Alla scoperta del Circo

Buongiorno. Rieccomi qua a raccontare di un altro luogo nascosto. Siamo ancora in centro e andiamo alla scoperta di quello che rimane del circo e delle sue torri.

Abbiamo già detto più volte che Milano è stata capitale dell’Impero Romano d’Occidente e come tale aveva tra l’altro un foro, un teatro, un anfiteatro, le terme e per l’appunto un circo. Quest’ultimo era collegato al Palazzo Imperiale di Massimiano, del quale parleremo un’altra volta, ed era adibito principalmente alle corse con i carri. Era lungo 470 metri e largo 85 metri.

Proviamo a immaginarcelo. Doveva essere bellissimo con i lati lunghi abbelliti da statue, fontane e colonne mentre sui lati corti c’erano i cancelli dai quali uscivano gli atleti per partecipare alle corse. Uno di questi cancelli si trovava nei pressi dell’attuale Corso Magenta e infatti oggi, entrando al Museo Archeologico, andremo a vederle.

Sia la torre poligonale che la torre quadrangolare sono state riaperte nel 2014 e grazie a Expo rese fruibili tramite visita guidata. Io ero andata con Acanto Milano, vi lascio il sito in fondo all’articolo.

La torre quadrangolare in epoca medievale è diventata poi la torre campanaria di San Maurizio al Monastero Maggiore. Proprio durante il Medioevo fu modificata dotandola di una loggia con colonnine Bisogna salire più di 100 scalini per arrivare in cima, ma non ve ne pentirete. La struttura è quella originale così come alcune decorazioni. Le pareti della torre erano coperte da mattoni e su tutti e quattro i lati c’erano degli archi di misure diverse a seconda del lato sul quale erano esposti. La torre quadrangolare era collegata alla torre poligonale della cinta muraria attraverso un camminamento interno

La torre poligonale invece, erroneamente conosciuta come Torre di Ansperto dal nome del vescovo che nel IX secolo si era preoccupato del restauro, è poligonale all’esterno essendo costituita da 24 lati e circolare all’interno. Oggi misura 16 metri e 60 centimetri ma in origine pare fosse più alta. È stata riconosciuta di epoca romana solamente negli anni 30 del 900. La torre fu poi inglobata nel Monastero benedettino di San Maurizio e utilizzata come luogo di preghiera; per questo motivo vennero affrescate le pareti con una crocifissione e una schiera di Santi. Gli affreschi sono databili XIII secolo.

Un tratto del perimetro del circo, circa 30 metri, è ancora visibile all’interno del cortile di via Vigna 1 e basta chiedere in portineria di poterlo visitare. Onestamente non ci ho mai provato ma rimedierò quanto prima!!! Anche in via Circo 9 ci sono dei resti, questa volta sono fondamenta e anche in questo caso si trovano nel cortile interno, pertanto bisogna chiedere.

Vi dicevo, in tempi non di covid avevo seguito una visita guidata alle torri con Acanto Milano. Potete guardare il loro sito a questo indirizzo: www.acantomilano.it

Torre poligonale
Torre quadrangolare
Colonna originale della torre quadrangolare
Interno torre quadrangolare
Interno torre poligonale
Affresco nella torre poligonale
Affresco nella torre poligonale

Alla scoperta di Porta Nuova

Questa settimana cambiamo totalmente argomento e andiamo a conoscere uno dei nuovi quartieri di Milano. Siamo in porta Nuova e alle nostre spalle abbiamo Corso Como, una strada di poco meno di 300 metri che ancora in epoca romana serviva per raggiungere la città di Como.

L’area ha subìto negli anni diverse trasformazioni, la prima quando nel 1865 venne costruita la stazione ferroviaria che ha di fatto creato un taglio tra il centro e il quartiere dell’Isola. A metà degli anni 2000 invece, la seconda ristrutturazione dell’area e la costruzione del complesso Porta Nuova.

Perché ne parliamo? Semplicemente perché magari non avete fatto caso a tutta una serie di cose oppure come me siete curiosi di saperne il più possibile. Bene, andiamo

La prima opera che incontriamo è la voce della città di Alberto Garutti, professore di Brera. Si tratta di 23 tubi in alluminio ossidati in ottone che ricordano delle trombe. Serve a mettere in comunicazione la città sotterranea con quella sovrastante.

Area Cesar Pelli progettata dall’argentino Cesar Pelli. Si tratta di un’area pedonale per passeggiare, incontrarsi. Nasce dall’idea dell’agorà greca. La piazza è sopraelevata di 6 metri e ha una forma ondulata con panchine e fontane che ricordano i giardini pensili romani. Al centro della piazza il solar tree progettato da Artemide. Si illumina con la luce del giorno.

