Lodi T.i.b.b l’acronimo di una vecchia storia operaia

L’altro giorno ero in metropolitana e stavo ascoltando un bambino che chiedeva al nonno come mai ci sono delle fermate con dei nomi strani. Nel caso specifico chiedeva di Lodi T.i.b.b

Questa, insieme a Porto di Mare, crea sempre più di una curiosità. Ve lo siete chiesto anche voi? Come dice sempre la mia amica Lisa, dovrei andare in giro con una spilla che riporta la “I” di informazioni, ma vi sembra normale che abbia dovuto rispondere io?! Forse il nonno mi ha chiesto aiuto perchè stavo leggendo un libro su Milano… 😉

Comunque, svelo il segreto anche a voi, qualora vi dovesse succedere la stessa cosa!

Lodi T.i.b.b: T.i.b.b. è l’acronimo di Tecnomasio Italiano Brown Boveri, un’industria meccanica che si occupava della produzione e costruzione di tram, treni, rotabili… e si trovava nella zona tra viale Umbria e Piazzale Lodi. La società era stata costruita qui proprio perchè era nei dintorni dello scalo ferroviaro di Porta Romana e quindi comodo per lo scarico e il carico delle merci.

La Tecnomasio Italiano Brown Boveri non esiste più. Si è fusa con una società svedese andando a confluire nella ABB e ovviamente ha spostato la sede fuori Milano

Quando agli inizi degli anni 90 è stata costruita questa fermata della metropolitana, si era pensato di chiamarla Porta Romana FS ma era troppo simile alla fermata già esistente di Porta Romana e pertanto si decise di chiamarla con l’acronimo della vecchia industria non più presente, in onore della storica industria.

 

 

Frida Khalo: oltre al mito

La scorsa settimana sono andata al Mudec attirata dalla mostra “Frida Kahlo: oltre il mito”. Vi dico già che credo di essere una tra le poche che non ha una grande conoscenza di questa pittrice ma il fatto che fosse esposta appunto al Museo delle Culture ha di fatto sciolto le mie riserve.

Questa mostra è il risultato di 6 anni di lavoro del curatore, Diego Sileo, che ha cercato di dare un’immagine diversa della pittrice.

È divisa in 4 sezioni: donna, terra, politica e dolore e sono esposti dipinti, fotografie e lettere.

Per la prima volta viene esposto “la bambina con la collana”, un dipinto del 1929 che non si è mai visto. Pare sia stato fatto da Frida Kahlo per fare pratica e che avesse ritratto la figlia della sua assistente. La stessa, ancora in vita, lo mise all’asta nel 2016.

Come sempre il Mudec non delude mai. Le sale sono belle spaziose e anche se c’è molta gente si riesce comunque a girare facilmente. Se siete in zona vi consiglio la visita. Il museo si trova in via Tortona 56

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Il quartiere operaio di Via Lincoln

L’estate scorsa ho deciso di fare un giro dalle parti di corso XXII Marzo alla ricerca del quartiere operaio di via Lincoln e non ne sono rimasta delusa. La via è molto corta, saranno circa 100 metri e non è molto conosciuta anche se davvero caratteristica.

Come potete vedere dalle fotografie allegate, si tratta di un quartiere giardino costituito da villette colorate. Sembra di essere a Burano o in Liguria, ma di sicuro non a Milano. Eppure siamo appena fuori dal centro storico.

Le villette sembra che facciano a gara per essere una più colorata dell’altra. Ognuna ha un piccolo giardino con delle belle aiuole fiorite e alberi da frutto. Non sono in tanti i milanesi che si spingono fino qua eppure questo piccolo quartiere ha qualcosa di magico, si respira un’aria di quiete e di pace.

La storia della strada è abbastanza curiosa: a fine ‘800 la cooperativa operaia progettò un quartiere giardino composto da piccole abitazioni a prezzi accessibili e destinati agli operai della zona di Porta Vittoria. Purtroppo lo scatenarsi delle due guerre mondiali non permise di realizzare il progetto e le abitazioni di via Lincoln rimasero le uniche realizzate.

Andate a fare un giro con la macchina fotografica, non vi serviranno i filtri per far risaltare i colori.

