Il salotto buono della città: quattro passi in Galleria

Dato che qualche tempo fa abbiamo fatto insieme l’itinerario dei passaggi coperti e abbiamo nominato la nostra bella galleria, mi sembra giunto il momento di parlarvi un po’ anche di lei, del salotto buono della città.

È sempre un piacere attraversare questo passaggio coperto che va da Piazza del Duomo a Piazza della Scala. Certo, adesso ci sono spesso grandi gruppi di turisti e magari si fa un po’ fatica ad apprezzare i suoi mille particolari ma vi dico che dedicarle un po’ di tempo ne vale proprio la pena.

Ma perché la Galleria è tanto cara ai milanesi?
Beh, prima di tutto perché è la celebrazione del progresso. Era stata progettata per avere:
– Al piano sotterraneo opifici con aperture sul pianterreno per l’illuminazione
– Al piano terra c’erano circa 120 botteghe e la maggior parte di loro avevano l’affaccio in Galleria
– Al mezzanino dei locali adibiti a uffici
– Al piano superiore appartamenti

Mettiamoci al centro dell’ottagono e alziamo lo sguardo. La decorazione delle lunette celebra tutto il mondo conosciuto all’epoca:
– L’ Europa: bruna, severa, con gli strumenti antichi in mano e sui quali veglia, munito di alloro, un genio alato
– L’’Asia: si riconosce dal mandarino cinese scortato dagli indigeni
– L’America: piumata tra i pellerossa e schiavi di colore
– L’Africa: un’antica egizia con un leone

Nei bracci corti della Galleria invece troviamo le attività umane e pertanto sono raffigurate la scienza con l’industria e l’arte con l’agricoltura.

Invece adesso diamo uno sguardo al pavimento. Si tratta principalmente di lastre di marmo di diversi colori realizzati da artisti veneziani. Al centro dell’ottagono è raffigurato con la tecnica del mosaico lo stemma reale della casa dei Savoia con il suo motto: sopporta.
Sempre con la stessa tecnica sono riportati poi i simboli delle 3 capitali del regno d’Italia: il giglio di Firenze, la lupa di Roma e infine il toro di Torino, e poi ovviamente, sul braccio che dal centro dell’ottagono va in piazza della Scala il simbolo di Milano

Diamo uno sguardo ancora alla cupola.
Si trova ad un’altezza di 47 metri e ha un diametro di 39 metri. La prima era in ferro e cristallo, poi dopo una fortissima grandinata il cristallo è stato sostituito con il vetro e infine dopo i bombardamenti della guerra è stata sostituita con quella che vediamo oggi in cemento e vetro.

Ok vi ho brevemente descritto una parte di quello che ancora oggi possiamo vedere quando attraversiamo la galleria. Ci sono però delle piccole curiosità non più visibili che però vorrei farvi conoscere.

Partiamo dall’illuminazione della Galleria
La galleria era un’opera straordinaria che andava vista anche al buio e per questo doveva essere ben illuminata. I tubi del gas furono posti a livello dei negozi e sotto la cupola. Ogni sera si procedeva con l’accensione dei globi in tutta la galleria, sia nei bracci dove era un po’ più fioca sia sotto la cupola che doveva splendere ed essere visibile dappertutto.
Come fare per accendere tutti i globi quindi? L’architetto Mengoni realizzò un sistema a rotaia dove su un piccolo macchinario, una sorta di topolino (il rattin in milanese), veniva acceso col fuoco un tampone che era imbevuto di liquido infiammabile. A questo punto venivano aperti gli ugelli che in sequenza accendevano tutte le fiamme.
Doveva essere uno spettacolo che attirava l’attenzione di diverse persone tutte le sere

Ma Milano sarà la prima città europea e la seconda nel mondo ad avere l’elettricità per illuminare. La prima centrale elettrica arriverà nel 1883 e sarà dalle parti di via Santa Radegonda.
Ovviamente i primi esperimenti per l’energia elettrica verranno fatti in galleria, nei locali che adesso sono occupati da Savini prima c’era la birreria Stocker ed è stato lì che si accenderanno le prime luci elettriche.