L’Unicredit Pavillon è stato realizzato un po’ prima di Expo dall’architetto Michele de Lucchi, lo stesso del padiglione Uno. Il legno è il suo materiale preferito e si tratta di uno spazio polifunzionale. A forma di seme da cui può nascere qualcosa con l’obiettivo di crescita culturale dell’area.

Piazza Alvar Aalto progettata dallo studio Arquitec Tonica di Miami. Hanno giocato sui materiali e sui colori. Concept americano di appartamenti e spazi comuni. La tre torri Solaria, Solea e Aria hanno i vetri opachi nella parte bassa e trasparenti sopra.

Da qui possiamo ammirare il bosco verticale di Stefano Boeri. Si tratta di un complesso di due torri residenziali che ospitano circa 800 piante con l’idea di eliminare parte dell’inquinamento. Nella parte alta, delle gru servono alla manutenzione del verde. Il progetto è “una casa per le piante che ospita anche le persone” e infatti anche i materiali, come il gres porcellanato delle pareti, è stato scelto perché riprende il colore della corteccia degli alberi.

 

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Bosco Verticale

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Le voci della città

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Le torri Solaria, Solea e Aria

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Unicredit Pavillon

Alla scoperta della vigna di Leonardo

Oggi andiamo a visitare una delle mie zone preferite di Milano, quella che si snoda intorno a Corso Magenta e entreremo nella casa degli Atellani a vedere la famosa vigna di Leonardo.

L’abitazione si trova proprio di fronte a Santa Maria delle Grazie e non è un caso. Si tratta di un palazzo del 400 circa restaurato e ristrutturato dal Portaluppi nei primi anni del 900.

Ma andiamo con ordine e immergiamoci brevemente nella vita che si svolgeva al tempo di Ludovico il Moro. Partiamo con il dire che qui si era in aperta campagna, zona di borghi dove l’economia era trainata dalla seta e dai vigneti. Il signore di Milano sogna per questa zona un quartiere residenziale alle porte del Castello dove alloggiare i principali cortigiani. Fa erigere Santa Maria delle Grazie come mausoleo del casato e chiama Leonardo da Vinci per affrescarne il refettorio. Pensa di costituire un borgo Sforzesco per i suoi funzionari aprendo la nuova San Vittore in asse con la pusterla di Sant’Ambrogio, e a fine 400 regala al nobile Giacomotto Atellani (suo cortigiano fedele) questa famoso palazzo. Gli Atellani abitarono qui fino al 17° secolo. Il palazzo passerà poi di mano fino al 1919 quando venne acquistato dal senatore Ettore Conti che affiderà al genero Portaluppi la totale ristrutturazione.

Durante la visita di questo luogo nascosto potrete ammirare gli appartamenti ristrutturati. Il Portaluppi infatti in 3 anni di lavoro trasforma le due abitazioni in un’unica struttura abbattendo alcuni muri e creando un solo ingresso. Il portico è in stile bramantesco e dai lavori emergono diverse pitture.

La stanza dello Zodiaco non si sa chi l’abbia dipinta. Nelle volte sono rappresentati i pianeti e sotto i segni zodiacali. Sulle pareti le stagioni, la carta geografica dell’Italia e i venti mentre sul pavimento i segni zodiacali e i pianeti. È la sala della commistione tra antico e moderno.

La sala dello scalone è la sala dove il Portaluppi realizza la scala di collegamento tra il piano superiore (sala degli specchi, del biliardo, da pranzo) con il pian terreno

Lo studio di Ettore Conti uno dei personaggi più importanti del 900. Magnate dell’industria elettrica italiana con il genero costruisce diverse centrali idroelettriche nelle valli alpine. Primo presidente dell’Agip, presidente di Confindustria e della Banca Commerciale è uno dei pochissimi italiani che non si faceva intimidire da Mussolini. Ha ristrutturato 2 volte la chiesa di Santa Maria delle Grazie pagandone la ricostruzione dopo i bombardamenti. Sopra il camino è esposto lo stemma di alleanza tra Cristina di Danimarca e Francesco II Sforza.

Il giardino era già stato ristrutturato dai precedenti proprietari, il Portaluppi lo ridisegnerà in maniera ottocentesca immaginando un viale costeggiato da cipressi, anfore vasi e fontane. Colloca una meridiana sulla parete e un astrolabio. E in fondo al giardino eccola spuntare: la vigna di Leonardo. Proprio quella vigna che Ludovico il Moro aveva donato a Leonardo in risposta alle lettere di sollecito che riceveva per il mancato pagamento del Cenacolo. Su questo terreno Leonardo avrebbe potuto costruire la sua casa e il suo laboratorio ma sappiamo che la storia è andata diversamente.

