Archeologia industriale al quartiere Tortona

L’autunno scorso, in una giornata uggiosissima, avevo seguito una visita guidata alla scoperta dell’archeologia industriale nel quartiere Tortona. Ci sono tornata poi, in un secondo momento, per rifare alcune foto, prendere appunti più precisi e allungare un po’ il giro aggiungendo altre realtà industriali.

Più di una volta ci è già capitato di parlare di fabbriche vicino ai navigli, quando abbiamo scoperto la fornace Curti, o quando abbiamo parlato della Richard Ginori. Se vi ricordate vi ho anche raccontato del primo quartiere operaio di Milano in via Solari. Ecco, questo itinerario racchiude un po’ di tutto.

Partiamo dall’inizio, dal 1865, quando questa era un’area agricola e faceva parte del comune dei Corpi Santi. Qui si insedierà la stazione ferroviaria di Porta Genova che trasformerà il quartiere da agricolo a prettamente industriale. Il motivo per il quale viene scelto questo lotto di terreno è facilmente intuibile:

  • Non si pagavano i dazi né in entrata né, in quanto la barriera daziaria era più avanti. Per fare mente locale era ai caselli di porta Genova in piazza Cantore
  • Si intercettavano le prime masse di operai provenienti dalle campagne
  • La destinazione agricola originaria faceva si che non si dovesse abbattere nulla ma costruire solamente insediamenti industriali

Facciamo un passo avanti, a partire dagli anni 70 le fabbriche vengono dismesse e conseguentemente l’area entra in una fase di abbandono, sarà solamente nel 1983 che inizia la trasformazione. Flavio Lucchini decide di scegliere una di queste fabbriche per inserire le sue imprese editoriali, insieme all’amico fotografo Fabrizio Ferri.

Quindi, a questo punto, lasciamoci alle spalle la stazione di porta Genova e partiamo. Purtroppo non ci è più possibile attraversare il ponte verde in ghisa del 1913 che è chiuso per manutenzione straordinaria ma attraverseremo poco più avanti al passaggio pedonale temporaneo, la passerella Elvira Leonardi Bouyere, che collega via Ventimiglia con via Tortona.

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Eccoci da questa parte dunque. Da qui iniziamo prendendo a sinistra via Tortona.
Il primo luogo che incontreremo sarà il Magna Pars Event Space al civico 15, una palazzina del primo novecento. In origine qui c’era una fabbrica di profumi che è stata riconvertita in un polo espositivo.

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Prendiamo via Forcella, se guardiamo per terra si riconoscono ancora i segni dei binari dei treni che uscivano dalla sede, e non saranno gli unici che vedremo! Forcella 5 inizialmente era una torrefazione di caffè, mentre adesso ospita gli showroom di Stella McCartney e altri. Inizialmente c’è stata qui la sede dell’Ermenegildo Zegna, ma si trasferirà presto. I colori semplici e l’assenza dei serramenti ci fanno tornare all’origine del corpo di fabbrica, con una valenza più produttiva che estetica.

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Al civico 6 di via Forcella invece, possiamo vedere il primo caso di hotel à parfum del mondo. Si tratta dell’hotel Magna Pars Suites Milano. L’idea è dei proprietari, la famiglia Martone che circa 45 anni fa trasforma l’azienda farmaceutica di famiglia in fabbrica di profumi. Alla fine degli anni 80, la fabbrica viene trasferita nel lodigiano e la famiglia stessa riconverte i volumi in un hotel 5 stelle con allestimento olfattivo. Ogni suites infatti corrisponde ad una nota olfattiva diversa e a disposizione degli ospiti c’è un piccolo giardino segreto oltre che una libreria dedicata ai profumi.