Lo sapevate che all’interno della galleria erano presenti 24 statue di gesso? Rappresentavano gli uomini illustri ed erano a grandezza naturale. Erano poste su basamenti all’altezza di circa 3 metri da terra, ma furono presto tolte e probabilmente lasciate in qualche deposito comunale. L’idea iniziale era quella di decorare il più possibile la Galleria per l’inaugurazione ma le statue in gesso non ebbero molta fortuna. Prima di tutto perché il clima umido di Milano non favoriva certo il mantenimento del gesso e secondariamente lo sgretolamento era pericoloso per le persone che transitavano sotto.

Ok, ma perché si calpesta il toro? Si dice che porti fortuna, che se si vuole tornare a Milano bisogna puntare il piede sugli attributi del toro e fare 3 giri senza cadere. La realtà però è un’altra e ha una connotazione meramente politica. Milano ha sempre voluto primeggiare e in quegli anni c’era una forte rivalità nei confronti di Torino che era stata la prima capitale. In segno di scherno i milanesi iniziarono pertanto a calpestare il toro simbolo della città sabauda.

Se invece volete vedere un quadro che rappresenta la posa della prima pietra della galleria è esposto a Palazzo Morando presso il museo di Milano. Se non ci siete mai capitati ve lo consiglio. (Metropolitana 1 San Babila, Metropolitana 3 Montenapoleone)

Ultima cosa e poi vi lascio ve lo prometto. Dal 2015 è possibile salire sui tetti della Galleria e fare una breve passeggiata. Il mio consiglio è ovviamente quello di capitarci all’imbrunire quando il sole si specchia sui marmi del Duomo ma comunque i biglietti si prendono in via Silvio Pellico al numero 2. Entrate nel cortile, prendete l’ascensore che vi porterà al 4° piano, acquistate il biglietto e godetevi il panorama!

I resti del vecchio cinema Astra

Chi come me è nato negli anni 70, non può non ricordarsi di un Corso Vittorio Emanuele ricco di cinema. C’è n’era una lunga infilata, su entrambi i lati, fino ad arrivare in Piazza San Babila. Al momento resiste solamente il multisala dell’Odeon, sperando che le sue luci si spengano il più tardi possibile.

Al posto del negozio Zara c’era il bellissimo cinema Astra, che fu inaugurato durante la guerra nel 1941. Aveva più di 1000 posti e nei sotterranei era presente un rifugio antiaereo. Fu acquisito negli anni 50 dalla MGM (quella del leone che ruggisce per intenderci) che ne fece una sala all’avanguardia.

I tempi poi cambiarono, il cinema chiuse e lo spazio fu adibito a attività diverse. Da qualche anno al suo interno c’è Zara. Entrando nell’atrio circolare, sulle scale che una volta portavano alla galleria, adesso ci sono i manichini ma sulle pareti rimangono i mosaici che rappresentano paesaggi sognanti con una profusione di fiori, piante, un fiume che scorre, due gazzelle che corrono sotto una città fantastica, degli aironi che volano. E poi, sul soffitto c’è sempre lui, il caro vecchio lampadario in vetro di Murano.

Se siete interessati a questa chicca, fate come me; entrate e fotografate. Il personale all’ingresso non vi dirà nulla; magari se ne chiederà il motivo ma vi lascerà sicuramente fare.

Un tesoro nascosto: Palazzo Bolagnos Visconti

Oggi voglio portarvi con me a conoscere Palazzo Bolagnos Visconti, un palazzo normalmente chiuso in via Cino del Duca. Era una vita che cercavo una visita guidata per riuscire a entrare a vedere la sala da ballo, che tanto mi incuriosiva, e finalmente a fine gennaio ci sono riuscita.

La storia del palazzo è abbastanza lunga: venne fatto costruire nel 1710 da Giuseppe Bolagnos di Oviedo che giunse in Italia al seguito del re Carlo VI. Benché fosse un nobile molto importante in Spagna, per entrare nel patriziato milanese doveva essere proprietario di un palazzo. La dinastia, purtroppo, fu molto corta e alla morte del figlio, il palazzo passò all’Ospedale Maggiore che lo vendette.

La proprietà passò poi ai marchesi Viani di Pallanza e in seguito all’artigiano Finelli, figura molto importante per la storia di Milano. Fondò la manifattura San Cristoforo per la lavorazione della ceramica: quando la società andò in liquidazione dovette cedere all’imprenditore svizzero Giulio Richard.