Quando il Portaluppi ristruttura il palazzo e il giardino non è minimamente interessato al recupero della vigna. Sarà invece Luca Beltrami a studiare i libri antichi e a cercare la posizione corretta. Si è capito che l’area era larga circa 60 metri e lunga circa 165 metri. Prospettava su via Carducci e confinava con i terreni del Monastero di San Girolamo e comprendeva un pezzo del giardino degli Atellani. Con queste informazioni, la fondazione Portaluppi e gli attuali proprietari hanno iniziato i lavori per riportarla alla luce. Tramite le fotografie del Beltrami sono stati ritrovati gli antichi vialetti e a seguito di uno studio effettuato su materiali organici ritrovati si è capito che il vitigno è la Malvasia di Candia Aromatica. Nel 2015 è stata ripiantata la vigna secondo i filari originari.

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Soffitto affrescato

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Portico

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Vigna di Leonardo

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La casa degli Atellani dal giardino

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Studio di Ettore Conti

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Cortile

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Sala dello Zodiaco

 

 

Archeologia industriale al quartiere Tortona

L’autunno scorso, in una giornata uggiosissima, avevo seguito una visita guidata alla scoperta dell’archeologia industriale nel quartiere Tortona. Ci sono tornata poi, in un secondo momento, per rifare alcune foto, prendere appunti più precisi e allungare un po’ il giro aggiungendo altre realtà industriali.

Più di una volta ci è già capitato di parlare di fabbriche vicino ai navigli, quando abbiamo scoperto la fornace Curti, o quando abbiamo parlato della Richard Ginori. Se vi ricordate vi ho anche raccontato del primo quartiere operaio di Milano in via Solari. Ecco, questo itinerario racchiude un po’ di tutto.

Partiamo dall’inizio, dal 1865, quando questa era un’area agricola e faceva parte del comune dei Corpi Santi. Qui si insedierà la stazione ferroviaria di Porta Genova che trasformerà il quartiere da agricolo a prettamente industriale. Il motivo per il quale viene scelto questo lotto di terreno è facilmente intuibile:

  • Non si pagavano i dazi né in entrata né, in quanto la barriera daziaria era più avanti. Per fare mente locale era ai caselli di porta Genova in piazza Cantore
  • Si intercettavano le prime masse di operai provenienti dalle campagne
  • La destinazione agricola originaria faceva si che non si dovesse abbattere nulla ma costruire solamente insediamenti industriali

Facciamo un passo avanti, a partire dagli anni 70 le fabbriche vengono dismesse e conseguentemente l’area entra in una fase di abbandono, sarà solamente nel 1983 che inizia la trasformazione. Flavio Lucchini decide di scegliere una di queste fabbriche per inserire le sue imprese editoriali, insieme all’amico fotografo Fabrizio Ferri.

Quindi, a questo punto, lasciamoci alle spalle la stazione di porta Genova e partiamo. Purtroppo non ci è più possibile attraversare il ponte verde in ghisa del 1913 che è chiuso per manutenzione straordinaria ma attraverseremo poco più avanti al passaggio pedonale temporaneo, la passerella Elvira Leonardi Bouyere, che collega via Ventimiglia con via Tortona.

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Eccoci da questa parte dunque. Da qui iniziamo prendendo a sinistra via Tortona.
Il primo luogo che incontreremo sarà il Magna Pars Event Space al civico 15, una palazzina del primo novecento. In origine qui c’era una fabbrica di profumi che è stata riconvertita in un polo espositivo.

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Prendiamo via Forcella, se guardiamo per terra si riconoscono ancora i segni dei binari dei treni che uscivano dalla sede, e non saranno gli unici che vedremo! Forcella 5 inizialmente era una torrefazione di caffè, mentre adesso ospita gli showroom di Stella McCartney e altri. Inizialmente c’è stata qui la sede dell’Ermenegildo Zegna, ma si trasferirà presto. I colori semplici e l’assenza dei serramenti ci fanno tornare all’origine del corpo di fabbrica, con una valenza più produttiva che estetica.

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Al civico 6 di via Forcella invece, possiamo vedere il primo caso di hotel à parfum del mondo. Si tratta dell’hotel Magna Pars Suites Milano. L’idea è dei proprietari, la famiglia Martone che circa 45 anni fa trasforma l’azienda farmaceutica di famiglia in fabbrica di profumi. Alla fine degli anni 80, la fabbrica viene trasferita nel lodigiano e la famiglia stessa riconverte i volumi in un hotel 5 stelle con allestimento olfattivo. Ogni suites infatti corrisponde ad una nota olfattiva diversa e a disposizione degli ospiti c’è un piccolo giardino segreto oltre che una libreria dedicata ai profumi.

