Serene feste

Quest’anno mi sono regalata il re dei panettoni. Volevo conservarne una fetta per San Bagio ma non è stato possibile, metterò la fotografia!

Vorrei ricondividere con Voi un pezzettino del mio primo articolo del blog dove parlavamo delle tradizioni del Natale.

L’origine del panettone è Viscontea/Sforzesca: ci sono diverse leggende legate a questo dolce ma in realtà si sa che fino alla fine del 700 la politica era molto restrittiva, si poteva utilizzare solo una certa quantità di farine e ingredienti quali la zucca, il miele, l’uvetta e lo zibibbo. Il privilegio era che sotto Natale si panificava con le farine dei ricchi e questo pane era chiamato pan dei sciuri o pan dei toni.
La ricetta di oggi invece, è di fine 700 e dobbiamo ringraziare ancora una volta, Maria Teresa d’Austria. Vengono dati incentivi a panettieri e pasticceri, possono aggiungere burro, frutta candita e uvetta.
Al sig. Motta si deve la forma attuale del panettone, si sa invece che Giuseppe Verdi era amante del panettone della pasticceria Cova.

Serene feste a tutti, ci sentiamo presto.
Ilaria e Lorenzo

La pasticceria Cova

Sarà l’atmosfera natalizia, le luminarie accese, il freddo che secondo alcuni non è ancora arrivato ma, questi rimangono i giorni migliori per andare a provare le pasticcerie storiche di Milano.

Onestamente non sono ancora riuscita a capire qual è la mia preferita, ma di sicuro la pasticceria Cova è sul podio!

È stata fondata nel 1817 da Antonio Cova ex soldato napoleonico e negli anni ha cambiato diversi nomi da caffè a offelleria a pasticceria come la conosciamo anche noi oggi. Il primo locale era ubicato in piazza Scala e potete vederne l’immagine originale sulle tazzine. Qui, come in diversi altri caffè storici della città, si è fatta la storia: i patrioti delle V giornate si davano appuntamento a questo bancone o su questi divani per discutere come vincere gli austriaci. Fu distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e ricostruita dove si trova adesso, in Montenapoleone 8, in un palazzo progettato dal Piermarini.

Da brava sciuretta milanese quale sono, adoro andare da Cova a bermi un buon caffè e restare ammirata davanti alle sue vetrine. Un paio di anni fa invece, ho deciso di superare la timidezza verso questo luogo magico e mi sono accomodata al tavolo. Che splendore! Saranno stati gli alberi di Natale, il fermento che si respirava per la prima della Scala, il fatto di aver visto diversi signori un po’ agee in abiti eleganti però mi sono trovata subito catapultata in un’altra epoca fatta di eleganza, bon ton, raffinatezza. Ecco, tutto questo è la pasticceria Cova: un luogo che ha festeggiato un paio di anni fa i suoi primi 200 anni mantenendo intatti gli arredi: i divanetti blu, il tovagliato in lino chiaro, gli specchi e i lampadari.

Chissà se i giovani stranieri seduti ai tavoli vedevano tutto questo oppure per loro era un semplice break dalla frenesia dello shopping?

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Il Natale e le sue tradizioni

Oramai con l’accensione dell’albero in piazza Duomo siamo ufficialmente entrati nel periodo natalizio e allora perché non iniziare quest’avventura raccontandovi delle tradizioni del Natale a Milano, del perché si fa l’albero di Natale proprio lì in piazza Duomo, dell’agrifoglio e del panettone. Bene, siamo pronti. Partiamo allora con la Cripta di San Giovanni in Conca. Probabilmente come me ci siete passati accanto un sacco di volte senza farci veramente caso: è lì nello spartitraffico di via Albricci quasi in piazza Missori e da tempo è pronta a raccontarci la sua lunga storia. La leggenda dice che probabilmente si tratta di un mitreo, quindi il luogo dove gli adepti del dio Mitra celebravano le messe.
La chiesa venne poi riedificata tra il IV secolo e il VI secolo, venne distrutta dal Barbarossa nel 1162 e restaurata poi a metà del 200. Fu scelta poi da Bernabò Visconti come chiesa personale e decise di porvi qui il suo monumento funebre che adesso si trova al castello sforzesco. Nel 1500 venne sconsacrata dagli austriaci e definitivamente chiusa dai francesi.San Giovanni in Conca con firma
Però, perché iniziamo da qui il nostro percorso nelle tradizioni del Natale? Beh prima di tutto perché i riti pagani hanno diverse analogie con il cristianesimo: nei vangeli non c’è scritto né il giorno né l’anno di nascita di Cristo. Viene scelto il 25 dicembre perché quel giorno veniva celebrata la nascita di Mitra per i persiani (il sol invictus è la celebrazione del dio Sole), Dioniso per i greci e Orus per gli egizi. Le ore buie erano lunghe mentre le ore di luce molto brevi fino al solstizio, quando quindi la luce inizia a prevalere sulle tenebre e c’è la rinascita della natura. Il Natale è la versione cristiana del trionfo del sole.
Entriamo quindi nella cripta e diamo uno sguardo ai capitelli: hanno impresso un fiore. Si tratta della vescica piscis e si ottiene intersecando due cerchi. Era già noto in India e in Mesopotamia ma viene utilizzato nel cristianesimo quando viene associata la figura di Cristo con il pesce. Se disegniamo la vescica pisces e la allunghiamo un po’ si forma un pesce stilizzato. Ichthys è il nome greco del pesce ma scritto in lettere greche la parola Ichthys è l’acronimo di Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore.
Interno con firmaCapitello con firma
La tradizione dell’albero di Natale è invece nordica: sono stati i celti a lasciarci l’albero di Natale. Loro addobbavano l’abete rosso con dei piccoli frutti, i romani successivamente con dei piccoli rametti, con i cristiani invece si cambia l’albero: dall’abete all’agrifoglio perché ha le spine (simbolo della corona di Cristo) e le bacche rosse (sangue).
Il motivo per il quale viene posizionato sempre più o meno nello stesso posto è perché sembra che quella fosse un’area di culto celtica, un bosco sacro

La tradizione del panettone è invece Viscontea/Sforzesca: ci sono diverse leggende legate a questo dolce ma in realtà si sa che fino alla fine del 700 la politica era molto restrittiva, si poteva utilizzare solo una certa quantità di farine e ingredienti quali la zucca il miele l’uvetta e lo zibibbo. Il privilegio era che sotto Natale si panificava con le farine dei ricchi e questo pane era chiamato pan dei sciuri o pan dei toni.
La ricetta di oggi è di fine 700 sotto Maria Teresa d’Austria. Vengono dati incentivi a panettieri e pasticceri, possono aggiungere burro, frutta candita e uvetta.
Al sig. Motta si deve la forma attuale del panettone, si sa invece che Giuseppe Verdi era amante del panettone della pasticceria Cova.

L’ultima tradizione, sempre legata al panettone riguarda il rito del ceppo di Natale. A Natale ero uso lasciare nel fuoco il ciocco più bello trovato durante l’anno e si faceva bruciare tutta la notte. Si usava per avere premonizioni sulla durata del raccolto, la fertilità degli animali, la durata della vita del capofamiglia. La tradizione prevede di tagliare tre panettoni e metterne da parte una fetta per l’anno nuovo a scopo taumaturgico, fino a San Biagio il 3 di febbraio.