E siamo quindi ai primi del 900 quando il palazzo venne rivenduto a Uberto Visconti di Modrone: imprenditore tessile, mecenate, senatore. L’idea è quella di ricreare i fasti di un palazzo del 700 e pertanto viene affidato il compito al famoso architetto Campanini. È in questa occasione che sulla facciata viene apposto il simbolo del biscione. Quindi, tutto quello che vedremo oggi è un rifacimento novecentesco alla moda del settecento, molto in voga a Milano agli inizi del secolo scorso.

Siamo pronti per entrare? Si possono visitare diverse sale, ognuna con la propria caratteristica: c’è la sala piccola con gli stucchi dorati, la sala con la specchiera originale del 700, la sala della nobildonna con le cineserie nei sovrapporta, così come era in voga all’epoca e la sala della presidenza con il ritratto del primo proprietario.

Ma come vi dicevo, io sono entrata qui esclusivamente per lustrarmi gli occhi con la sfarzosa sala da ballo. Il pavimento è bellissimo: è a mosaico e disegna un bordo che rispecchia l’andamento del soffitto. Le pareti e il soffitto appunto sono riccamente decorati. Alle pareti sono apposte anche delle tele settecentesche che ricordano la pittura tiepolesca e rappresentano i trionfi e i banchetti biblici. Al di sopra delle tele ci sono dei balconcini per l’orchestra: quegli agli angoli sono agibili mentre gli altri sono dipinti. Ovviamente il soffitto rappresenta il trionfo della famiglia Visconti e sono rappresentati, tra gli altri, degli angeli che sollevano al cielo lo stemma di famiglia.

 

Piccola curiosità: il borgo di Grazzano Visconti in provincia di Piacenza, che a me è sempre sembrato piuttosto finto, in realtà è stato ristrutturato in stile neo medievale sempre dall’architetto Campanini per volere della famiglia Visconti di Modrone. Ai primi dei 900 due erano gli stili che andavano di moda tra le famiglie ricche dell’epoca, e i Visconti di Modrone hanno affidato l’incarico all’architetto per rendere “alla moda” entrambe le loro proprietà.

Metropolitana 1 rossa fermata San Babila

Alla scoperta dei passaggi coperti

Avete presente i passaggi coperti di Parigi? L’ultima volta che sono stata nella capitale francese mi sono spulciata diversi blog e siti alla ricerca dei passaggi imperdibili. Ecco, credo che potremmo fare qualcosa del genere anche a Milano. D’altra parte anche noi ne abbiamo diversi in centro, e chissà quante volte ci siamo passati senza nemmeno farci caso.

Ma che cosa sono i passaggi coperti? Sono delle gallerie coperte, costruite generalmente tra il 1920 e il 1940, con negozi, locali, gallerie d’arte… Potremmo definirle le sorelle minori della nostra galleria Vittorio Emanuele, della quale parleremo un’altra volta.

Io ho provato questo itinerario, ma ovviamente voi potete seguire il giro che volete. Noi partiamo dalla fermata Cordusio della M1 rossa. Sono quasi pronta a partire: scarpe comode e macchina fotografica ok, mi manca solo la caffeina e l’acqua, ma quelle le troverò alla prima galleria!

Eccoci in galleria MERAVIGLI, che unisce via Meravigli con via Gaetano Negri. Quello che attira subito la mia attenzione è il pavimento a mosaico, bellissimo, e la volta in vetro smerigliato. È del 1928 e il direttore dei lavori, Repossi, è una figura molto importante per la belle epoque.  Insieme a Beltrami e Castiglioni costruirà la sede del Corriere della Sera.

 

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IMG_20180225_220947_1118902475.jpgAndiamo poi a fotografare il passaggio CENTRALE che si trova tra via Orefici e via Armorari. Io adoro lo stile liberty, avrete modo di accorgervene mano a mano che pubblicherò! Anche qui troviamo una volta in vetro smerigliato e delle colonne che terminano con decori floreali. Direi che siamo in pieno stile liberty. Il palazzo che ospita questo passaggio è davvero importante. C’è una lapide sulla facciata che ci ricorda che qui venne ricoverato Hemingway nel 1918, quando l’edificio era adibito a ospedale della croce rossa americana. Così nacque la favola vera “Addio alle armi”.

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C’è poi la galleria UNIONE che va da via Mazzini a via Unione. È del 1920 e la trovo davvero molto bella. Mi raccomando, non prendete il braccio che va verso via Torino, secondo me non ne vale la pena.