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Arriviamo in fondo e ci troviamo in via Bugatti. Giriamo a sinistra, il tempo di vedere una vecchia casa di righiera e al numero 7, la piazzetta Industria con il cortile della Galvanotecnica Bugatti. Eccoci qua! Non è meravigliosa? Dovete avere fortuna come me e trovare il cancello aperto ma una volta entrati vi troverete davanti questa meraviglia. Qui c’era la fabbrica Barattini & C.  che negli anni 20 inizia a lavorare per le industrie automobilistiche realizzando cromature e zincature. A metà degli anni 90 la famiglia Barattini cederà l’azienda che trasferirà la produzione  fuori Milano. Il recupero è stato fatto con la consulenza dell’architetto Luigi Caccia Dominioni. I due silos vengono recuperati a memoria delle attività originali. La galvanotecnica si declinerà in un’accademia per formare nasi esperti di profumi. L’anima di questo progetto fu il fotografo Fabrizio Ferri che adibì il magazzino a volta dell’ex fabbrica in una sala prove per la moglie Alessandra Ferri.

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Torniamo sui nostri passi, passiamo accanto alla bocciofila e rientriamo in via Tortona. Ecco, giriamo a sinistra e costeggiamo il fabbricato rosso della Deloitte. Ci troviamo al civico 25. Questo era il vecchio palazzo delle poste che è stato acquisito e recuperato da Hines Italia nel 2001. I primi interventi sono dell’architetto Mario Cucinella che recupera l’esistene mantenendo i volumi originali. All’interno dei palazzi della Deloitte è stata creata una piazza con copertura in vetro ed è stata realizzata la superficie in vetro che dà sul largo delle Culture.

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Siamo arrivati a buon punto di questo giro. Prendiamo via Bergognone girando a sinistra. La via è senza uscita, quindi poi dovremo tornare indietro per proseguire il nostro itinerario. Alla fine della via passa ancora la ferrovia. Al numero 59 c’è il teatro Armani, progettato da Tadao Ando, dove a inizio del 2000 Armani ha trasferito gli uffici e lo show room. Il teatro è il luogo prescelto per le sfilate di moda. L’edificio è la vecchia fabbrica della Nestlé che è rimasta dismessa per anni prima di questo intervento. Al numero 40 invece, è stato inaugurato in periodo Expo, l’Armani Silos, l’archivio di documentazione per i 40 anni di carriera dello stilista. Il museo ricava i suoi spazi all’interno di un silos costruito nel 1950 come deposito di granaglie e cereali. Il progetto è dello stilista per accogliere sue opere e mostre fotografiche temporanee. Sceglie questa parte della città per trasferire tutto il suo quartier generale perchè questa è sempre stata una zona operosa e lascia visibile la struttura simile all’alveare.

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Torniamo indietro nuovamente verso il largo delle culture. Eccolo lì il palazzo dell’Ansaldo. La facciata è di inizio 900. Le acciaierie Ansaldo sono sorte qui negli anni 60 nello stabile nel quale nei primi del 900 c’era la Zust che produceva automobili di lusso.  Producevano locomotive, carrozze ferroviarie e tramvie. Negli anni ’80 avviene la dismissione dell’area ma, come possiamo vedere dalla foto sotto riportata, anche qui si vedono ancora i binari dei treni che entravano e uscivano giornalmente con il loro carico. Oggi fanno parte del complesso il MUDEC, i laboratori della Scala e lo spazio BASE.

 

 

Il MUDEC, il museo delle culture, mantiene la facciata storica con elementi decorativi semplici ma belli. E’ vincolata alla sovrintendenza come realtà operaia.

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Proseguiamo sempre su via Tortona dove al civico 35 incontriamo il Nhow Hotel che sorge al posto della vecchia fabbrica della General Electric riconvertita in spazio polifunzionale. Si racconta, perchè purtroppo io non ci sono mai entrata nemmeno per vederci una mostra, che nella zona della hall vicino agli ascensori un pavimento in vetro permetta di vedere le fondamenta dell’ex fabbrica

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Senza proseguire su via Tortona, giriamo subito a destra in via Stendhal e poi prendiamo via Savona e di nuovo a destra. Il quartier generale della Ermenegildo Zegna prospetta su via Savona con una cornice all’interno della quale si può vedere il giardino interno che dà luce agli ambienti. Nello stesso spazio, prima di Zegna, c’era la Riva Calzoni, una delle aziende italiane più importati nella produzione di turbine. La Riva Calzoni diventa celebre prima della seconda guerra mondiale quando, con le proprie turbine riesce ad abbassare il livello del lago di Nemi e recuperare le due navi di Caligola sepolte sul fondo. Guido Ucelli, ingegnere e vicedirettore generale, da quel momento potè fregiarsi del titolo di Nemi.

