Non so se avete mai visitato San Maurizio al Monastero Maggiore, ma se ci state pensando e la vostra risposta non è un immediato si, probabilmente non avete mai varcato la soglia. Ci troviamo in Corso Magenta, proprio accanto al museo archeologico, del quale parleremo più avanti quando affronteremo il discorso “Milano Romana”.
Vediamo un po’ la storia e poi entriamo, rimarrete sicuramente a bocca aperta, ve lo prometto!
Si conosce pochissimo della committenza. Viene affidata a Gian Giacomo Dolcebuono, lo stesso della tribuna del Duomo e della Chiesa di Santa Maria presso San Celso coadiuvato dall’architetto Giovanni Antonio Amadeo. Nel 1506, muore il Dolcebuono ma lascia progetti molto precisi cosicché in pochi anni viene costruita.
La storia è legata alle monache benedettine: il convento era tra i più grandi e importanti della città, per questo ebbe il nome di monastero maggiore. Alla fine del 700 Napoleone dichiara la chiusura di tutte le chiese, monasteri e molti beni furono spediti in Francia. La chiesa fu lasciata nell’incuria e fu usata come magazzino. Viene restaurata a metà degli anni 80 del secolo scorso grazie ad una donazione ancora oggi anonima e alla BPM.
La facciata è in pietra grigia di Ornavasso mentre sotto la chiesa scorre il Nirone e questo è il motivo per il quale gli affreschi nella parte bassa sono in parte rovinati.
Su, varchiamo la soglia. L’interno è a navata unica con 10 campate divise in due da una parete divisoria. Si tratta di una galleria di opere d’arte del Luini del quale si sa poco della prima formazione ma che sicuramente ha studiato sui lavori di Leonardo. La parete centrale è interamente opera sua, sia davanti che dietro.
Le monache benedettine erano di clausura e infatti c’è una grata tra la parte adibita alle monache e l’aula dei fedeli. Al tempo c’era un varco molto ampio chiuso solamente da un tendaggio ma nel periodo della controriforma si pensò che lo spazio aperto fosse troppo ampio e pertanto fu ridotto con l’aggiunta della grata. Della seconda metà del 500 la tela di Antonio Campi con l’adorazione dei magi.
La famiglia Bentivoglio di Bologna commissiona a Bernardino Luini la facciata. Il figlio Alessandro era governatore di Milano ed era sposato con Ippolita Sforza. Ve la descrivo brevemente, in modo che quando entrerete non vi perderete nemmeno un particolare.
La lunetta di sinistra: in ginocchio in abiti scuri è Alessandro Bentivoglio, il committente, che viene raffigurato giovane anche se in realtà all’epoca avrebbe dovuto essere sulla sessantina mentre nella lunetta di destra vengono rappresentate Santa Agnese, Santa Scolastica e Santa Caterina d’Alessandria. Inginocchiata Ippolita Sforza moglie di Alessandro Bentivoglio. Sotto questa lunetta troviamo il Cristo e sotto ancora una piccola finestrella per comunicare con le monache.
Quadrato centrale in alto: si tratta dell’Assunzione in cielo della Vergine circondata dagli angeli in gloria e sotto gli apostoli. A sinistra vediamo San Maurizio con la tunica azzurra mentre a destra troviamo sul podio ancora San Maurizio mentre sotto di lui con il modellino di una chiesa in mano è San Sigismondo che si è convertito grazie a San Maurizio.
Le cappelle sono tutte meravigliose ma vi voglio raccontare di quelle a destra della grata.
La prima è la cappella Besozzi, interamente decorata dal Luini. La scena principale è la rappresentazione di Cristo alla Colonna. Avete notato il sangue che scorre sulla colonna? Giovanni con Maria e le pie donne al sepolcro. A sinistra e a destra Santa Caterina con il suo martirio. Il Luini aveva già dipinto a Monza, a villa Pelucca, una Santa Caterina di Alessandria ricomposta in volo. Ha fatto discutere il fatto che nel viso della Santa fosse ritratta la duchessa di Challon che era stata giustiziata sulla piazza a Milano. Nella parte alta invece, i simboli della passione quindi i chiodi, le spine e al centro il Dio Padre. La seconda è la cappella della Deposizione a memoria di Bernardino Simonetta vescovo di Perugia e imparentato con Ippolita Sforza. Opera di Callisto Piazza. A sinistra possiamo ritrovare San Giacomo e San Lorenzo, mentre a destra San Giorgio con il drago mentre la terza è la cappella di San Paolo che venne affrescata a Ottavio Semino ed è dedicata alla predica di San Paolo.
Le cappelle a sinistra della grata sono state affrescate probabilmente dai figli del Luini che però non sono mai arrivati all’abilità del padre.
Invece, giriamoci verso la controfacciata che è stata interamente dipinta da Simone Peterzano allievo del Tiziano e maestro di Caravaggio…così per fare due nomi! A sinistra la paternità e a destra il sacro e il profano, sotto l’antico e il nuovo testamento.
Bene, adesso che ci siamo lustrati gli occhi per bene possiamo passare nell’aula delle monache da quel passaggio che trovate lì a sinistra.
In quel bel soffitto blu puntellato di stelle è raffigurato Dio Padre benedicente con i 4 evangelisti e gli angeli. L’opera è stata attribuita alla bottega del Foppa, è la nostra immagine di copertina.
Non vi voglio ammorbare ulteriormente spiegandovi per filo e per segno tutti i santi e le opere che vedrete in questa parte dedicata alle monache ma, almeno due parole sull’organo che è opera della famiglia Antegnati nota all’epoca per la produzione di questi strumenti. Raffigurati nelle ante fuori San Maurizio e San Sigismondo mentre all’interno Santa Cecilia e Santa Caterina e sull’ultima cena in fondo alla chiesa. Come potete notare è diversa da quella del Cenacolo Vinciano. Qui Giuda è rappresentato con il sacchetto di monete e a destra della porta possiamo vedere la cattura di Cristo. Proprio alla sua sinistra è raffigurato ancora Giuda con il suo sacchettino; ci avevate fatto caso?
A sinistra invece la cappella del diluvio universale che ricorda i bestiari medievali; è attribuita a uno dei figli del Luini ma non è certo.
Vi lascio qualche foto. Ci troviamo in Corso Magenta e ultima chicca, nei mesi di maggio giugno è possibile ascoltare dei concerti di musica classica presso questa chiesa. Andate a visitarla mi raccomando, perchè per quanto ve ne possa parlare nulla è il confronto con quello che vedranno i vostri occhi.