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Eccoci davanti al teatro dei Filodrammatici, proprio dietro alla Scala. Avete visto che bella facciata liberty? Purtroppo di originale dell’epoca è rimasto solo quello. Milano è stata la città più bombardata d’Italia. Comunque, gli interni sono stati rinnovati negli anni 70 dall’architetto Caccia Dominioni. La galleria FILODRAMMATICI inizia dal teatro e esce dal bellissimo portale in piazzetta Cuccia. Da qui ci dirigiamo verso la chiesa del Manzoni in piazza San Fedele, dove troveremo la prossima galleria e il prossimo fornitore di caffeina!

Siamo arrivati in galleria SAN FEDELE che collega piazza San Fedele con via Ugo Foscolo. Si tratta di una galleria parzialmente nuova. Al suo posto c’era il teatro Manzoni che venne raso al suolo durante la seconda guerra mondiale. Oggi il palazzo è sede di una banca. Si raccontano storie di fantasmi in questo palazzo, ma sicuramente ne riparleremo un’altra volta. Appuntatevelo però!

Adesso ci dobbiamo dirigere verso la galleria CORSO che collega corso Vittorio Emanuele con piazza Beccaria. Una volta questa era la galleria dei cinema e dei teatri. Venne costruita tra il 1926 e il 1935 dall’architetto Pier Giulio Magistretti. Sul lato rivolto verso piazza Beccaria, che è stata appena sistemata, è posta una lapide dal 1990 che ricorda Giovanni D’Anzi, l’autore della canzone mito per ogni milanese! Vi lascio una curiosità in merito: pare che Giovanni D’Anzi, nato a Milano da genitori meridionali, stanco di sentire suonare sempre canzoni napoletane/romane alla fine degli spettacoli negli anni 30, decise di comporre una serenata per la città di Milano, e così nacque “Oh mia bela Madunina

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Proseguiamo il nostro giro andando a vedere la galleria STRASBURGO che unisce corso Europa con via Durini. È opera, anche questa, dell’architetto Caccia Dominioni, mentre il mosaico del pavimento, intitolato “Il segreto dell’assoluto” è dello scultore Samaini. Io trovo che il pavimento sia molto bello, così come il lucernario ellittico in vetro cemento, che però sta subendo restauri. Io mi sono lustrata gli occhi con le belle vetrine presenti in questa galleria.

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Che ora abbiamo fatto? Abbiamo tempo per un buon aperitivo in un locale storico? D’altra parte ci troviamo in galleria SAN BABILA, è impossibile non entrare al GIN ROSA. La galleria collega corso Europa con piazzetta Giordano. È stata costruita tra il 1939 e il 1948 e come vi dicevo poco fa, ospita al proprio interno, praticamente da sempre, lo storico locale del Gin Rosa che è nato addirittura nel 1820 con il nome di Bottiglieria del Leone.

Ok adesso che ci siamo riposati un attimo possiamo andare a conoscere le ultime tre che ci mancano. La prima che incontriamo è la galleria DEL TORO che si trova tra corso Vittorio Emanuele e corso Matteotti, dall’altra parte della piazza San Babila. È stata costruita tra il 1935 e il 1939 e venne ricavata all’interno del palazzo della compagnia anonima assicurazioni di Torino da cui prende il nome. Sul braccio principale c’è un grosso toro bronzeo mentre sulle pareti di fronte ci sono due mosaici che rappresentano l’allegoria delle città di Milano e Torino e delle belle lampade decò. Il progetto della galleria è dell’architetto Lancia. Questa galleria nasce sulle ceneri della vecchia De Cristoforis che è stata la più antica di Milano. Siamo nel 1832, 35 anni prima della galleria Vittorio Emanuele. Doveva essere grandiosa con la copertura in vetro illuminata dalle lampade a olio. Pare che per l’inaugurazione fosse presente anche il viceré. Quando i milanesi videro la galleria Vittorio Emanuele questa venne soprannominata “galeria vegia” (galleria vecchia). Rimase in funzione fino al 1935 quando venne abbattuta. Quindi, quando su corso Vittorio Emanuele troverete galleria De Cristoforis, sappiate che non è quella originale, ha solo il nome che ne ricorda i fasti.