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Di Guido Ucelli di Nemi parleremo ancora più avanti. Per il momento vi lascio qui e spero che questo giro vi abbia appassionato. Ovviamente non abbiamo visto tutto, ci sono ancora altre realtà industriali che ci mancano, magari faremo una seconda parte un po’ più snella.

Da qui per tornare verso il centro potrete prendere il tram in via Solari che vi porterà alla fermata verde M2 Sant’Agostino, oppure fare quattro passi a piedi.

Le opere d’arte del Parco Sempione

Quante volte ci sarà capitato di entrare al Parco Sempione? Una marea, ma forse non abbiamo mai fatto caso al disegno generale di questo parco cittadino di quasi 400.000 metri quadrati. Siamo proprio in centro, tra il Castello Sforzesco e l’Arco della Pace, anche se possiamo entrare anche da altri varchi.

Il progetto è di fine 800 ed è dell’Alemagna. Il disegno è per un parco all’inglese, quindi non caratterizzato da aiuole precise ma da boschetti, strade tortuose, montagnette…l’idea era quella di avere una continua sorpresa. Come spesso accade, al centro del parco c’è un laghetto dai contorni irregolari. Ma un’altra cosa dobbiamo considerare e cioè che questo parco è sempre stato “contenitore” di opere d’arte, è questo l’aspetto meno conosciuto forse.

Ancora nel 1894 venne installata la prima torre panoramica con ascensore, si trattava della Torre Stigler, che era alta 40 metri e consentiva con un biglietto di salire sui primi ascensori e di vedere il panorama. Fu smantellata poi nel 1924 in quanto non più sicura.

Sappiamo che nel 1906 si svolse l’Expo: sull’area verde venne allestito un luna park con tiri al bersaglio, altalene, campi di pattinaggio, ristoranti e padiglioni di vario genere e la possibilità di fare una crociera in barca sul laghetto. Di questa esposizione sappiamo, perché ne abbiamo già parlato precedentemente, che è rimasto in piedi solamente il padiglione della piscicoltura che è il nostro caro Acquario Civico.

Dal 1906 in poi, il nostro parco sarà indissolubilmente legato all’arte, grazie alla decima Triennale del 1954 che si svolse a Milano. Ma andiamo un po’ a zonzo per il parco e vediamo insieme che cosa possiamo trovare.

Oggi io sono entrata da via Elvezia e quindi la prima cosa che ho trovato è stata l’Arena Civica è dedicata dal 2002 al giornalista sportivo Gianni Brera. Fu costruita prima del parco Sempione, in quanto fu inaugurata nel 1807 ed era ispirata ad un anfiteatro fuori Roma. L’architetto è Luigi Canonica. Ha una forma ellittica di 238 metri di lunghezza e 116 di larghezza e doveva ospitare circa 30.000 persone, circa ¼ della popolazione. Dato che a Milano non si butta via niente i mattoni furono presi inizialmente dalla cinta del Castello Sforzesco. Si faceva la corsa delle bighe e la naumachia. È stata usata come stadio dell’Inter nel 1950 e ristrutturata negli anni 70. Per vedere l’Arena potete o salire sulla torre Branca, come ho fatto io oggi, oppure entrare nella Palazzina Appiani che è stata data in concessione al FAI (Fondo Ambiente Italiano) nel 2015 e che organizza visite guidate con contributo libero dal mercoledì alla domenica.

Non so se avete mai sentito parlare di Montecitorio o di terme dei poveri. È la stessa cosa, è sempre della fontana dell’acqua marcia che stiamo parlando. Si tratta di acqua sulfurea, dal forte odore di uova marce. Nel 1928 l’ingegnere Amorosi installò questa fontana ottagonale a tumulo decorata sui lati con mascheroni. Negli anni 70 primi anni 80 era consuetudine riempire bottiglie di quest’acqua puzzolente e portarsela a casa, in quanto si pensava che facesse bene. I milanesi soprannominarono questa fontana Montecitorio in quanto diverse persone si ritrovavano qui a discutere soprattutto di questioni politiche o appunto terme dei poveri, per i motivi detti più sopra. Dal 2000 quest’acqua non è più considerata potabile in quanto sono cambiati gli standard. Ne sono rimaste solo 3 di fontane dell’acqua marcia a Milano, anche le altre due hanno le stesse caratteristiche e si trovano in Piazza Sant’Angelo sul sagrato della chiesa e nello spartitraffico di Viale Piceno. L’unica ancora attiva è quella del parco. (la fontana è proprio accanto all’Arena).

