La Madonna del grembiule

Anche oggi ci troviamo in una zona antichissima della città. Qui un tempo sorgeva l’antica porta Vercellina, nelle mura fatte erigere dall’imperatore Ottaviano Augusto. La zona è quella di via Brisa dove ci sono alcuni resti del Palazzo Imperiale di Massimiano ma, per essere più precisi ci troviamo nel vicolo di Santa Maria alla Porta.

Nel 600, in piena dominazione spagnola, venne affidato all’architetto Richini il mandato per la ricostruzione della chiesa di Santa Maria alla Porta. Narra la leggenda che un operaio impegnato nella ricostruzione della chiesa, scrostando un vecchio muro scoprì il volto di una Madonna del 400, probabilmente addirittura della scuola degli Zavattari. Dopo aver pulito l’affresco con il grembiule che indossava guarì immediatamente dalla zoppia.

Per i milanesi il luogo diventò miracoloso e nel 700 fecero costruire la cappella dedicata alla Beata Vergine dei Miracoli soprannominata la Madonna del grembiule e la inglobarono alla chiesa preesistente.

Arriviamo poi alla seconda guerra mondiale. Sappiamo che Milano fu la città più bombardata d’Italia e questa zona non sfuggì certo all’offensiva. Nel 1943 una bomba rase al suolo la cappella e le case circostanti e l’edificio non venne ricostruito.

Per anni questa zona è stata lasciata all’incuria, c’era uno slargo che veniva utilizzato come parcheggio selvaggio e nulla di più. Grazie ai lavori di riqualificazione dell’area iniziati meno di 10 anni fa, è stato riportato alla luce questo pezzo di storia. Durante il restauro venne alla luce il pavimento originario in marmo policromo e l’affresco della Madonna del grembiule che era stato riparato da lastre di legno. Purtroppo per mancanza di fondi non si è potuto procedere con il restauro della pavimentazione e pertanto è stato ricoperto in attesa di tempi migliori. Nella pavimentazione però si possono vedere i segni dei bombardamenti e al centro un tondo con la data 1943: questo è il punto di impatto tra la bomba e la cappella.

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La cripta della Cà Granda

Oggi andiamo alla scoperta dell’archivio storico della Cà Granda e del Sepolcreto, luoghi magici che hanno riaperto i battenti quest’anno dopo una chiusura lunghissima.

Sappiamo che l’ospedale della Cà Granda è stato fondato da Francesco Sforza nel 1456, dopo di lui però abbiamo altri due nomi che vengono considerati come il secondo e il terzo fondatore di quest’opera. Il secondo fondatore è Giovanni Pietro Carcano, banchiere e commerciante di lane. Alla sua morte lascerà i suoi beni all’ospedale che poté ampliare l’edificio nella parte centrale. Venne abbattuta S. Maria Annunciata nel centro del cortile e si costruirà invece la chiesa, tuttora presente, sotto il porticato. Vengono costruite le sale amministrative per il consiglio che è ancora oggi formato da 18 elementi, di cui 16 laici.

Partiamo dall’archivio storico. Qui ci troviamo nella sala del capitolo estivo mentre quello in fondo a destra, più piccolo e con le pareti in legno è la sala del capitolo d’inverno. La costruzione risale al 1637 ed è del Richini. Al suo interno ci sono migliaia di documenti relativi all’amministrazione dell’ospedale. In fondo è esposto anche l’atto di fondazione dell’ospedale firmato da Francesco Sforza. La volta della sala del capitolo d’estate è affrescata dal Volpino ed è del 1638.

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L’idea era quella di avere due vie:

  • Sopra la via dei vivi
  • Sotto la via dei morti

Il primo cimitero intramurario era nel cortile centrale, intorno alla chiesa della S. Maria Annunciata, ma nel ‘600 le cose iniziarono a cambiare e i morti vengono pertanto seppelliti sotto, nella cripta, dove stiamo scendendo adesso con il nostro bravo caschetto in testa. Qui sono stati sepolti anche i martiri delle V giornate dal 1848 al 1861, quando poi vennero trasferiti nel monumento ossario in cui ancora riposano nell’omonima piazza. I loro nomi sono riportati in lunghe liste su lastre di marmo attaccate alle pareti.

Nel 2013 con i fondi di Cariplo e Regione Lombardia si procede con il restauro conservativo del luogo, la messa in sicurezza, il tamponamento dei pavimenti e l’inserimento dell’elettricità. Oggi ci sono ancora dei resti qui sotto. Ogni tanto la dottoressa Cattaneo del laboratorio di antropologia forense viene a fare indagini.

Nella cripta ci sono i resti di un antico affresco del Volpino con una danza macabra di decine e decine di scheletri ad altezza naturale del 1630.

In fondo le lapidi dei benefattori dai cimiteri dismessi. La prima lapide è di Giuseppe Macchi, il terzo fondatore della Cà Granda. Notaio milanese morì a fine 700; con il suo patrimonio venne costruita la crociera finale.

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L’ingresso è in via Francesco Sforza e le visite guidate possono essere prenotate tramite l’Associazione Ar.se a questo indirizzo internet: https://www.arsemilano.it/biglietti-orari-arse/