Alla scoperta del teatro romano

L’anno scorso a ottobre sono andata a visitare i resti del teatro romano che si trovano per gran parte sotto Palazzo Turati, attualmente sede della camera di commercio.

In fondo, come sempre, vi metto le indicazioni di come fare a prenotare.

Parliamo un secondo di Palazzo Turati. Ce l’avete presente? La facciata che prospetta su via Meravigli ricorda un po’ il Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Fu commissionato dai Turati mercanti di tessuti della zona di Busto. Nell’ultimo quarto dell’800 da mercanti si trasformarono in banchieri e nel 1880 erano proprietari di tutta l’area che andava da Palazzo Turati a Palazzo Mezzanotte in Piazza Affari. Il palazzo è alto 6 piani e ha fondamenta a – 20 metri

A quota – 3 metri furono trovati dei resti antichi durante i lavori di costruzione di alcuni edifici tra via Meravigli, via San Vittore al Teatro e piazza Affari. La scoperta fu fatta dal famoso archeologo Pompeo Castelfranco che disse di aver trovato un grosso dinosauro di epoca romana ma non riuscì a identificare il teatro. Negli anni 30 del 900, quando venne edificato palazzo Mezzanotte gli scavi vennero seguiti dalla dottoressa Alda Levi che al tempo era responsabile della regia sovrintendenza ai monumenti di Milano. Il suo progetto era quello di fare una grande area archeologica visibile a tutti i milanesi. Purtroppo a causa delle leggi razziali del 1938 non se ne fece nulla fino ad una decina di anni fa quando l’area fu aperta.

Vi racconto il teatro: aveva una capienza di 8.000 posti su una città di 18.000 abitanti! Era alto 20 metri e lungo 95 per una superficie di 450 metri quadrati. Le mura erano alte circa 7 metri ed era tutto in marmo bianco mentre le fondamenta erano in sassi, pezzi di mattoni, ghiaia e ciottoli. Dato che il sottosuolo di Milano non è stabile, il tutto andava consolidato con pali di legno di quercia in orizzontale e verticale, così come riportato nel trattato di architettura di Vitruvio.

Il teatro fu costruito ai tempi di Augusto e probabilmente ospitò spettacoli fino alla fine del IV secolo quando la discesa del Barbarossa a Milano ne segnò la fine. Dell’epoca romana non è rimasto tantissimo considerando che in città erano presenti un palazzo imperiale, il circo, l’anfiteatro, le terme erculee, il foro e appunto questo teatro; purtroppo però gli Unni di Attila prima, i Longobardi dopo e infine il Barbarossa dopo un assedio durato 6 mesi lasciarono ben poche tracce.

Per prenotare dovete mandare una mail al seguente indirizzo: teatroromano@mi.camcom.it La visita è gratuita, o per lo meno lo era lo scorso ottobre. Vi immergerete in un viaggio nel tempo davvero affascinante. Si tratta di un museo sensibile, verrete accompagnati nella visita da suoni, odori, immagini…Fatemi sapere poi

L’ingresso, come ricorda la toponomastica è in via San Vittore al Teatro.

 

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Il teatro della Scala e il suo museo

Come capirete questo mese il blog sarà dedicato alle tradizioni meneghine di dicembre e pertanto non possiamo fare a meno di parlare della Scala e del suo museo. Ieri c’è stata la prima con Attila con la direzione di Riccardo Chailly della quale avrete sicuramente letto o visto al telegiornale, ma a noi in questo momento interessa poco.

Io credo che il teatro della Scala sia una delle cose più belle in assoluto. Ho avuto la fortuna di frequentarlo per un periodo trovando posto sia in platea che sui palchi, sia per il balletto classico che per l’opera e ogni volta che varchi la soglia respiri quell’aria di eleganza, perbenismo, vecchi fasti, tutto quello che per noi meneghini è la tradizione.

Non è sempre stato così, anzi a dire la verità è sempre stato completamente diverso l’atteggiamento di chi frequentava questo teatro ai tempi. Vi racconto un po’ la storia e poi vi lascio qualche foto a corredo.

Ci troviamo nel 1776 quando il vecchio teatro della Scala prende fuoco, d’altra parte era fatto totalmente in legno e si trovava da un’altra parte rispetto a dove lo conosciamo oggi, era dalle parti di Palazzo Reale. Ferdinando d’Austria (sempre gli austriaci) incarica pertanto il Piermarini di ricostruirla ma che abbia una struttura anti-incendio questa volta. I luoghi tra i quali scegliere per costruire questo nuovo teatro erano principalmente 3:

  • La zona del Castello dato che quest’ultimo non versava in splendide condizioni
  • La Guastalla
  • L’attuale piazza della Scala dove però sorgeva la chiesa di Santa Maria della Scala fatta erigere da Beatrice Regina della Scala moglie di Bernabò Visconti. Come vediamo oggi fu deciso di abbattere la chiesa per far posto al teatro e 2 anni dopo ci fu l’inaugurazione del nuovo teatro della Scala.

A quell’epoca i palchi erano principalmente privati e ognuno poteva arredarseli come voleva. Si poteva cucinare, si urlava da palco a palco e non c’era nessun rispetto per i cantanti ai quali venivano richiesti anche 4 o addirittura 5 repliche. Per non parlare poi del fatto che non c’erano i bagni a teatro…si racconta addirittura di un toro inseguito da cani in platea…Ferdinando si vede quindi costretto a emettere delle grida dove si fa divieto di cucinare, di svuotare i pappagalli in platea e per i più turbolenti la prigione sotto alla platea dove venivano chiusi a chiave. Ci pensavate?

Nel 1883 alla Scala arriva la luce elettrica. Il lampadario attuale è da 400 luci. Quello che conosciamo oggi purtroppo non è quello originale ma una copia. L’originale era stato smontato durante la guerra per salvarlo e ricoverato in una cantina che fu poi bombardata.

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Nel 1897 la Scala dovette chiudere, riaprirà solamente il 26 dicembre del 1898 con un’opera diretta da Arturo Toscanini, terribile direttore d’orchestra che vieterà entrare in ritardo, i bis e i cappelli e le pellicce per le signore; lascerà il teatro agli inizi del 900 per dissapori con il pubblico.

Fino al 1951 la prima della Scala si è sempre fatta a Santo Stefano, è cosa abbastanza recente pertanto fare la prima il giorno di Sant’Ambrogio.

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Annesso al teatro della Scala vi consiglio di andare a vedere il museo del teatro che è del 1912/1913

Nella sala d’introduzione vediamo Verdi e sopra un ritratto del Piermarini. C’è una spinetta per insegnare alle fanciulle a suonare e un quadro di Domenico Barbaja prima cameriere e poi direttore del teatro di Napoli. È colui che scoprirà Rossini che poi sposerà sua moglie.

C’è la saletta della commedia dell’arte con alcune riproduzioni di Arlecchino e altre maschere, come la foto che ho allegato, potete poi passare alla saletta dell’esedra con le prime donne della stagione ottocentesca della Scala, insomma se siete interessati all’argomento non dovrebbe mancare questo museo che di solito è visitato da turisti stranieri ma pochi italiani lo conoscono.