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Lasciamo la fontana e dirigiamoci verso viale Goethe, andiamo verso la montagnetta che si erge davanti a noi. Avevate mai fatto caso ad una montagna all’interno del parco? Si tratta del monte Tordo e alla sua sommità il monumento a cavallo di Napoleone III, opera di Francesco Barzaghi del 1881. Celebra l’entrata trionfante di Napoleone a Milano dopo la battaglia di Magenta. Sotto il cavallo, nel podio, ci sono dei bassorilievi. Francesco Barzaghi era quotatissimo all’epoca, è lo scultore del monumento di Alessandro Manzoni in piazza San Fedele.

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Dietro al monumento di Napoleone, sempre sulla sommità del monte troviamo la biblioteca civica del parco costruita nel 1954 per la decima triennale. Per quella storica triennale vennero edificate 10 costruzioni nel parco, ad oggi ne sono sopravvissute solamente due, questa appunto e il bar bianco del quale parleremo più avanti, quando ci fermeremo a bere qualcosa! Davanti a questo padiglione è la scultura “il grande motivo” di Francesco Somaini che rappresenta una lettrice. Davanti alla biblioteca è stato piantato un albero in memoria di Lea Garofalo “Le radici del domani” è il titolo scelto per sottolineare l’importanza di un simbolo che vuole essere di speranza oltre che di memoria.

Lasciamo il monte Tordo per dirigerci alla Torre Branca, sulla quale si può salire per qualche minuto al prezzo di 5 euro a persona. A mio parere ne vale assolutamente la pena, soprattutto in giornate nitide il panorama a 360° vi lascerà senza parole. La torre Branca è la vecchia torre Littoria, un’opera di Giò Ponti dell’altezza di 108 metri, comparsa nel parco per la V triennale del 1933. Dopo anni di abbandono è stata riaperta agli inizi degli anni 2000 grazie all’interessamento della società Branca. Avete visto che bello il panorama?

 

Scendendo dalla Torre ci spostiamo verso i bagni misteriosi di De Chirico, opera del 1973. Inizialmente creata per la Triennale è stata poi spostata al museo del 900 per evitare vandalismi. Quella che c’è adesso al Parco Sempione è una copia. Si tratta di una vasca con fondo giallo e le ondine disegnate con all’interno 2 nuotatori, un trampolino e una palla.

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Tornando verso l’Arena non possiamo non notare il teatro continuo di Burri che incornicia il cannocchiale tra il Castello Sforzesco e l’Arco della Pace. Si tratta di una piattaforma in cemento rialzata a mo’ di palcoscenico, molto vissuto sia per spettacoli artistici sia per uso indipendente. Era stato progettato nel 1973 per la XV Triennale e abbattuta successivamente perché fortemente degradata. Venne reinstallata nel 2015, portando con sé non poche polemiche. (A me personalmente piace!)

Dirigiamoci adesso verso l’Accumulazione musicale e seduta, opera di Arman costruita per la Triennale del 1973. Rappresenta una platea. All’interno delle gradinate sono imprigionate delle sedie in ferro mentre di fronte c’è un podio per il direttore d’orchestra sul quale si possono vedere degli strumenti musicali. Serve ad avvicinare l’arte alla quotidianità.

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Ok, da qui attraversiamo per il ponte delle sirenette, o il ponte delle sorelle Ghisini, come le chiamiamo noi milanesi! Si tratta del primo ponte in ghisa di Milano, da qui il nome Ghisini. Prima che si sotterrassero i navigli questo ponte si trovava in via San Damiano oggi Visconti di Modrone. Il ponte è stato piazzato qui nel 1930 e come per i bagni misteriosi anche queste 4 sirenette sono copie. Potete vedere un originale al Museo di Milano presso Palazzo Morando. Come recita un cartello posizionato proprio all’inizio del ponte si tratta di un patrimonio industriale lombardo disegnato dall’architetto Francesco Tettamanzi e inaugurato il 23 Giugno 1842. Due parole su queste sirenette, avete notato che hanno una doppia coda? Pare si tratti della fata Melusina, dea della mitologia celtica e della fertilità.

Ok è giunto il momento di andare a prenderci qualcosa da bere. Ci sono diversi chioschetti in giro per il parco ma noi opteremo per il Bar Bianco che si trova in via Ibsen al 4. Anche questo non è il solito bar, si tratta del vecchio chiosco della Centrale del Latte di Milano costruito per la X Triennale del 1954 dall’architetto Riccardo Griffini. Vi ricordate quando più sopra abbiamo parlato della biblioteca del parco? Questo era un punto di distribuzione dei prodotti della centrale del latte per i bambini che frequentavano il parco, l’interno del bar è decorato con piastrelle in ceramica della Richard Ginori.