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Arriviamo in fondo e ci troviamo in via Bugatti. Giriamo a sinistra, il tempo di vedere una vecchia casa di righiera e al numero 7, la piazzetta Industria con il cortile della Galvanotecnica Bugatti. Eccoci qua! Non è meravigliosa? Dovete avere fortuna come me e trovare il cancello aperto ma una volta entrati vi troverete davanti questa meraviglia. Qui c’era la fabbrica Barattini & C.  che negli anni 20 inizia a lavorare per le industrie automobilistiche realizzando cromature e zincature. A metà degli anni 90 la famiglia Barattini cederà l’azienda che trasferirà la produzione  fuori Milano. Il recupero è stato fatto con la consulenza dell’architetto Luigi Caccia Dominioni. I due silos vengono recuperati a memoria delle attività originali. La galvanotecnica si declinerà in un’accademia per formare nasi esperti di profumi. L’anima di questo progetto fu il fotografo Fabrizio Ferri che adibì il magazzino a volta dell’ex fabbrica in una sala prove per la moglie Alessandra Ferri.

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Torniamo sui nostri passi, passiamo accanto alla bocciofila e rientriamo in via Tortona. Ecco, giriamo a sinistra e costeggiamo il fabbricato rosso della Deloitte. Ci troviamo al civico 25. Questo era il vecchio palazzo delle poste che è stato acquisito e recuperato da Hines Italia nel 2001. I primi interventi sono dell’architetto Mario Cucinella che recupera l’esistene mantenendo i volumi originali. All’interno dei palazzi della Deloitte è stata creata una piazza con copertura in vetro ed è stata realizzata la superficie in vetro che dà sul largo delle Culture.

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Siamo arrivati a buon punto di questo giro. Prendiamo via Bergognone girando a sinistra. La via è senza uscita, quindi poi dovremo tornare indietro per proseguire il nostro itinerario. Alla fine della via passa ancora la ferrovia. Al numero 59 c’è il teatro Armani, progettato da Tadao Ando, dove a inizio del 2000 Armani ha trasferito gli uffici e lo show room. Il teatro è il luogo prescelto per le sfilate di moda. L’edificio è la vecchia fabbrica della Nestlé che è rimasta dismessa per anni prima di questo intervento. Al numero 40 invece, è stato inaugurato in periodo Expo, l’Armani Silos, l’archivio di documentazione per i 40 anni di carriera dello stilista. Il museo ricava i suoi spazi all’interno di un silos costruito nel 1950 come deposito di granaglie e cereali. Il progetto è dello stilista per accogliere sue opere e mostre fotografiche temporanee. Sceglie questa parte della città per trasferire tutto il suo quartier generale perchè questa è sempre stata una zona operosa e lascia visibile la struttura simile all’alveare.

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Torniamo indietro nuovamente verso il largo delle culture. Eccolo lì il palazzo dell’Ansaldo. La facciata è di inizio 900. Le acciaierie Ansaldo sono sorte qui negli anni 60 nello stabile nel quale nei primi del 900 c’era la Zust che produceva automobili di lusso.  Producevano locomotive, carrozze ferroviarie e tramvie. Negli anni ’80 avviene la dismissione dell’area ma, come possiamo vedere dalla foto sotto riportata, anche qui si vedono ancora i binari dei treni che entravano e uscivano giornalmente con il loro carico. Oggi fanno parte del complesso il MUDEC, i laboratori della Scala e lo spazio BASE.

 

 

Il MUDEC, il museo delle culture, mantiene la facciata storica con elementi decorativi semplici ma belli. E’ vincolata alla sovrintendenza come realtà operaia.

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Proseguiamo sempre su via Tortona dove al civico 35 incontriamo il Nhow Hotel che sorge al posto della vecchia fabbrica della General Electric riconvertita in spazio polifunzionale. Si racconta, perchè purtroppo io non ci sono mai entrata nemmeno per vederci una mostra, che nella zona della hall vicino agli ascensori un pavimento in vetro permetta di vedere le fondamenta dell’ex fabbrica

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Senza proseguire su via Tortona, giriamo subito a destra in via Stendhal e poi prendiamo via Savona e di nuovo a destra. Il quartier generale della Ermenegildo Zegna prospetta su via Savona con una cornice all’interno della quale si può vedere il giardino interno che dà luce agli ambienti. Nello stesso spazio, prima di Zegna, c’era la Riva Calzoni, una delle aziende italiane più importati nella produzione di turbine. La Riva Calzoni diventa celebre prima della seconda guerra mondiale quando, con le proprie turbine riesce ad abbassare il livello del lago di Nemi e recuperare le due navi di Caligola sepolte sul fondo. Guido Ucelli, ingegnere e vicedirettore generale, da quel momento potè fregiarsi del titolo di Nemi.

