Il cimitero Monumentale: Amore e Morte

Ciao! Eccomi qua con il primo degli itinerari sul cimitero monumentale. Ci eravamo lasciati al Famedio qualche settimana fa ma ho escluso agosto perchè mi rendo conto che fa davvero troppo caldo girare per il cimitero con questa canicola, anche se piante, panchine e fontanelle non mancano! Io per quest’anno ho abbondantemente dato, quindi eccoci qua oggi. Tutte le tombe che vedremo insieme in questo giro sono tra il 1870 e il 1970.

Pronti? Non vorrei ripetermi ma, mentre l’acqua è disponibile la caffeina ve la dovrete procurare precedentemente e … le scarpe comode ovviamente 😉 Per ogni tomba, monumento che vedremo, vi metterò anche l’indicazione di dove si trovano il più precisamente possibile, in modo che possiate fare il giro in completa autonomia 🙂

 – Monumento Volontè Vezzoli Galleria C-D di Ponente Superiore. L’opera si chiama l’ultimo bacio ed è dello scultore Emilio Quadrelli. Si tratta di una giovane coppia spezzata dalla morte. La donna ha una veste sottilissima, il foulard in testa indica che si tratta di un’operaia, e uno scialle sulle spalle. Si tratta, probabilmente, di una morte sul lavoro. Verismo spietato dal punto di vista iconografico mentre la modernità è data dall’attenzione per la fascinazione del corpo. Io la trovo davvero molto bella.

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– Monumento Carcano di Bregnano Edicola D Ponente Superiore. L’architetto è Cesare Nava, lo scultore Antonio Carminati. Siamo nel 1904. Per la prima volta viene rappresentato l’angelo della morte di sesso maschile, senza putti e senza angeli femminili. L’angelo punta verso l’alto con le grandi ali aperte e viene rappresentato come un giovane uomo sui 30 anni. La figura femminile invece punta verso il basso anche grazie al panneggio sotto la scultura. La giovane donna è semi nuda e sembra si aggrappi all’angelo. Il basamento è neo-barocco con ridondanza delle forme per celebrare la famiglia committente.

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Monumento Famiglia Sarchi si trova nel cimitero degli Acattolici, campo 4. Lo scultore è Otello Montaguti che si è formato alla bottega di Francesco Messina. Una donna viene portata in alto dai putti, il corpo viene annullato dall’ampio panneggio. I coniugi sono morti nel ’59 in un incidente aereo nei pressi di Malpensa; erano in viaggio di piacere verso Parigi.

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 – Monumento Zaira Brivio Riparto I, lo scultore è Alfredo Sassi. L’opera si chiama angelo consolatore. Questa opera è stata vandalizzata qualche mese fa quando hanno rubato la fotografia in vetro ceramica. E’ un vero peccato perchè nella fotografia c’era la morta nella stessa posizione del monumento. E’ del 1883 ed è ispirata al monumento di Isabella Airoldi Casati di Enrico Butti. E’ un’opera assolutamente verista e lo possiamo notare dalle labbra socchiuse, come a esalare l’ultimo respiro e dai capelli sudati. L’angelo invece non è rappresentato ma è fisicamente al fianco della defunta. Lei ha sofferto prima di morire, lui è ieratico con la bocca inespressiva. Sopra, una Madonna molto delicata e commovente. Iconografia cristiana con la candela spenta dato che la vita non c’è più.

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 – Monumento di Adolfo e Dina Wildt si trova nel Circondante di Ponente. Si chiama maschera del dolore ed è dell’architetto Giovanni Muzio e dello scultore Adolfo Wildt. Si tratta di due fusioni bronzee, è una tomba storica del 1931. Wildt fu professore a Brera e ebbe tra i suoi allievi Lucio Fontana. Figlio del portiere di palazzo Marino, fece diversi lavori prima di riuscire a diplomarsi a Brera. In quell’epoca sposerà Dina che sarà sempre al fianco , soprattutto nei suoi tanti momenti di depressione. I due volti sono molto diversi: quello della moglie è molto più sereno e bello mentre quello di Adolfo è l’allegoria del dolore. A destra, vicino alla firma, ci sono 3 croci che indicano un periodo emotivo molto difficile per lo scultore.

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 – Monumento Ravera si trova nel Rialzato A-B di Ponente, dello scultore Adolfo Wildt. E’ il suo testamento artistico, fatta 2 anni prima di morire. Rappresenta Natalina Ravera con il figlio e due nipoti. Muoiono nell’attentato del 1928 alla fiera campionaria. Il monumento, pur ospitando i corpi delle quattro persone è una rappresentazione dell’amore sociale per tutte le famiglie coinvolte. Utilizza la forma della stele; i personaggi rappresentati hanno gli occhi chiusi ma non stanno dormendo, sono già passati oltre.