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Bene, per il momento io mi fermo qui. Non abbiamo parlato dell’Arco della Pace e del Palazzo della Triennale, sarà per la prossima volta 😉

Buona passeggiata

L’acquario civico

L’estate scorsa con i miei nipoti novenni siamo andati a vedere l’acquario civico di Milano, perchè anche noi abbiamo il nostro bell’acquarietto. Certo, quelli di Genova e di Valencia sono un’altra cosa ma, il nostro è del 1905 ed è liberty, ovviamente! E’ stato costruito ai margini del parco Sempione ed è dell’architetto Locati. Si tratta del padiglione della piscicoltura dell’Expo che si fece a Milano nel 1906 e fu l’unico padiglione che non venne smantellato alla chiusura della manifestazione.

Al centro della facciata, sopra alla fontana con l’ippopotamo (immagine di copertina) c’è una grande statua di Nettuno. Sulle pareti esterne dell’acquario ci sono una marea di tondi con animali marini quali polpi, granchi, lumache. Le ceramiche decorative sono ovviamente della Richard Ginori e le parti decorative di cemento sono della ditta Chini.

L’acquario si sviluppa su due livelli: al piano terreno ci sono le vasche con i pesci e gli organismi marini mentre al piano superiore c’è l’accesso alle terrazze dalle quali si può vedere il giardino.

Si trova in viale Gadio 2, tra il parco Sempione, l’arena e il castello. La fermata della metropolitana più vicina è Lanza sulla verde.

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Sulle tracce di Leonardo

Ho pensato che potremmo iniziare questo percorso sulle tracce di Leonardo dal Museo della Scienza e della Tecnologia. Il museo è molto grande e ci sono davvero tantissimi settori da vedere. Ci sono stata con i miei nipoti qualche sabato fa per entrare nel sottomarino Toti; loro però sono rimasti entusiasti dal lungo corridoio delle macchine disegnate da Leonardo. Si tratta di modellini in legno che riproducono i progetti che il maestro ci ha lasciato nei vari codici. Li abbiamo fotografati tutti!

Usciti dal museo direi che possiamo incamminarci verso il refettorio di Santa Maria delle Grazie per vedere il Cenacolo e la dirimpettaia vigna. Beh, del Cenacolo che cosa dobbiamo dire? È un miracolo che sia arrivato ai giorni nostri. Il mio suggerimento è di entrarci con una visita guidata che vi spieghi bene il periodo storico, la scelta della tecnica e la fortuna che abbiamo avuto nel superare la guerra mondiale (non dimentichiamoci che Milano è stata la città italiana più bombardata).

Vi lascio solo un paio di curiosità in merito, qualora non vi capitasse la mia guida.

Il dipinto si basa sul vangelo di Giovanni nel quale Gesù annuncia che verrà tradito da uno degli apostoli. “in verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”. È a questo punto che Leonardo ambienta la scena. Gesù e gli apostoli sono rappresentati tutti dallo stesso lato della tavola e le figure rappresentate sono a gruppi di tre. Goethe durante un suo soggiorno in Italia disse che solo un italiano avrebbe potuto dipingere una cosa del genere, con tutto quel movimento di mani, teste, espressioni! Se nessuno dovesse dirvelo, quando siete nel refettorio, mettetevi circa al centro e inginocchiatevi: questa è la visuale che avevano i frati ai tempi di Leonardo, ne resterete sorpresi, prende tutta un’altra piega.

Cenacolo Vinciano con firma.jpg

Bene, adesso usciamo e andiamo a vedere la vigna di Leonardo presso la Casa degli Atellani che è stata aperta nel 2015 grazie a Expo. Si racconta che nel 1499 Ludovico il Moro donò a Leonardo da Vinci una vigna da 16 pertiche situata nei campi della vigna di San Vittore. Ludovico il Moro non aveva ancora pagato il Cenacolo e continuava a ricevere solleciti da Leonardo, pertanto pensò che questo era il modo migliore per liberarsi dalle lettere di sollecito. La storia della vigna attraverso i secoli è lunga, dobbiamo ringraziare Luca Beltrami e i suoi studi sui documenti dell’epoca se abbiamo indicazioni precise. Confinava con i terreni del monastero di San Girolamo e comprendeva un pezzo del giardino degli Atellani. Basandosi su questi dati sono iniziati i lavori per riportarla alla luce.

Vigna_Casa degli Atellani con firma.jpg

Dopo aver visto queste tre opere ci possiamo dirigere verso il Castello Sforzesco, passando per piazza Cadorna. Sono due le opere custodite: il quaderno degli appunti scritto da Leonardo nel suo primo soggiorno a Milano, e la sala delle Asse. Il primo come dicevamo, è il codice Trivulziano conservato nella Biblioteca Trivulziana mentre sulla seconda….beh… ne sapremo di più penso a inizio 2019 quando finalmente dovrebbe aprire al pubblico. Si tratta di una sala dove gli Sforza ospitavano gli ambasciatori. La fecero affrescare da Leonardo che dipinse sul soffitto rami, foglie, corde. Quando poi Milano passò sotto i francesi la sala fu adibita a stalla e fu imbiancata. I lavori sono in corso, sono iniziati grazie a Expo.