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Di Guido Ucelli di Nemi parleremo ancora più avanti. Per il momento vi lascio qui e spero che questo giro vi abbia appassionato. Ovviamente non abbiamo visto tutto, ci sono ancora altre realtà industriali che ci mancano, magari faremo una seconda parte un po’ più snella.

Da qui per tornare verso il centro potrete prendere il tram in via Solari che vi porterà alla fermata verde M2 Sant’Agostino, oppure fare quattro passi a piedi.

L’area dell’ex Richard Ginori

Buongiorno a tutti, sono tornata! Vi sono mancata? Voi si ma, non sono stata con le mani in mano, ho sistemato gli appunti e ho fatto un po’ di ordine nelle fotografie, sono andata a vedere cose nuove e adesso sono pronta per ripartire e raccontare altre storie su Milano.

Per ricominciare ho scelto di partire dall’architettura industriale, che adoro, e da un luogo del cuore: la Richard Ginori, dove mio nonno ha lavorato.

Ci troviamo in zona sud ovest. L’area è compresa tra due famosi ponti di ferro sul naviglio grande. All’altezza della chiesa di San Cristoforo, della quale vi racconterò presto, c’è il primo: scuro e fisso. All’altezza della Richard Ginori c’è il secondo: verdino e mobile.

Il ponte di ferro verdino già da solo vale la visita! Non so quante ore ho passato alla fermata del pullman accanto a quel ponte…e l’autobus non arrivava mai… ma vabbeh questa è un’altra storia! Sono pendolare da anni, adesso che ci penso!

Comunque, è stato costruito nel 1908 dalla società Nathan Uboldi e utilizza la stessa tecnologia della tour Eiffel e del ponte ferroviario di Paderno d’Adda. È su due livelli: quello più alto è pedonale, quello più basso è ferroviario ed è mobile. Quando serviva alla fabbrica veniva abbassato, altrimenti rimaneva sospeso per favorire il passaggio delle chiatte.

Questa zona, adagiata sulle sponde del naviglio, è sempre stata ricca di concerie, fornaci, cartiere e nella zona tra via Ludovico il Moro, via Morimondo e via Giulio Richard si insediò la Richard Ginori.

Oggi attualmente la zona è stata riqualificata ed è stata costruita la città dell’immagine. Alessandro Cajrati Crivelli ha rilevato tutti i capannoni e avviato un progetto ambizioso mantenendo la fisionomia industriale e costruendo studi di architettura, fotografia e moda.

Ma dove parte la storia della mitica Richard Ginori? Nasce nel 1725 con una villa suburbana che verrà acquistata nel 1811 dai fratelli Orelli per costituire la società per la fabbricazione delle porcellane lombarde.

È solo nel 1842 che viene acquisita dall’imprenditore svizzero Giulio Richard che avrà delle idee innovative per la produzione e per i suoi operai: nel primo caso decide di allargare la produzione anche a livelli più bassi della borghesia milanese inserendo vasellame per uso quotidiano, mentre per gli operai farà costruire una scuola, un asilo, delle case per i dipendenti, istituirà delle borse di studio e darà dei riconoscimenti per la maternità.

Nel 1873 fonderà la società ceramica Richard.

A Giulio Richard succederà il sesto figlio Augusto, che sarà molto più marketing oriented, creando alleanze con altre manifatture e incorporando la Ginori, così nel 1896 nascerà la Richard Ginori.

Nel 1923 entrerà in organico Giò Ponti che ne manterrà la direzione artistica fino al 1930. Verrà acquisita poi dalla Pozzi, e dopo diverse vicissitudini passerà a Ligresti che chiuderà progressivamente tutto. L’area, negli anni 90, sarà dismessa e lasciata in stato di abbandono.

Negli anni 10 del 2000 il marchio Richard Ginori è stato acquisito dal gruppo fiorentino di Gucci.

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