Il cimitero Monumentale, un museo a cielo aperto

Anche di musei abbiamo parlato poco in questi mesi, ma vi prometto che ci rifaremo, ne ho qualcuno da parte davvero interessante!

Oggi però voglio rendervi partecipi di uno dei luoghi che amo di più in assoluto di Milano, il cimitero Monumentale. Prima di tutto, non ci sono più scuse per non andare a visitarlo: la fermata della metro lilla è a due minuti a piedi dall’entrata, l’ingresso è gratuito e sotto il porticato di sinistra vi danno una cartina con i principali monumenti, per poterlo girare in autonomia. Qui al monumentale faremo diversi giri, ve lo annuncio già, d’altra parte parliamo di 250.000 metri quadrati. Se non ci siete mai entrati io direi di partire dall’inizio, dal Famedio, o per così dire dal tempio della fama, che ne dite?

Brevemente vi dico che questo cimitero è nato dalla soppressione di tante piccole realtà cimiteriali troppo in centro alla città. Siamo nella seconda metà dell’800 e i fopponi erano delle realtà a metà tra le fosse comuni e i cimiteri veri e propri. Gli unici cimiteri a uso specifico erano il Lazzaretto e la Besana (sì, dove adesso c’è il museo dei bambini, il MUBA). Nel 1863 viene approvato il progetto del Maciachini, celebrativo di un’Italia appena unita e in stile eclettico.

Mescola tutti gli stili del passato. Viene usata la pietra rossa della Valcamonica che richiama lo stile romanico, il marmo bianco per la classicità, la decorazione a fregio rimanda al gotico lombardo, le cupole esagonali al rinascimento e il mosaico a fondo oro alla cultura bizantina.

Guardiamo bene la facciata: è bianco a righe nere come i monumenti toscani dell’epoca, la decorazione interna è pseudo-bizantina, mentre le lunette del Pogliaghi, sopra gli ingressi del famedio, rappresentano la luce, la fama e la storia.

Il Famedio nasce come chiesa cattolica, ma viene poi trasformato in tempio della fama: si tratta del raccordo tra i cittadini di Milano e l’eternità. Nella parte alta del famedio vengono celebrati gli ILLUSTRI cioè quelli che per meriti letterari, artistici o scientifici hanno dato lustro alla città di Milano dal IV al XVIII secolo. Appena sotto i BENEMERITI che sono vissuti tra il 1750 e il 1850 e sotto ancora i DISTINTI DELLA STORIA vissuti dal 1850 ad oggi e che hanno contribuito all’evoluzione nazionale.

I nomi presenti nel famedio sono solo citazioni. Le uniche sepolture presenti sono quelle qui di seguito riportate.

Al centro troviamo il sarcofago del Manzoni che inaugura il famedio nel 1873. Gli angeli neri che decorano la base del monumento sono di Giannino Castiglioni e il sarcofago è rialzato dal suolo come a innalzarne ulteriormente la memoria. A Giannino Castiglioni dobbiamo tra l’altro la porta del Duomo dedicata a S. Ambrogio, la statua di San Francesco in piazza S. Angelo, il Cristo Re sulla facciata della Cattolica

Luca Beltrami ancora oggi il restauro filologico lo dobbiamo a lui per la salvaguardia dei monumenti. Per darvi degli esempi ha restaurato il Castello Sforzesco, ha compiuto gli studi per ritrovare la vigna di Leonardo presso la casa degli Atellani, ha costruito la facciata di Palazzo Marino per la parte che dà su piazza della Scala, ha restaurato la Sinagoga dopo i bombardamenti della guerra…

Carlo Cattaneo fonda la rivista “il politecnico” facendo alta tiratura ad un prezzo contenuto. Innalza la cultura di massa, dà una spinta alla sociologia. Il suo pensiero era rivolto a tutti quelli che arrivavano a Milano, da qualsiasi posto, e dovevano essere in grado di poter studiare e elevarsi.

Giuseppe Verdi viene ricordato per meriti filantropici nella Milano di fine 800. Dalla borghesia si stava passando all’imprenditoria, c’erano le prime masse operaie con i primi scioperi e le prime proteste. Verdi è sempre stato uno dei personaggi più amati di Milano. L’architetto è Giuseppe Grandi, l’artista del monumento delle V giornate. Il maestro riposa nella casa di riposo da lui voluta in piazzale Buonarroti.