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Il quartiere operaio di via Savona 40

Oggi vi voglio parlare dei quartieri operai e parto da quello più antico, inaugurato nel 1906.

Si tratta de il “primo quartiere popolare della Società Umanitaria” come ancora si riesce a intravedere sulla facciata d’ingresso.

Venne costruito grazie al volere del filantropo ebreo Prospero Moisè Loria che alla morte donò il suo patrimonio alla Società Umanitaria da lui fondata in precedenza.

L’idea di Prospero Moisè Loira era quella di permettere al povero di elevarsi, di formarsi in modo da poter accedere a posizioni lavorative più decorose.

Il quartiere fu costruito sull’area del vecchio macello ed era composto da 240 abitazioni per circa 1000 persone. Il progetto fu affidato all’architetto Broggio, il quale realizzò l’intervento in quello che viene definito liberty minore. È ancora presente la cancellata in ferro battuto ma, come potete vedere anche dalle fotografie, gli elementi decorativi sono piuttosto semplici.

Ci troviamo in via Solari al 40, in una zona a quel tempo ricca di fabbriche e impianti industriali, dove la popolazione era cresciuta notevolmente nel giro di poco tempo e dove le condizioni igieniche erano pessime.

Si decide pertanto di costruire questi palazzi, non troppo alti, con dei giardini interni e un po’ di spazio tra uno stabile e l’altro, in modo da far girare l’aria. Per gli inizi del 900 erano all’avanguardia. Si trattava di case sociali con servizi comuni. Per prima cosa c’era un bagno per ogni casa, poi un asilo, una scuola professionale, una biblioteca, la lavanderia, un teatro, le cucine e la mensa in comune.

Se come me siete curiosi di conoscere meglio il quartiere Savona/Tortona, vi aspetto tra qualche giorno per il percorso sull’archeologia industriale.

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La Gesa di lusert alias Oratorio di San Protaso al Lorenteggio

Ebbene sì, anche a Milano ci sono delle chiese, anche se fino a adesso non ne abbiamo ancora viste insieme. Oggi però vi voglio portare a conoscere l’oratorio di San Protaso al Lorenteggio. Non vorrei essere ripetitiva ma magari, ci siete passati in autobus accanto e non l’avete mai notata! Dove l’abbiamo piazzata? Beh su uno spartitraffico! Da qualche anno è interessata anche dagli scavi per i lavori della M4….ma lei, la gesa di lusert (la chiesa delle lucertole) continua imperterrita a resistere.

Onestamente mi ha sempre affascinato questa chiesetta. Forse per il posto strano in cui si è venuta a trovare ai giorni nostri. Ci sono passata accanto in macchina innumerevoli volte, c’è così tanto traffico di solito su quella strada, non c’è un parcheggio…insomma, tutte le volte che l’ho vista ho sempre fantasticato su come si sia trovata in quella posizione, quante storie abbia da raccontare, quanta vita abbia visto passare.

Sabato finalmente sono riuscita a entrare, era aperta. Così come durante la festa di quartiere del Lorenteggio. L’oratorio era un luogo di preghiera per i contadini che abitavano nella zona del comune dei Corpi Santi, fuori Porta Vercellina. Passò poi al comune di Lorenteggio fintanto che anche quest’ultimo non fu inglobato nella città nel 1923. A ricordo della sua origine, circa 10 anni fa, fu posto davanti alla chiesa un antico cippo di confine del 1800 con l’indicazione del comune di appartenenza.

La struttura è ovviamente molto semplice: pianta rettangolare, abside semicircolare, tetto a capanna e soffitto in legno a cassettoni. Alle pareti diversi affreschi che purtroppo versano in cattive condizioni. La storia di questa chiesa è lunghissima, non ci sono dati ufficiali ma pare che fu costruita intorno all’anno 1000 dai monaci benedettini di San Vittore al Corpo e dedicata a San Protaso, vescovo di Milano. Se ne volete sapere di più, in fondo vi lascio il link degli amici della chiesetta di San Protaso al Lorenteggio.

