Il teatro della Scala e il suo museo

Come capirete questo mese il blog sarà dedicato alle tradizioni meneghine di dicembre e pertanto non possiamo fare a meno di parlare della Scala e del suo museo. Ieri c’è stata la prima con Attila con la direzione di Riccardo Chailly della quale avrete sicuramente letto o visto al telegiornale, ma a noi in questo momento interessa poco.

Io credo che il teatro della Scala sia una delle cose più belle in assoluto. Ho avuto la fortuna di frequentarlo per un periodo trovando posto sia in platea che sui palchi, sia per il balletto classico che per l’opera e ogni volta che varchi la soglia respiri quell’aria di eleganza, perbenismo, vecchi fasti, tutto quello che per noi meneghini è la tradizione.

Non è sempre stato così, anzi a dire la verità è sempre stato completamente diverso l’atteggiamento di chi frequentava questo teatro ai tempi. Vi racconto un po’ la storia e poi vi lascio qualche foto a corredo.

Ci troviamo nel 1776 quando il vecchio teatro della Scala prende fuoco, d’altra parte era fatto totalmente in legno e si trovava da un’altra parte rispetto a dove lo conosciamo oggi, era dalle parti di Palazzo Reale. Ferdinando d’Austria (sempre gli austriaci) incarica pertanto il Piermarini di ricostruirla ma che abbia una struttura anti-incendio questa volta. I luoghi tra i quali scegliere per costruire questo nuovo teatro erano principalmente 3:

  • La zona del Castello dato che quest’ultimo non versava in splendide condizioni
  • La Guastalla
  • L’attuale piazza della Scala dove però sorgeva la chiesa di Santa Maria della Scala fatta erigere da Beatrice Regina della Scala moglie di Bernabò Visconti. Come vediamo oggi fu deciso di abbattere la chiesa per far posto al teatro e 2 anni dopo ci fu l’inaugurazione del nuovo teatro della Scala.

A quell’epoca i palchi erano principalmente privati e ognuno poteva arredarseli come voleva. Si poteva cucinare, si urlava da palco a palco e non c’era nessun rispetto per i cantanti ai quali venivano richiesti anche 4 o addirittura 5 repliche. Per non parlare poi del fatto che non c’erano i bagni a teatro…si racconta addirittura di un toro inseguito da cani in platea…Ferdinando si vede quindi costretto a emettere delle grida dove si fa divieto di cucinare, di svuotare i pappagalli in platea e per i più turbolenti la prigione sotto alla platea dove venivano chiusi a chiave. Ci pensavate?

Nel 1883 alla Scala arriva la luce elettrica. Il lampadario attuale è da 400 luci. Quello che conosciamo oggi purtroppo non è quello originale ma una copia. L’originale era stato smontato durante la guerra per salvarlo e ricoverato in una cantina che fu poi bombardata.

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Nel 1897 la Scala dovette chiudere, riaprirà solamente il 26 dicembre del 1898 con un’opera diretta da Arturo Toscanini, terribile direttore d’orchestra che vieterà entrare in ritardo, i bis e i cappelli e le pellicce per le signore; lascerà il teatro agli inizi del 900 per dissapori con il pubblico.

Fino al 1951 la prima della Scala si è sempre fatta a Santo Stefano, è cosa abbastanza recente pertanto fare la prima il giorno di Sant’Ambrogio.

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Annesso al teatro della Scala vi consiglio di andare a vedere il museo del teatro che è del 1912/1913

Nella sala d’introduzione vediamo Verdi e sopra un ritratto del Piermarini. C’è una spinetta per insegnare alle fanciulle a suonare e un quadro di Domenico Barbaja prima cameriere e poi direttore del teatro di Napoli. È colui che scoprirà Rossini che poi sposerà sua moglie.

C’è la saletta della commedia dell’arte con alcune riproduzioni di Arlecchino e altre maschere, come la foto che ho allegato, potete poi passare alla saletta dell’esedra con le prime donne della stagione ottocentesca della Scala, insomma se siete interessati all’argomento non dovrebbe mancare questo museo che di solito è visitato da turisti stranieri ma pochi italiani lo conoscono.

