I cimiteri extra moenia: il Fopponino di Porta Vercellina

“Ciò che sarete voi noi siamo adesso

Chi si scorda di noi scorda sé stesso”

Mi ricordo che quando ero ragazza passavo di qui in tram e la linea 29/30 che era circolare, faceva capolinea proprio su piazza Aquileia. La cappellina mi è sempre sembrata piuttosto macabra ma decisamente interessante. Era veramente difficile all’epoca saperne di più e quel memento mori era davvero inquietante.

La cappellina dei morti è lì dal 1640 mentre invece il cimitero è antecedente. Venne fatto costruire per poter seppellire i morti della peste di San Carlo. Si tratta del cimitero più antico di Milano e a seconda del periodo storico al quale facciamo riferimento è conosciuto anche come Fopponino di Porta Vercellina, di Porta Magenta o di San Giovanni alla Paglia.

Fopponino è forse una parola strana ma deriva del termine milanese “foppa” che indica buco, fossa e pertanto piccolo buco o piccola fossa.

La cappellina è chiusa da una grata e a terra, sotto una lastra di vetro trova posto un piccolo ossario con alcuni teschi di appestati.

La storia è decisamente lunga: parte dal 1578 dalla peste di San Carlo passa attraverso la seconda peste di Milano del 1630 e pertanto all’ampliamento del cimitero e arriva fino al 1964 quando è stata consacrata la nuova chiesa parrocchiale di San Francesco d’Assisi al Fopponino ad opera di Giò Ponti.

Varcando il portale d’ingresso, sul quale sono poste le copie di San Giovanni Battista e San Carlo Borromeo, (gli originali sono nella nuova chiesa) potrete vedere l’antica chiesa del Fopponino* diverse lapidi appoggiate al muro con indicazione della planimetria del luogo e della storia.

Qui al fopponino di Porta Vercellina sono stati sepolti alcuni personaggi illustri. Ricordiamo tra gli altri il celebre architetto Luigi Canonica, il patriota Amatore Sciesa, Margherita Barezzi la prima moglie di Giuseppe Verdi e l’unico figlio maschio avuto dalla coppia. Venne chiuso nei primi anni del 1900 quando i resti vennero traslati nei cimiteri di Musocco e Monumentale.

* Vorrei ringraziare la signora Scagliola che mi comunica gli orari in cui si può visitare l’antica chiesa: tutti i sabati 15.30/17.30 e le domeniche 10.30/12.30, grazie all’impegno dei parrocchiani.

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Ingresso con le copie delle statue di San Carlo Borromeo e San Giovanni Battista
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Planimetria
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La cappella del fopponino di Porta Magenta di Achille Beltrame presso il Museo di Milano
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Mascherone scaccia spiriti sopra la bottiglieria Bulloni

Sulle tracce dei Promessi Sposi

Non so quale sia la vostra età ma io sono degli anni 70 e ai miei tempi a scuola, si studiavano i Promessi Sposi.

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi…” c’erano dei pezzi che era obbligatorio imparare a memoria.

Ricordo quando Renzo e Lucia devono scappare da Don Rodrigo “Addio monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo” oppure quando Renzo torna a Milano a cercare Lucia e trova una città devastata dalla peste “Scendeva dalla soglia di uno di quegli usci e veniva verso il convoglio…” era l’episodio di Cecilia della quale parleremo più avanti quando andremo a visitare la casa del Manzoni e scopriremo una chicca.

Ma perché ne stiamo parlando? Beh, perché basta guardarsi intorno, dalle parti di Porta Orientale, (Porta Venezia per i più giovani! 😉) e trovare alcuni resti della città raccontataci dal Manzoni.

Partiamo da Palazzo Luraschi proprio al numero 1 di Corso Buenos Aires. Se passate al mattino il portone del cortile è aperto e allora potete scoprire questa meraviglia. Lo chiamano il cortile dei Promessi Sposi, in quanto le colonne di marmo provengono direttamente dal Lazzaretto e i busti scolpiti raffigurano i personaggi dei Promessi Sposi. Li riconoscete? Sono Renzo e Lucia ma, potete trovare anche la monaca di Monza, fra’ Cristoforo, Don Rodrigo… Di solito il custode non dice niente se sbirciate dal cancello sarà abituato oramai ma magari potreste chiedere di entrare a vedere tutto per bene.

Palazzo Luraschi oltre a essere un bellissimo palazzo di fine 800 porta con sé un’altra curiosità. È stato il primo palazzo di Milano a infrangere la norma della “servitù del Resegone” per la quale tutti i palazzi posti a nord della città non dovevano superare i 3 piani in modo da non impedire la vista del monte Resegone e delle Prealpi dai bastioni. Dato che Palazzo Luraschi ha 8 piani ed è stato costruito su luoghi di manzoniana memoria e per di più oscurando la vista di un monte così citato dal Manzoni, si dice che il Luraschi abbia voluto omaggiare il romanzo in questo modo. Lo sapevate?

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Se invece ci spostiamo verso largo Bellintani incontriamo la chiesa di San Carlo al Lazzaretto che è stata edificata per volere di San Carlo Borromeo sull’antica chiesa di Santa Maria alla Sanità a seguito della grande epidemia di peste. La chiesa venne costruita da Pellegrino Tibaldi, architetto di fiducia di San Carlo Borromeo e ha una pianta ottagonale; inizialmente era aperta su tutti i lati in modo che i pazienti del lazzaretto potessero assistere alla messa dalle loro celle. Eh sì perché quello che adesso sembra essere solo uno slargo una volta era il centro del cortile del Lazzaretto!

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E infine cerchiamo le celle del Lazzaretto o quello che ne è rimasto. Davvero pochissimo onestamente, ma le riconoscete? Ci troviamo in Via San Gregorio 5 presso la chiesa ortodossa greca dell’antico calendario. Queste in fotografia sono le finestre originali con i comignoli e un tratto del fossato originale, denominato “fontanile della sanità”.

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