Ci sono tante storie intorno a questo oratorio, per esempio si racconta di una botola presente nella chiesetta e chiusa durante i restauri. Pare che il cunicolo portasse al Castello Sforzesco. D’altra parte si sa che sotto il Castello sono presenti diversi cunicoli, ma questa è un’altra storia al momento….

Dal 2015 l’oratorio è stato posto sotto il vincolo della soprintendenza dei beni archeologici e paesaggistici della Lombardia e questo ha fatto si che gli scavi della metro 4 siano stati spostati di qualche metro per non intaccare questa antica chiesina nonché la chiesetta più piccola di Milano.

Vi state chiedendo perché gesa di lusert? Semplicemente perché per anni l’oratorio è stato chiuso e in disuso e frequentato solamente dalle lucertole.

Anni fa persino Piero Mazzarella compose una canzone per la chiesa delle lucertole; lascio qui sotto il testo. La traduzione è mia, ma dovrebbe essere corretta!

Gh’è ona gesa là in fond C’è una chiesa là in fondo
a la strada che porta a Biegrass, alla strada che porta a Abbiategrasso
la gh’ha minga el sagraa non ha il sagrato
e l’è fada de sass; ed è fatta di sassi
l’è freggia d’inverno, è fredda d’inverno,
co’i mur che se lassen andaa, con i muri che si lasciano andare
ma la cros del Signor ma la croce del Signore
la te manda calor. ti manda calore
Nott e dì gh’è semper ‘vèrt Notte e giorno è sempre aperto
a la gesa di lusert, alla chiesa delle lucertole
lì ghe prega la povera gent, è lì che prega la povera gente
senza cà, senza nient. senza casa e senza niente
Famm la grazia anca a mi, Fai la grazia anche a me
che son pover come ti, che sono povero come te
ti tel see che son senza pretes, tu lo sai che sono senza pretese
scusom tant se hoo pregaa in milanes. scusami tanto se ho pregato in milanese
Quand l’è primavera Quando arriva la primavera
e in de l’aria l’è teved el so’, e nell’aria vedi il sole
caccen dent el crapin mettono dentro la testina
e stan li a curiosà, e stanno lì a curiosare
la famiglia luserta: la famiglia delle lucertole:
i fiolin con la mamma e’l papà i piccoli con la mamma e il papà
li de sott de la cros lì sotto la croce
preghen forsi anca lor pregano forse anche loro

Cippo di confine

Facciata oratorio

https://sites.google.com/site/sanprotasolorenteggio/

La Chiesa è in via Lorenteggio 31, ci passa vicino il tram 14 che potete prendere ,eventualmente, in Piazza Duomo

La fornace Curti

Eccoci qua alla scoperta di un altro luogo sconosciuto ai più, ma la cui storia si perde nella notte dei tempi, precisamente a quel 1400 del quale abbiamo già parlato in più di un’occasione.

Ci troviamo alla fornace Curti, come dice il titolo stesso. Ma chi sono i Curti? Un’antica famiglia di fornaciai, ancora attivi ai giorni nostri, che devono parte della loro fortuna all’incontro con Francesco Sforza. Siamo nel 1400 e Francesco Sforza e sua moglie decidono di far costruire l’ospedale della Cà Granda. Non ci sono tanti soldi da investire e l’opera deve essere terminata in poco tempo; viene affidata la produzione dei mattoni alla fornace di Giosuè Curti. Il territorio milanese è ricco di terracotta di un particolare colore rosso dovuto alla presenza di ferro. Questo fa si che gli oggetti in terracotta siano resistenti e soprattutto costino poco. La famiglia Curti si è occupata negli anni della ristrutturazione e/o abbellimento di diversi palazzi, chiese, teatri a Milano e in Lombardia. Possiamo ricordare l’abbazia di Morimondo, Santa Maria delle Grazie, il teatro Fossati…

Dal 1890 si trasferiscono in questa zona sud ovest di Milano, sempre in prossimità del Naviglio, dove in precedenza c’era già una fornace di mattoni. Ovviamente ad oggi la situazione è diversa: vengono fatti diversi lavori su commissione sia per privati che per eventi pubblici e alcuni spazi del secondo piano sono stati affittati a studi di artisti.