 

Un tesoro nascosto: la casa di Giuseppe Verdi

C’è un posto che tutti i milanesi conoscono. Se chiedete in giro dove si trova la casa di riposo dei musicisti di Verdi, è difficile trovare qualcuno che non sappia la risposta, ma in quanti effettivamente sanno che si può entrare a visitare? Ebbene si: o andate a fare visita a un parente o un amico, oppure potete entrare autonomamente per andare a visitare la cripta dove riposa il maestro con la sua seconda moglie Giuseppina Strepponi. Se invece siete interessati alla visita degli ambienti, allora dovete seguire una visita guidata, come ho fatto io.

Eccomi giunta in piazzale Buonarroti e lì la statua di Verdi al centro della piazza sembra che mi inviti a entrare nella sua casa. Verdi amava definire questa casa di riposo come la sua opera più bella e volle farla edificare per i suoi colleghi meno fortunati e per chi non ebbe la dote del risparmio!

Verdi era molto attento ai problemi sociali dell’epoca: a titolo privato aveva aiutato diversi librettisti e a 82 anni decise di far costruire questa casa. Dette quindi mandato di costruzione all’architetto Camillo Boito, docente a Brera, e fratello maggiore del noto librettista.

Venne aperta nel 1902, l’anno dopo la sua morte, in quanto il maestro aveva dato istruzioni precise nel suo testamento in merito alla sua sepoltura e funerale e soprattutto non voleva essere ringraziato per quanto fatto.

Quando mori la cripta non era ancora terminata e pertanto si seguirono le sue indicazioni per quanto riguardava la cerimonia funebre (un cero, una croce, un prete e un cavallo, preferibilmente all’alba o al tramonto per dare meno fastidio possibile alla popolazione) ma venne portato al cimitero monumentale dove da due anni riposava la sua seconda moglie.

Quando poi fu terminata la cripta, la cerimonia di trasferimento delle salme dal monumentale fu decisamente diversa: sul piazzale del cimitero si radunarono in molti e Arturo Toscanini diresse il Va’ Pensiero.

Ad oggi ci sono circa 60 ospiti con un’età media di 85/86 anni: è aperta a tutti i musicisti, sia italiani che stranieri che abbiano compiuto i 65 anni di età e che abbiano lavorato professionalmente nella musica.

Ma guardiamo un po’ alcuni ambienti:

  • la sala Toscanini è la sala dove gli ospiti ricevono parenti e amici e dove fanno l’animazione settimanale

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  • la sala araba invece contiene i cimeli di Verdi. C’è il pianoforte originale del maestro che è l’unico che non viene suonato da nessuno per rispetto del proprietario. Sono presenti anche due mobili con intarsi in ebano e avorio donati da Isma’il Pascià quando si commosse alla rappresentazione dell’Aida per l’apertura del teatro del Cairo del 1871

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  • La sala da pranzo invece è quella della sua casa di Genova. Ci sono le iniziale GV sulla credenza e sulle sedie. Sul tavolo i disegni originali di Boito con indicazione di ricovero, sostituito poi dal termine casa di riposo dallo stesso Verdi. Nell’idea del maestro questo non doveva essere un luogo dove aspettare la morte, ma anzi una casa dove continuare a vivere con dignità.

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  • La cripta appunto, venne decorata in oro e lapislazzuli sul disegno del Pogliaghi e costò 28.000 lire solo per la decorazione. Possiamo vedere sulla sinistra il patriottismo con la bandiera e a lato la maschera della satira. Come dicevamo, nella cripta c’è la tomba di Verdi e della Strepponi e per volere della regina Margherita è stata inserita una targa a ricordo della prima famiglia del maestro.

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L’ultima fotografia è il ritratto ufficiale di Verdi opera del Boldini. Nel 1893 dopo il successo del Falstaff il pittore donò questo quadro al maestro.

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Per chi, come me, non è più giovanissimo….questo è il quadro delle 1000 lire! 😉

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Spero di avervi incuriosito un po’. La prossima settimana magari andiamo a vedere un palazzo normalmente chiuso, adesso vediamo!

Ilaria