d’oro.

La storia con la bell’Ara come è andata a finire? Beh, i due si sposarono e dal loro matrimonio nacque Virginia che sposò Martino di Leyva e dal loro matrimonio nacque nel gennaio 1576, Marianna, la monaca di manzoniana memoria. Quindi Tommaso Marino era il nonno della monaca di Monza! In piazza San Fedele, dove al centro c’è la statua del nostro buon don Lisander (Alessandro Manzoni), se guardiamo al primo piano all’angolo verso la chiesa di San Fedele, possiamo vedere le vetrate della stanza dove nacque la sfortunata. La storia racconta che la nostra bell’Ara si suicidò impiccandosi nella sua casa di campagna a Gaggiano, in provincia di Milano.

Tommaso Marino era davvero odiato e si dice che una maledizione sia stata scagliata contro il palazzo. Mucchio di pietre, costruito con molte rapine, o crollerà, o brucerà, o un altro ladro lo ruberà. Effettivamente le cose per Tommaso Marino non finirono in gloria, anzi.

Entriamo a curiosare un po’! Con la visita guidata si vedranno diverse sale, noi ne guarderemo solo qualcuna insieme, quelle che maggiormente hanno attirato la mia attenzione.

La sala degli Arazzi è la prima: alle pareti ci sono degli arazzi provenienti dalle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco. Il più antico, del quale sotto vedete la fotografia, è del 1560 e proviene da Bruxelles, rappresenta Perseo e Bellerofonte che combattono contro le belve.

36395655_10212370924411628_7102650815407456256_n.jpg

La sala della Trinità ha invece alle pareti degli affreschi che sono stati strappati dalla vecchia chiesa di San Vito in Pasquirolo, e dalla chiesa di San Vincenzino non più esistente. La Trinità con la colomba grigia, che vedete qui sotto è del Fiamminghino.

36361681_10212370924811638_8604550554686849024_n.jpg

La sala Alessi è il grande salone d’onore e deve il suo nome all’architetto che ha progettato il palazzo. Fino al cornicione superiore è originale mentre il resto è stato ricostruito dopo i bombardamenti della RAF. Qui si possono vedere i bassorilievi di terracotta decorati, 12 affreschi raffiguranti 9 muse e 3 divinità e due busti in coccio pesto sopra le porte che rappresentano Ares o Marte. Il pavimento è in marmo di Candoglia.

36389787_10212370925211648_7177049377075101696_n.jpg

In questa sala c’è anche un gonfalone dell’800 e rappresenta S. Ambrogio con gli stemmi delle 6 porte romane, sotto la scrofa semilanuta. L’originale è del ‘500 ed è al Castello Sforzesco.

36394575_10212370925731661_1645972205315555328_n.jpg

La sala verde è intitolata dal 2004 a Giovanni Marra, ex presidente del consiglio comunale. In questa sala nacque la monaca di Monza. Alle pareti una specchiera rococò del 18° secolo e una bellissima copia de “la fruttivendola” del Campi. L’originale è a Brera. Le porte sono in marmo di Carrara e il lampadario in cristallo di Boemia.

36417522_10212370927051694_3790891697710301184_n.jpg

Il cortile d’onore è originale del ‘500, è in stile manierista e su due livelli. Le colonne sono in granito e la decorazione in marmo di Brembate come tutta la parte del palazzo voluta dal Marino.

36405929_10212370928411728_5684546570972823552_n.jpg

Per finire, la sala della Giunta con alle pareti 3 grandi affreschi del Tiepolo che sono stati strappati da Palazzo Dugnani.

36371635_10212370929331751_2865006695560511488_n.jpg

 

Il palazzo è visitabile gratuitamente prenotando via mail all’indirizzo: DSCOM.VisitePalazzoMarino@comune.milano.it

Il liberty in corso Magenta

Partiamo dal presupposto che io adoro il liberty, non so se ve ne siete accorti ma, è proprio così! Sono fortunata perchè Milano, insieme a Torino e Palermo, è ricca di architettura liberty e ve ne accorgerete mano a mano che cammineremo insieme. Oggi vi vorrei far conoscere una zona che adoro, quella intorno a Corso Magenta. Indicativamente andremo dal Bar Magenta fino a via Mascheroni, una di quelle zone dove abita la crème milanese, come direbbe un mio amico 🙂

Il liberty di questa zona è più misurato rispetto a quello che potete vedere in altre zone della città, è molto più milanese possiamo dire.

Iniziamo dal Bar Magenta che è del 1907 come il palazzo di fronte. Guardate bene la decorazione con i gigli. Sulle finestre e nei balconi la decorazione è semplificata ma decisamente bella. Gli interni del bar Magenta sono originali e liberty. Ok, siamo pronti a partire? Io ho appena fatto la mia solita scorta di caffeina e acqua e come di consueto ho scarpe comode. Andiamo!