Il complesso è molto bello, appena varcato il cancello sembra di essere catapultati indietro nel tempo. C’è un ampio cortile dove si possono ammirare già alcuni manufatti, come ad esempio le splendide farfalle delle quali vi metto la foto più sotto. Ci sono poi le sale macchine dove si lavora l’argilla ancora con macchinari di inizio 900, il salone hobby, i forni, il deposito dei vasi.

La fornace si trova in via Walter Tobagi 8 a Milano, non c’è una metropolitana vicina ma potete prendere l’autobus 95 che vi porta proprio lì vicino.

Il 19 e 20 maggio 2018 la fornace Curti apre i suoi cancelli a tutti i visitatori con la possibilità di vedere anche parti che normalmente sono chiuse come i 20 studi di artisti posti al secondo piano della struttura.

Fateci un giro e poi fatemi sapere 😊

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Un tesoro nascosto: Villa Mirabello

Ciao!

Proprio ieri sono andata alla scoperta di un altro luogo non tanto noto della nostra bella città. Sto parlando di Villa Mirabello che si trova nella via omonima. Siamo in zona nord Milano: qui nel 1400 era aperta campagna e infatti questa villa nasce come cascina. A metà degli anni 40 del 1400 passa di proprietà acquistata da Pigello Portinari, banchiere fiorentino del banco mediceo che farà costruire poi l’omonima cappella in Sant’Eustorgio, e che ne farà villa di delizie costruendo una loggia aperta per ingentilirne l’aspetto, delle cornici decorative e alcune colonne. Alla morte del Portinari la villa passa alla famiglia Landriani, noti a Milano in quanto il capostipite della famiglia era tesoriere ducale prima di Galeazzo Maria Sforza poi di Ludovico il Moro. Il loro intervento fu quello di abbellire ancora la villa, facendola affrescare da cima a fondo.

La storia di questo edificio si perde per qualche secolo fino ai primi del 900. Il 19 giugno 1920 viene inaugurata la “casa di lavoro e patronato per ciechi di guerra”. Una realtà all’avanguardia dove si cercava di riabilitare attraverso l’insegnamento di un lavoro manuale, i ciechi di guerra. Il promotore dell’iniziativa fu il dottor Francesco Denti che durante la prima guerra mondiale si occupò soprattutto della cura di questi militari. E’ stata attiva fino alla metà degli anni 80 mentre oggi gli spazi vengono affittati per eventi e a studi di architettura. Con i proventi vengono finanziati i laboratori per gli ipovedenti.

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Se poi volete fare due passi a piedi nei dintorni, il mio consiglio spassionato è quello di andare a fare un giro per la via degli gnomi. Sulla cartina o sul cellulare la trovate come via Lepanto.

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Questa è una delle casette che potete incontrare. Si tratta di case-igloo costruite nel primo dopoguerra da Cavallè come soluzioni abitative per una classe meno agiata. Si tratta di casette di circa 45 metri quadrati disposti su due piani di cui uno interrato, come potete vedere anche dalla foto. Il progetto originale era di 12 case igloo e 6 case fungo; ad oggi sono rimaste solo 6 case igloo mentre le case fungo sono state demolite a metà degli anni 60 per volere del figlio di Cavallè.

Note:

Villa Mirabello fermata Marche della M5 lilla.

Case igloo fermata Istria della M5 lilla

Sulle tracce di Leonardo

Ho pensato che potremmo iniziare questo percorso sulle tracce di Leonardo dal Museo della Scienza e della Tecnologia. Il museo è molto grande e ci sono davvero tantissimi settori da vedere. Ci sono stata con i miei nipoti qualche sabato fa per entrare nel sottomarino Toti; loro però sono rimasti entusiasti dal lungo corridoio delle macchine disegnate da Leonardo. Si tratta di modellini in legno che riproducono i progetti che il maestro ci ha lasciato nei vari codici. Li abbiamo fotografati tutti!

Usciti dal museo direi che possiamo incamminarci verso il refettorio di Santa Maria delle Grazie per vedere il Cenacolo e la dirimpettaia vigna. Beh, del Cenacolo che cosa dobbiamo dire? È un miracolo che sia arrivato ai giorni nostri. Il mio suggerimento è di entrarci con una visita guidata che vi spieghi bene il periodo storico, la scelta della tecnica e la fortuna che abbiamo avuto nel superare la guerra mondiale (non dimentichiamoci che Milano è stata la città italiana più bombardata).