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Entriamo adesso in via Montenapoleone e andiamo alla ricerca del passaggio DEL LATTÈE che collega via Montenapoleone con via Bigli. Questo ho fatto veramente fatica a trovarlo. Non so quante volte ci sono passata davanti senza accorgermene. Si trova al numero 25! E’ uno dei passaggi più antichi e contemporaneamente più moderni della città. Si tratta di un vicolo che è stato creato dopo i bombardamenti del 1943. Come potete vedere dalla foto qui sotto riportata, uno dei due muri è in mattoni: si tratta del fianco della chiesa di San Donnino alla Mazza eretta alla fine dell’XI secolo la cui parrocchia fu soppressa nel 1787 e la chiesa demolita nel 1830. Questo muro fu scoperto nel 1958 così come riporta la lapide sulla parete.

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L’ultima tappa del nostro giro è tra via Manzoni e via Borgospesso, dove troviamo la galleria MANZONI. Come sempre sono rimasta colpita dalla pavimentazione in marmo policromo e dal pilastro all’ingresso della galleria opera di Gino Oliva. C’è una sua opera anche sul soffitto. Questa galleria è nata dopo la fine della seconda guerra mondiale. Come abbiamo già detto, il teatro Manzoni venne raso al suolo dalle bombe e con la ricostruzione si decise di spostarlo nell’attuale omonima via, affiancando all’attività teatrale anche un cinema. Se potete, entrate nel teatro e date un occhio alle maniglie delle porte, alla statua di bronzo del dio Apollo e del mosaico in fondo alla sala. In questo momento la galleria non è messa molto bene, è un peccato perché il passato è stato glorioso.

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Ecco, queste sono quelle che ho girato io, ce ne sono altre sparse per il centro. Qualcuna è più nascosta, qualche altra davanti agli occhi di tutti.

Per questa volta vi lascio qui. Potete prendere la metropolitana linea3 gialla in Montenapoleone, oppure avventurarvi alla ricerca delle altre.  Mi raccomando, fatemi sapere se le trovate che così aggiorniamo il tour!

 

Ambrogio e i battisteri

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Oggi vi vorrei far scoprire che cosa si nasconde sotto la pavimentazione del Duomo di Milano. Si, proprio sotto! Chissà quante volte ci sarà capitato di attraversare di corsa la piazza, facendo attenzione a schivare i piccioni, i turisti con le macchine fotografiche, e magari dando un’occhiata veloce alla Madonnina.

Invece mi chiedo, e vi chiedo, avete mai fatto caso che sul sagrato del Duomo ci sono dei solchi? È la pianta del battistero di San Giovanni alle fonti!

I resti sono “spuntati” la prima volta negli anni 60, durante la costruzione della linea rossa della metropolitana. Per accedere bisogna fare il biglietto e entrare nel Duomo. Pochi gradini e sembra di essere lontano anni luce dalla piazza e dalla modernità.

L’area è appena stata sistemata, si vedono delle tombe, i resti di Santa Tecla e poi lei: la vasca ottagonale. Doveva essere bellissimo all’epoca di Ambrogio: probabilmente c’erano dei marmi alle pareti e il pavimento era a mosaico bianco e nero. La pavimentazione della vasca doveva essere anch’essa a mosaico ma in verde e oro mentre la volta doveva essere blu. L’acqua pulita zampillava costantemente 365 giorni all’anno. Qui, in questo battistero, Ambrogio battezzò Agostino.

Battistero San Giovanni alle fonti

C’è poi un secondo battistero vicinissimo al Duomo. Chissà quante volte ci siete passati accanto e non ci avete nemmeno fatto caso. Eppure è lì dal IV secolo! Si trova proprio all’ingresso della salita alle terrazze con l’ascensore. Passati tutti i controlli, giratevi a sinistra. L’avete visto vero? Si tratta del battistero di Santo Stefano alle fonti.

La vasca è ancora ben conservata, si pensa che il pavimento fosse decorato con una croce e le pareti coperte da marmi bianchi. Dalle colonne forate scendeva l’acqua zampillante e probabilmente Ambrogio fu battezzato qui il 30 novembre del 374, prima di diventare vescovo il 07 dicembre del medesimo anno.

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Bene, abbiamo scoperto dove si trovano gli antichi battisteri, ma la metropolitana ci svela altri segreti: nel mezzanino della M1 possiamo trovare i resti dell’antica basilica distrutta di Santa Tecla. Grazie a Expo anche questa zona è stata sistemata e ripulita e pertanto possiamo ammirare un tratto della pavimentazione e dei mosaici.

