Oh bei! Oh bei!

Il primo articolo di questo blog è stato sulle tradizioni del Natale, quasi un anno fa. Chi mi conosce anche nella vita reale sa che questo è il mio periodo preferito dell’anno, quindi parleremo ancora di Natale e delle sue tradizioni. Da venerdì 7 dicembre a lunedì 10 dicembre ci sarà la fiera degli Oh bei! Oh bei! Quest’anno ancora nei dintorni del Castello Sforzesco, il cui ingresso è gratuito e dove potrete trovare diversi espositori di fiori, giocattoli, dolci, caldarroste, vin brulè e miele, artigiani…

La fiera degli oh bei oh bei è pura tradizione meneghina, e da circa 5 secoli anticipa le festività natalizie. Certo con il tempo le cose sono un po’ cambiate. Da una ventina di anni c’è l’artigianato in fiera, ad ingresso gratuito nel nuovo polo fieristico di Rho/Fiera che consente di respirare il clima natalizio per circa una settimana e dove sicuramente troverete un sacco di idee da tutta Italia e da tutto il mondo per i vostri regali di Natale. Da qualche anno nei dintorni del Duomo sono anche arrivate le casette in legno, stile mercatini di Natale, dove potrete trovare altre idee per i vostri regali ma, io ho un animo romantico e sono legata alle tradizioni e quindi gli oh bei oh bei, anche se i tempi sono cambiati, rimangono i miei preferiti.

Il weekend è ovviamente quello nel quale si festeggia il nostro santo patrono Sant’Ambrogio e per anni, prima che si trasferisse qui al Castello erano le vie intorno alla Basilica omonima che ospitavano la fiera.

Ma che cosa significa l’espressione Oh bei! Oh bei!? E da dove arriva? La storia racconta che nel 1510 Giannetto Castiglione arrivò in città incaricato da Papa Pio IV per cercare di riaccendere la fede dei milanesi. Arrivato nei dintorni della città però, Castiglioni temette di non essere ben accettato dalla popolazione che non aveva mai manifestato tanta simpatia nei confronti del Papa, e poi eravamo proprio sotto la festa del Santo Patrono… Decise pertanto di portare con sé tanti pacchi pieni di giocattoli e dolciumi da distribuire ai bambini che appunto risposero con la frase oh bei oh bei che in italiano significa che belli che belli. All’epoca era tipico trovare sui banchetti le mostarde, i castagnacci e i firun che erano delle castagne cotte al forno con il vino bianco infilate in uno spago a mo’ di collana.

 

L’immagine di copertina è un quadro presente a Palazzo Morando del pittore Carlo Agazzi intitolato “La fiera degli Oh bei! Oh bei! del 1900.

Il carnevale ambrosiano

La festa del carnevale l’ho sempre vissuta ben poco. Forse perché da bambina non ho mai potuto mascherarmi molto e quindi sono rimasta sempre un po’ fuori dal giro. Ricordo che una volta mi vestii da clown mi pare, mi fece il vestito una cara amica di famiglia e un’altra volta da odalisca….di rosa…e questo è l’unico vestito di carnevale che mi abbiano mai comprato i miei genitori.

Trovo che sia simpatico vedere in giro i bimbetti mascherati da ape, da coccinella, da fatina, principessa….ma avete notato che praticamente nessuno si veste più con le maschere tradizionali? Eppure il carnevale ha una storia antichissima. Le maschere ufficiali di Milano sono Meneghin e La Cecca. Ma chi sono questi due e da dove arrivano?

Meneghin, sta per Domenico e incarna perfettamente lo spirito dei milanesi. E’ un servo devoto e ligio agli ordini ma è intollerante a qualsiasi sopruso. Sempre allegro, “attacca bottone con tutti” (traduzione in italiano: parla con tutti), è sempre in movimento, schietto e diretto. Si tratta di una maschera popolare già nota nel 600 che viene portata al successo da Carlo Maria Maggi. L’abito è un po’ laborioso: ha una giacca lunga rossiccia e marrone, i pantaloni verdi sopra il ginocchio e calze a righe rosse e bianche. Sotto la giacca una camicia gialla e un fazzoletto intorno al collo. Scarpe marroni per non farci mancare niente! Ah già, in testa un cappello a tre punte…

La Cecca invece è il diminutivo di Francesca ed è la moglie di Meneghin: aiuta il marito come può, si occupa della casa e fa quadrare il bilancio familiare senza mai finire in rosso. È creativa, estremamente operosa, è allegra e di buona volontà.