Questo slideshow richiede JavaScript.

 

 

 

 

Un tesoro nascosto: la casa di Giuseppe Verdi

C’è un posto che tutti i milanesi conoscono. Se chiedete in giro dove si trova la casa di riposo dei musicisti di Verdi, è difficile trovare qualcuno che non sappia la risposta, ma in quanti effettivamente sanno che si può entrare a visitare? Ebbene si: o andate a fare visita a un parente o un amico, oppure potete entrare autonomamente per andare a visitare la cripta dove riposa il maestro con la sua seconda moglie Giuseppina Strepponi. Se invece siete interessati alla visita degli ambienti, allora dovete seguire una visita guidata, come ho fatto io.

Eccomi giunta in piazzale Buonarroti e lì la statua di Verdi al centro della piazza sembra che mi inviti a entrare nella sua casa. Verdi amava definire questa casa di riposo come la sua opera più bella e volle farla edificare per i suoi colleghi meno fortunati e per chi non ebbe la dote del risparmio!

Verdi era molto attento ai problemi sociali dell’epoca: a titolo privato aveva aiutato diversi librettisti e a 82 anni decise di far costruire questa casa. Dette quindi mandato di costruzione all’architetto Camillo Boito, docente a Brera, e fratello maggiore del noto librettista.

Venne aperta nel 1902, l’anno dopo la sua morte, in quanto il maestro aveva dato istruzioni precise nel suo testamento in merito alla sua sepoltura e funerale e soprattutto non voleva essere ringraziato per quanto fatto.

Quando mori la cripta non era ancora terminata e pertanto si seguirono le sue indicazioni per quanto riguardava la cerimonia funebre (un cero, una croce, un prete e un cavallo, preferibilmente all’alba o al tramonto per dare meno fastidio possibile alla popolazione) ma venne portato al cimitero monumentale dove da due anni riposava la sua seconda moglie.

Quando poi fu terminata la cripta, la cerimonia di trasferimento delle salme dal monumentale fu decisamente diversa: sul piazzale del cimitero si radunarono in molti e Arturo Toscanini diresse il Va’ Pensiero.

Ad oggi ci sono circa 60 ospiti con un’età media di 85/86 anni: è aperta a tutti i musicisti, sia italiani che stranieri che abbiano compiuto i 65 anni di età e che abbiano lavorato professionalmente nella musica.

Ma guardiamo un po’ alcuni ambienti:

  • la sala Toscanini è la sala dove gli ospiti ricevono parenti e amici e dove fanno l’animazione settimanale

sala-toscanini-con-firma.jpg

  • la sala araba invece contiene i cimeli di Verdi. C’è il pianoforte originale del maestro che è l’unico che non viene suonato da nessuno per rispetto del proprietario. Sono presenti anche due mobili con intarsi in ebano e avorio donati da Isma’il Pascià quando si commosse alla rappresentazione dell’Aida per l’apertura del teatro del Cairo del 1871

sala-araba-con-firma.jpg

  • La sala da pranzo invece è quella della sua casa di Genova. Ci sono le iniziale GV sulla credenza e sulle sedie. Sul tavolo i disegni originali di Boito con indicazione di ricovero, sostituito poi dal termine casa di riposo dallo stesso Verdi. Nell’idea del maestro questo non doveva essere un luogo dove aspettare la morte, ma anzi una casa dove continuare a vivere con dignità.

sala-da-pranzo-con-firma

  • La cripta appunto, venne decorata in oro e lapislazzuli sul disegno del Pogliaghi e costò 28.000 lire solo per la decorazione. Possiamo vedere sulla sinistra il patriottismo con la bandiera e a lato la maschera della satira. Come dicevamo, nella cripta c’è la tomba di Verdi e della Strepponi e per volere della regina Margherita è stata inserita una targa a ricordo della prima famiglia del maestro.

cripta-con-firma.jpg

L’ultima fotografia è il ritratto ufficiale di Verdi opera del Boldini. Nel 1893 dopo il successo del Falstaff il pittore donò questo quadro al maestro.

quadro-verdi-con-firma.jpg

Per chi, come me, non è più giovanissimo….questo è il quadro delle 1000 lire! 😉

1000-lire-con-firma.jpg

Spero di avervi incuriosito un po’. La prossima settimana magari andiamo a vedere un palazzo normalmente chiuso, adesso vediamo!

Ilaria