Castello con firma.jpg

Oramai siano in Cairoli, possiamo pensare di prendere la metropolitana lilla e dirigerci a vedere il Cavallo di Leonardo all’ippodromo. La statua è ispirata ai calcoli di Leonardo: l’idea era quella di costruire la statua equestre più grande al mondo. Le cose andarono diversamente, Milano passò sotto i francesi e Leonardo lasciò il granducato. Alla fine degli anni 70 un ex pilota americano, amante di Leonardo da Vinci, lesse la storia di quest’opera mai compiuta e decise di raccogliere fondi per riuscire a costruirlo e donarlo alla città di Milano come ringraziamento per aver fatto lavorare Leonardo. L’opera si trova nel cortile dell’ippodromo dalla fine degli anni 90.

Cavallo di Leonardo con firma

Per adesso vi saluto qui, ci rivedremo presto per scoprire altre curiosità di Leonardo in giro per la città.

Informazioni pratiche:

  • Il museo della scienza e della tecnologia si trova sulla metro verde fermata Sant’Ambrogio.
  • Il Cenacolo e la casa degli Atellani li trovate sulla metro rossa, fermata Conciliazione
  • Il Castello Sforzesco, metro rossa fermata Cadorna e Cairoli Castello
  • Il Cavallo di Leonardo metro lilla fermata San Siro Stadio

Se invece volete sapere con chi ho fatto le mie visite guidate al cenacolo, scrivetemi che vi do i riferimenti 🙂

 

Ambrogio e i battisteri

Duomo con firma.jpg

Oggi vi vorrei far scoprire che cosa si nasconde sotto la pavimentazione del Duomo di Milano. Si, proprio sotto! Chissà quante volte ci sarà capitato di attraversare di corsa la piazza, facendo attenzione a schivare i piccioni, i turisti con le macchine fotografiche, e magari dando un’occhiata veloce alla Madonnina.

Invece mi chiedo, e vi chiedo, avete mai fatto caso che sul sagrato del Duomo ci sono dei solchi? È la pianta del battistero di San Giovanni alle fonti!

I resti sono “spuntati” la prima volta negli anni 60, durante la costruzione della linea rossa della metropolitana. Per accedere bisogna fare il biglietto e entrare nel Duomo. Pochi gradini e sembra di essere lontano anni luce dalla piazza e dalla modernità.

L’area è appena stata sistemata, si vedono delle tombe, i resti di Santa Tecla e poi lei: la vasca ottagonale. Doveva essere bellissimo all’epoca di Ambrogio: probabilmente c’erano dei marmi alle pareti e il pavimento era a mosaico bianco e nero. La pavimentazione della vasca doveva essere anch’essa a mosaico ma in verde e oro mentre la volta doveva essere blu. L’acqua pulita zampillava costantemente 365 giorni all’anno. Qui, in questo battistero, Ambrogio battezzò Agostino.

Battistero San Giovanni alle fonti

C’è poi un secondo battistero vicinissimo al Duomo. Chissà quante volte ci siete passati accanto e non ci avete nemmeno fatto caso. Eppure è lì dal IV secolo! Si trova proprio all’ingresso della salita alle terrazze con l’ascensore. Passati tutti i controlli, giratevi a sinistra. L’avete visto vero? Si tratta del battistero di Santo Stefano alle fonti.

La vasca è ancora ben conservata, si pensa che il pavimento fosse decorato con una croce e le pareti coperte da marmi bianchi. Dalle colonne forate scendeva l’acqua zampillante e probabilmente Ambrogio fu battezzato qui il 30 novembre del 374, prima di diventare vescovo il 07 dicembre del medesimo anno.

Santo Stefano alle fonti.jpg

Bene, abbiamo scoperto dove si trovano gli antichi battisteri, ma la metropolitana ci svela altri segreti: nel mezzanino della M1 possiamo trovare i resti dell’antica basilica distrutta di Santa Tecla. Grazie a Expo anche questa zona è stata sistemata e ripulita e pertanto possiamo ammirare un tratto della pavimentazione e dei mosaici.

Basilica di Santa Tecla

Pavimentazione romana.jpg

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Sotto alla metropolitana, sempre in Duomo, si può vedere anche un rifugio antiaereo della guerra mondiale, ma quello è un altro argomento (che mi sta molto a cuore) e del quale parleremo più avanti.

Info: ovviamente metro M1/M3 rossa e gialla fermata Duomo!

Buone scoperte