A differenza di altre maschere Meneghin e Cecca hanno il viso scoperto simbolo di onestà d’animo.

Come forse saprete, il carnevale ambrosiano inizia quando quello delle altre città italiane è già finito. Questo perché nella diocesi di Milano si celebra appunto il rito ambrosiano, che è diverso da quello romano. Nel caso specifico nella nostra diocesi l’inizio della Quaresima non è il mercoledì delle ceneri, ma la domenica dopo.

La tradizione vuole che sia stato Sant’Ambrogio a spostarne l’inizio. Si racconta che fosse partito per un pellegrinaggio dicendo che sarebbe rientrato in tempo per dare inizio alla Quaresima. Per qualche intoppo rientrò a Milano in ritardo ma i cittadini lo aspettarono comunque e quindi vennero spostate di 4 giorni le festività.

Quindi, la data ufficiale di inizio del carnevale è domani 13 febbraio, martedì grasso e si concluderà sabato 17 febbraio, sabato grasso. L’evento clou del carnevale, sarà come sempre, la sfilata dei carri in programma per sabato. Il tema di quest’anno sono gli insetti.

Quali sono i dolci della tradizione? Ovviamente chiacchiere e tortelli, ma di quelli troverete le ricette mercoledì!

Ambrogio e i battisteri

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Oggi vi vorrei far scoprire che cosa si nasconde sotto la pavimentazione del Duomo di Milano. Si, proprio sotto! Chissà quante volte ci sarà capitato di attraversare di corsa la piazza, facendo attenzione a schivare i piccioni, i turisti con le macchine fotografiche, e magari dando un’occhiata veloce alla Madonnina.

Invece mi chiedo, e vi chiedo, avete mai fatto caso che sul sagrato del Duomo ci sono dei solchi? È la pianta del battistero di San Giovanni alle fonti!

I resti sono “spuntati” la prima volta negli anni 60, durante la costruzione della linea rossa della metropolitana. Per accedere bisogna fare il biglietto e entrare nel Duomo. Pochi gradini e sembra di essere lontano anni luce dalla piazza e dalla modernità.

L’area è appena stata sistemata, si vedono delle tombe, i resti di Santa Tecla e poi lei: la vasca ottagonale. Doveva essere bellissimo all’epoca di Ambrogio: probabilmente c’erano dei marmi alle pareti e il pavimento era a mosaico bianco e nero. La pavimentazione della vasca doveva essere anch’essa a mosaico ma in verde e oro mentre la volta doveva essere blu. L’acqua pulita zampillava costantemente 365 giorni all’anno. Qui, in questo battistero, Ambrogio battezzò Agostino.

Battistero San Giovanni alle fonti

C’è poi un secondo battistero vicinissimo al Duomo. Chissà quante volte ci siete passati accanto e non ci avete nemmeno fatto caso. Eppure è lì dal IV secolo! Si trova proprio all’ingresso della salita alle terrazze con l’ascensore. Passati tutti i controlli, giratevi a sinistra. L’avete visto vero? Si tratta del battistero di Santo Stefano alle fonti.

La vasca è ancora ben conservata, si pensa che il pavimento fosse decorato con una croce e le pareti coperte da marmi bianchi. Dalle colonne forate scendeva l’acqua zampillante e probabilmente Ambrogio fu battezzato qui il 30 novembre del 374, prima di diventare vescovo il 07 dicembre del medesimo anno.

Santo Stefano alle fonti.jpg

Bene, abbiamo scoperto dove si trovano gli antichi battisteri, ma la metropolitana ci svela altri segreti: nel mezzanino della M1 possiamo trovare i resti dell’antica basilica distrutta di Santa Tecla. Grazie a Expo anche questa zona è stata sistemata e ripulita e pertanto possiamo ammirare un tratto della pavimentazione e dei mosaici.

Basilica di Santa Tecla

Pavimentazione romana.jpg

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Sotto alla metropolitana, sempre in Duomo, si può vedere anche un rifugio antiaereo della guerra mondiale, ma quello è un altro argomento (che mi sta molto a cuore) e del quale parleremo più avanti.

Info: ovviamente metro M1/M3 rossa e gialla fermata Duomo!

Buone scoperte