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Monumento Giuseppe Mengoni si trova nel Circondante di Ponente. E’ opera dello scultore Francesco Barzaghi del 1879 e del 1881. Si tratta di un monumento celebrativo e non troppo sfarzoso, così come voluto dalla famiglia. Mengoni muore, forse suicida, il 30/12/1877 il giorno prima dell’inaugurazione della Galleria. Era un uomo molto solo e sofferente. Viene rappresentato con abiti elegranti del secolo. Dopo 3 anni dalla sua morte muore anche la figlia Elena e quindi la famiglia chiede ancora all’architetto di aggiungere la bambina al monumento. In questo caso viene rappresentata come la dolente che porta i fiori al padre ma il padre non può ricambiare lo sguardo. Di questo giro è una delle mie tombe preferite.

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Monumento Balzaretti Riparto IX è la foto che ho scelto come immagine in evidenza per questo giro. Trovo l’angelo che si invola qualcosa di straordinario. L’opera è di Giannino Castiglioni e si chiama carità, amore, fede. La carità è rappresentata dalla donna che nutre il bambino, simbolo della maternità. L’amore sono i due coniugi e la fede è l’angelo che è già sollevato da terra e sta spiccando il volo. Mentre nell’angelo troviamo ancora qualcosa di liberty,  l’uomo è già razionalista. Giannino Castiglioni ci ha lasciato 59 opere al monumentale.

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Monumento Rossi nel Reparto XII. Anche questa è un’opera di Giannino Castiglioni e si chiama onora il padre e la madre. Su base circolare vengono rappresentati i due coniugi sdraiati sotto un leggero lenzuolo mentre si guardano tenendosi per mano. Il putto che tiene i piedi dei due coniugi per celebrare la famiglia.

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Ancora due e poi abbiamo finito! Ovviamente voi potete fermarvi quando volete, ma questo giro in un paio di orette dovreste averlo fatto. La prossima tomba che andremo a vedere è il monumento Vittadini e Beretta e non ne resterete delusi,  a me piace molto. Ci troviamo in area di Levante. Il titolo è l’estremo saluto ed è un’opera del 1906 dello scultore Giovanni Giudici. Guardiamola bene: lui sta morendo. Sono due anziani coniugi e pur essendo nel 900 sono ancora abbigliati alla moda dell’800. La moglie si fa tramite della sofferenza e della malinconia del saluto.  Qui possiamo proprio vedere la paura umana della morte nello sguardo del marito mentre lei invece lo sta accompagnando nel trapasso tenendogli la mano e sistemando i cuscini. L’aspetto è commovente.

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L’ultima opera che andremo a vedere è il monumento Bianchi Bonomi nell’area di Levante. La scultura è opera di Francesco Messina e il titolo è Maddalena. Generalmente nei compianti del Cristo morto la Maddalena è l’elemento che viene rappresentato in modo molto scomposto. A prima vista questa Maddalena è molto tranquilla, viene rappresentata a mani giunte come fosse in preghiera ma, se ci fermiamo a guardare meglio possiamo notare la turbolenza e la devastazione trattenuta, che non può uscire da sotto il velo. Il volto ha i capelli scomposti, gli occhi sembrano vacui da quanto sono pieni di lacrime e la bocca è un po’ aperta.

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Ecco, questo itinerario finisce qua, mi piacerebbe proprio ricevere i vostri suggerimenti.

Ciao, a presto!

 

 

 

 

 

Il salotto buono della città: quattro passi in Galleria

Dato che qualche tempo fa abbiamo fatto insieme l’itinerario dei passaggi coperti e abbiamo nominato la nostra bella galleria, mi sembra giunto il momento di parlarvi un po’ anche di lei, del salotto buono della città.

È sempre un piacere attraversare questo passaggio coperto che va da Piazza del Duomo a Piazza della Scala. Certo, adesso ci sono spesso grandi gruppi di turisti e magari si fa un po’ fatica ad apprezzare i suoi mille particolari ma vi dico che dedicarle un po’ di tempo ne vale proprio la pena.

Ma perché la Galleria è tanto cara ai milanesi?
Beh, prima di tutto perché è la celebrazione del progresso. Era stata progettata per avere:
– Al piano sotterraneo opifici con aperture sul pianterreno per l’illuminazione
– Al piano terra c’erano circa 120 botteghe e la maggior parte di loro avevano l’affaccio in Galleria
– Al mezzanino dei locali adibiti a uffici
– Al piano superiore appartamenti

Mettiamoci al centro dell’ottagono e alziamo lo sguardo. La decorazione delle lunette celebra tutto il mondo conosciuto all’epoca:
– L’ Europa: bruna, severa, con gli strumenti antichi in mano e sui quali veglia, munito di alloro, un genio alato
– L’’Asia: si riconosce dal mandarino cinese scortato dagli indigeni
– L’America: piumata tra i pellerossa e schiavi di colore
– L’Africa: un’antica egizia con un leone

Nei bracci corti della Galleria invece troviamo le attività umane e pertanto sono raffigurate la scienza con l’industria e l’arte con l’agricoltura.