Dirigiamoci verso via Enrico Panzacchi e buttiamo un occhio all’atrio del numero 6. Non siete rimasti stupiti come me? Richiama molto la sala delle asse di Leonardo al Castello Sforzesco. Sembra un rifacimento dell’800. La decorazione è del 1918-1920

36442178_10212373045464653_8391384760781373440_n.jpg

Lasciamo via Panzacchi e ci dirigiamo verso via Aristide De Togni per dare un’occhiata a Palazzo Fraizzoli, grande presidente dell’Inter per quasi vent’anni. Si tratta di eclettismo di tardo 800: decorazioni in pizzo e giardino pensile con statue esotiche e egizie. Il cancello, in ferro battuto, potrebbe essere del Mazzucotelli o di un suo allievo.

36509317_10212373046424677_9148843629735837696_n.jpg

Proseguiamo su via Carducci e andiamo a vedere il Castello Cova. E’ in stile revival medievale. Il periodo è 1910-1915 di Adolfo Coppedè. I mattoncini che decorano la torretta che si allarga verso l’alto, ricorda quella di Bona di Savoia al Castello Sforzesco e la torre Velasca del gruppo BBPR. Sulla cima del castello si possono vedere dei gargoyle.

36460256_10212373054144870_6582217005242253312_n.jpg

Giriamo l’angolo, facciamo un pezzo di via San Vittore e svoltiamo poi a destra in via Zenale al 13, dove possiamo ammirare Casa Valli del 1907. I ferri battuti sono del mastro ferraio Pasquale Mina. Sulla facciata possiamo ammirare dei grifoni, fiori, tralci e anche animali. Sul portone rami di ciliegio e sulle finestre melograni e ippocastani. L’atrio è di Paolo Mezzanotte.

36401625_10212373047344700_7599825964620578816_n.jpg

In fondo a via Zenale ci troviamo nuovamente in corso Magenta, dove proseguiremo verso piazzale Baracca. Al numero 84 c’è un palazzo in stile rinascimento lombardo, con mattoni sotto e cotto sopra. Era l’abitazione di Ettore Conti, l’architetto è Giovan Battista Bossi che ha progettato i maggiori esempi di liberty in città. Al 96 invece, troviamo Casa Laugier degli anni 1905-1906. E’ uno dei miei palazzi liberty preferiti in città, così per dirvelo! Qui possiamo trovare i ferri del Mazzucotelli, le ceramiche dipinte della ditta Bertoni e le decorazioni in cemento della ditta Chini. Al pian terreno del palazzo c’è una delle farmacie più antiche di Milano, ancora con l’arredo originale. Se chiedete vi lasceranno fare delle fotografie!

36421875_10212373049144745_4768033007074279424_n

Da qui ci dirigeremo verso piazza della Conciliazione dove incontreremo Casa Binda di inizio 900. Se, come me, avrete la fortuna di poter entrare in cortile (magari potete chiedere al custode) potete vedere dei mostri che decorano gli scalini ma, soprattutto uno dei primi ascensori in funzione dal 1909 con i vetri sabbiati.

36492318_10212373050344775_7923165997610041344_n.jpg

Da qui ci dirigeremo verso il villino Maria Luisa, in via Tamburini 8, che vedete nell’immagine di copertina. Non si sa chi sia l’architetto, il mosaico blu con le stelline dorate è in stile revival bizantino. Il cancello del 1906 è del Mazzucotelli.

Proseguendo da via Tamburini ci portiamo verso via Tasso, dove al civico 5 troviamo Casa Apostolo dell’architetto Ulisse Stacchini. E’ uno stile liberty con rimandi alla cultura egizia.

37620971_10212525847364605_2260952058280542208_n

Proseguiamo al numero 8 della medesima via dove incontriamo Casa Donzelli del 1913 dell’architetto Zanoni. Si tratta di un liberty molto moderno. Affrescati vicino alla finestra ci sono i personaggi della Gerusalemme Liberata: la maga Armida e Rinaldo e al centro un busto del Tasso, come ci ricorda anche la scritta sotto lo stesso.

36501951_10212373053304849_2794549964682821632_n.jpg

Dirigiamoci adesso in via Ariosto al 21 dove incontreremo casa Agostoni del 1905-1906 dell’architetto Menni. Sopra al portale d’ingresso troviamo a sinistra la danza e a destra la musica, mentre le donne rappresentate vicino ai balconi sono le quattro stagioni.

36428634_10212373054584881_3861152393395699712_n.jpg

Siamo quasi in fondo, ancora pochi palazzi e abbiamo finito per questa volta! Ovviamente queste sono solo una piccola selezione, potete aggirarvi tra queste vie con il naso all’insù, di sicuro non rimarrete delusi, poi magari fatemi sapere.

Proseguiamo su via Ariosto e poi svoltiamo a destra su via Mascheroni, dove al civico 18 incontriamo casa Carugati Felisari. E’ del 1908 e l’architetto è Giulio Ulisse Arata. Da notare ci sono le decorazioni dei balconi e la quasi totale assenza dell’elemento floreale.