Basilica di Santa Tecla

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Sotto alla metropolitana, sempre in Duomo, si può vedere anche un rifugio antiaereo della guerra mondiale, ma quello è un altro argomento (che mi sta molto a cuore) e del quale parleremo più avanti.

Info: ovviamente metro M1/M3 rossa e gialla fermata Duomo!

Buone scoperte

Un tesoro nascosto: la casa di Giuseppe Verdi

C’è un posto che tutti i milanesi conoscono. Se chiedete in giro dove si trova la casa di riposo dei musicisti di Verdi, è difficile trovare qualcuno che non sappia la risposta, ma in quanti effettivamente sanno che si può entrare a visitare? Ebbene si: o andate a fare visita a un parente o un amico, oppure potete entrare autonomamente per andare a visitare la cripta dove riposa il maestro con la sua seconda moglie Giuseppina Strepponi. Se invece siete interessati alla visita degli ambienti, allora dovete seguire una visita guidata, come ho fatto io.

Eccomi giunta in piazzale Buonarroti e lì la statua di Verdi al centro della piazza sembra che mi inviti a entrare nella sua casa. Verdi amava definire questa casa di riposo come la sua opera più bella e volle farla edificare per i suoi colleghi meno fortunati e per chi non ebbe la dote del risparmio!

Verdi era molto attento ai problemi sociali dell’epoca: a titolo privato aveva aiutato diversi librettisti e a 82 anni decise di far costruire questa casa. Dette quindi mandato di costruzione all’architetto Camillo Boito, docente a Brera, e fratello maggiore del noto librettista.

Venne aperta nel 1902, l’anno dopo la sua morte, in quanto il maestro aveva dato istruzioni precise nel suo testamento in merito alla sua sepoltura e funerale e soprattutto non voleva essere ringraziato per quanto fatto.

Quando mori la cripta non era ancora terminata e pertanto si seguirono le sue indicazioni per quanto riguardava la cerimonia funebre (un cero, una croce, un prete e un cavallo, preferibilmente all’alba o al tramonto per dare meno fastidio possibile alla popolazione) ma venne portato al cimitero monumentale dove da due anni riposava la sua seconda moglie.

Quando poi fu terminata la cripta, la cerimonia di trasferimento delle salme dal monumentale fu decisamente diversa: sul piazzale del cimitero si radunarono in molti e Arturo Toscanini diresse il Va’ Pensiero.

Ad oggi ci sono circa 60 ospiti con un’età media di 85/86 anni: è aperta a tutti i musicisti, sia italiani che stranieri che abbiano compiuto i 65 anni di età e che abbiano lavorato professionalmente nella musica.

Ma guardiamo un po’ alcuni ambienti:

  • la sala Toscanini è la sala dove gli ospiti ricevono parenti e amici e dove fanno l’animazione settimanale

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  • la sala araba invece contiene i cimeli di Verdi. C’è il pianoforte originale del maestro che è l’unico che non viene suonato da nessuno per rispetto del proprietario. Sono presenti anche due mobili con intarsi in ebano e avorio donati da Isma’il Pascià quando si commosse alla rappresentazione dell’Aida per l’apertura del teatro del Cairo del 1871

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  • La sala da pranzo invece è quella della sua casa di Genova. Ci sono le iniziale GV sulla credenza e sulle sedie. Sul tavolo i disegni originali di Boito con indicazione di ricovero, sostituito poi dal termine casa di riposo dallo stesso Verdi. Nell’idea del maestro questo non doveva essere un luogo dove aspettare la morte, ma anzi una casa dove continuare a vivere con dignità.

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  • La cripta appunto, venne decorata in oro e lapislazzuli sul disegno del Pogliaghi e costò 28.000 lire solo per la decorazione. Possiamo vedere sulla sinistra il patriottismo con la bandiera e a lato la maschera della satira. Come dicevamo, nella cripta c’è la tomba di Verdi e della Strepponi e per volere della regina Margherita è stata inserita una targa a ricordo della prima famiglia del maestro.

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L’ultima fotografia è il ritratto ufficiale di Verdi opera del Boldini. Nel 1893 dopo il successo del Falstaff il pittore donò questo quadro al maestro.

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Per chi, come me, non è più giovanissimo….questo è il quadro delle 1000 lire! 😉

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Spero di avervi incuriosito un po’. La prossima settimana magari andiamo a vedere un palazzo normalmente chiuso, adesso vediamo!

Ilaria