Vi lascio solo un paio di curiosità in merito, qualora non vi capitasse la mia guida.

Il dipinto si basa sul vangelo di Giovanni nel quale Gesù annuncia che verrà tradito da uno degli apostoli. “in verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”. È a questo punto che Leonardo ambienta la scena. Gesù e gli apostoli sono rappresentati tutti dallo stesso lato della tavola e le figure rappresentate sono a gruppi di tre. Goethe durante un suo soggiorno in Italia disse che solo un italiano avrebbe potuto dipingere una cosa del genere, con tutto quel movimento di mani, teste, espressioni! Se nessuno dovesse dirvelo, quando siete nel refettorio, mettetevi circa al centro e inginocchiatevi: questa è la visuale che avevano i frati ai tempi di Leonardo, ne resterete sorpresi, prende tutta un’altra piega.

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Bene, adesso usciamo e andiamo a vedere la vigna di Leonardo presso la Casa degli Atellani che è stata aperta nel 2015 grazie a Expo. Si racconta che nel 1499 Ludovico il Moro donò a Leonardo da Vinci una vigna da 16 pertiche situata nei campi della vigna di San Vittore. Ludovico il Moro non aveva ancora pagato il Cenacolo e continuava a ricevere solleciti da Leonardo, pertanto pensò che questo era il modo migliore per liberarsi dalle lettere di sollecito. La storia della vigna attraverso i secoli è lunga, dobbiamo ringraziare Luca Beltrami e i suoi studi sui documenti dell’epoca se abbiamo indicazioni precise. Confinava con i terreni del monastero di San Girolamo e comprendeva un pezzo del giardino degli Atellani. Basandosi su questi dati sono iniziati i lavori per riportarla alla luce.

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Dopo aver visto queste tre opere ci possiamo dirigere verso il Castello Sforzesco, passando per piazza Cadorna. Sono due le opere custodite: il quaderno degli appunti scritto da Leonardo nel suo primo soggiorno a Milano, e la sala delle Asse. Il primo come dicevamo, è il codice Trivulziano conservato nella Biblioteca Trivulziana mentre sulla seconda….beh… ne sapremo di più penso a inizio 2019 quando finalmente dovrebbe aprire al pubblico. Si tratta di una sala dove gli Sforza ospitavano gli ambasciatori. La fecero affrescare da Leonardo che dipinse sul soffitto rami, foglie, corde. Quando poi Milano passò sotto i francesi la sala fu adibita a stalla e fu imbiancata. I lavori sono in corso, sono iniziati grazie a Expo.

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Oramai siano in Cairoli, possiamo pensare di prendere la metropolitana lilla e dirigerci a vedere il Cavallo di Leonardo all’ippodromo. La statua è ispirata ai calcoli di Leonardo: l’idea era quella di costruire la statua equestre più grande al mondo. Le cose andarono diversamente, Milano passò sotto i francesi e Leonardo lasciò il granducato. Alla fine degli anni 70 un ex pilota americano, amante di Leonardo da Vinci, lesse la storia di quest’opera mai compiuta e decise di raccogliere fondi per riuscire a costruirlo e donarlo alla città di Milano come ringraziamento per aver fatto lavorare Leonardo. L’opera si trova nel cortile dell’ippodromo dalla fine degli anni 90.

Cavallo di Leonardo con firma

Per adesso vi saluto qui, ci rivedremo presto per scoprire altre curiosità di Leonardo in giro per la città.

Informazioni pratiche:

  • Il museo della scienza e della tecnologia si trova sulla metro verde fermata Sant’Ambrogio.
  • Il Cenacolo e la casa degli Atellani li trovate sulla metro rossa, fermata Conciliazione
  • Il Castello Sforzesco, metro rossa fermata Cadorna e Cairoli Castello
  • Il Cavallo di Leonardo metro lilla fermata San Siro Stadio

Se invece volete sapere con chi ho fatto le mie visite guidate al cenacolo, scrivetemi che vi do i riferimenti 🙂