37926383_10212571415423778_6081048343897702400_o.jpg

Al civico 20 incontriamo Casa Tenca del 1914. Sulla cima un elaborato terrazzo e subito sotto delle cariatidi in stile assiro-babilonese. I doccioni sono dei ranocchi in cemento.

37948195_10212571186178047_3297317118365663232_n.jpg

Finiamo il nostro percorso sempre in via Mascheroni al 19, dove incontriamo casa Berni del 1916. Adoro questo palazzo d’angolo con i suoi immensi bovindi anche se, in realtà, via Mascheroni la amo tutta. Tornando indietro, incontrerete piazzale Tommaseo, dove i milanesi scattano diverse fotografie in primavera e la chiesa di Santa Maria Segreta che ha una storia lunga e che quindi non farà parte di questo itinerario.

38025499_10212584371467671_5442330107903475712_o.jpg

Se a questo punto volete bere qualcosa potete tornare in piazzale Baracca e entrare in uno dei miei locali preferiti di Milano: il bar Larky dove fanno degli ottimi aperitivi.

Il quartiere operaio di Via Lincoln

L’estate scorsa ho deciso di fare un giro dalle parti di corso XXII Marzo alla ricerca del quartiere operaio di via Lincoln e non ne sono rimasta delusa. La via è molto corta, saranno circa 100 metri e non è molto conosciuta anche se davvero caratteristica.

Come potete vedere dalle fotografie allegate, si tratta di un quartiere giardino costituito da villette colorate. Sembra di essere a Burano o in Liguria, ma di sicuro non a Milano. Eppure siamo appena fuori dal centro storico.

Le villette sembra che facciano a gara per essere una più colorata dell’altra. Ognuna ha un piccolo giardino con delle belle aiuole fiorite e alberi da frutto. Non sono in tanti i milanesi che si spingono fino qua eppure questo piccolo quartiere ha qualcosa di magico, si respira un’aria di quiete e di pace.

La storia della strada è abbastanza curiosa: a fine ‘800 la cooperativa operaia progettò un quartiere giardino composto da piccole abitazioni a prezzi accessibili e destinati agli operai della zona di Porta Vittoria. Purtroppo lo scatenarsi delle due guerre mondiali non permise di realizzare il progetto e le abitazioni di via Lincoln rimasero le uniche realizzate.

Andate a fare un giro con la macchina fotografica, non vi serviranno i filtri per far risaltare i colori.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Il quartiere operaio di via Savona 40

Oggi vi voglio parlare dei quartieri operai e parto da quello più antico, inaugurato nel 1906.

Si tratta de il “primo quartiere popolare della Società Umanitaria” come ancora si riesce a intravedere sulla facciata d’ingresso.

Venne costruito grazie al volere del filantropo ebreo Prospero Moisè Loria che alla morte donò il suo patrimonio alla Società Umanitaria da lui fondata in precedenza.

L’idea di Prospero Moisè Loira era quella di permettere al povero di elevarsi, di formarsi in modo da poter accedere a posizioni lavorative più decorose.

Il quartiere fu costruito sull’area del vecchio macello ed era composto da 240 abitazioni per circa 1000 persone. Il progetto fu affidato all’architetto Broggio, il quale realizzò l’intervento in quello che viene definito liberty minore. È ancora presente la cancellata in ferro battuto ma, come potete vedere anche dalle fotografie, gli elementi decorativi sono piuttosto semplici.

Ci troviamo in via Solari al 40, in una zona a quel tempo ricca di fabbriche e impianti industriali, dove la popolazione era cresciuta notevolmente nel giro di poco tempo e dove le condizioni igieniche erano pessime.

Si decide pertanto di costruire questi palazzi, non troppo alti, con dei giardini interni e un po’ di spazio tra uno stabile e l’altro, in modo da far girare l’aria. Per gli inizi del 900 erano all’avanguardia. Si trattava di case sociali con servizi comuni. Per prima cosa c’era un bagno per ogni casa, poi un asilo, una scuola professionale, una biblioteca, la lavanderia, un teatro, le cucine e la mensa in comune.

Se come me siete curiosi di conoscere meglio il quartiere Savona/Tortona, vi aspetto tra qualche giorno per il percorso sull’archeologia industriale.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Un tesoro nascosto: Casa Parravicini

Ci troviamo in via Cino del Duca, proprio dietro a San Babila per intenderci. La casa Parravicini è il secondo palazzo che incontriamo appena entrati: la facciata in mattoni attira subito la mia attenzione.

Da poco ho scoperto che in questo palazzo ha sede la fondazione Carriero, che in questi giorni e fino a giugno, ospita la mostra di arte moderna Sol LeWitt – Between the lines, con ingresso gratuito.

Il portone d’ingresso è bellissimo, così come l’ultimo piano con i soffitti e le pareti decorate. Un piccolo gioiello sconosciuto ai più.