Invece adesso diamo uno sguardo al pavimento. Si tratta principalmente di lastre di marmo di diversi colori realizzati da artisti veneziani. Al centro dell’ottagono è raffigurato con la tecnica del mosaico lo stemma reale della casa dei Savoia con il suo motto: sopporta.
Sempre con la stessa tecnica sono riportati poi i simboli delle 3 capitali del regno d’Italia: il giglio di Firenze, la lupa di Roma e infine il toro di Torino, e poi ovviamente, sul braccio che dal centro dell’ottagono va in piazza della Scala il simbolo di Milano

Diamo uno sguardo ancora alla cupola.
Si trova ad un’altezza di 47 metri e ha un diametro di 39 metri. La prima era in ferro e cristallo, poi dopo una fortissima grandinata il cristallo è stato sostituito con il vetro e infine dopo i bombardamenti della guerra è stata sostituita con quella che vediamo oggi in cemento e vetro.

Ok vi ho brevemente descritto una parte di quello che ancora oggi possiamo vedere quando attraversiamo la galleria. Ci sono però delle piccole curiosità non più visibili che però vorrei farvi conoscere.

Partiamo dall’illuminazione della Galleria
La galleria era un’opera straordinaria che andava vista anche al buio e per questo doveva essere ben illuminata. I tubi del gas furono posti a livello dei negozi e sotto la cupola. Ogni sera si procedeva con l’accensione dei globi in tutta la galleria, sia nei bracci dove era un po’ più fioca sia sotto la cupola che doveva splendere ed essere visibile dappertutto.
Come fare per accendere tutti i globi quindi? L’architetto Mengoni realizzò un sistema a rotaia dove su un piccolo macchinario, una sorta di topolino (il rattin in milanese), veniva acceso col fuoco un tampone che era imbevuto di liquido infiammabile. A questo punto venivano aperti gli ugelli che in sequenza accendevano tutte le fiamme.
Doveva essere uno spettacolo che attirava l’attenzione di diverse persone tutte le sere

Ma Milano sarà la prima città europea e la seconda nel mondo ad avere l’elettricità per illuminare. La prima centrale elettrica arriverà nel 1883 e sarà dalle parti di via Santa Radegonda.
Ovviamente i primi esperimenti per l’energia elettrica verranno fatti in galleria, nei locali che adesso sono occupati da Savini prima c’era la birreria Stocker ed è stato lì che si accenderanno le prime luci elettriche.

Lo sapevate che all’interno della galleria erano presenti 24 statue di gesso? Rappresentavano gli uomini illustri ed erano a grandezza naturale. Erano poste su basamenti all’altezza di circa 3 metri da terra, ma furono presto tolte e probabilmente lasciate in qualche deposito comunale. L’idea iniziale era quella di decorare il più possibile la Galleria per l’inaugurazione ma le statue in gesso non ebbero molta fortuna. Prima di tutto perché il clima umido di Milano non favoriva certo il mantenimento del gesso e secondariamente lo sgretolamento era pericoloso per le persone che transitavano sotto.

Ok, ma perché si calpesta il toro? Si dice che porti fortuna, che se si vuole tornare a Milano bisogna puntare il piede sugli attributi del toro e fare 3 giri senza cadere. La realtà però è un’altra e ha una connotazione meramente politica. Milano ha sempre voluto primeggiare e in quegli anni c’era una forte rivalità nei confronti di Torino che era stata la prima capitale. In segno di scherno i milanesi iniziarono pertanto a calpestare il toro simbolo della città sabauda.

Se invece volete vedere un quadro che rappresenta la posa della prima pietra della galleria è esposto a Palazzo Morando presso il museo di Milano. Se non ci siete mai capitati ve lo consiglio. (Metropolitana 1 San Babila, Metropolitana 3 Montenapoleone)

Ultima cosa e poi vi lascio ve lo prometto. Dal 2015 è possibile salire sui tetti della Galleria e fare una breve passeggiata. Il mio consiglio è ovviamente quello di capitarci all’imbrunire quando il sole si specchia sui marmi del Duomo ma comunque i biglietti si prendono in via Silvio Pellico al numero 2. Entrate nel cortile, prendete l’ascensore che vi porterà al 4° piano, acquistate il biglietto e godetevi il panorama!