Buongiorno a tutti. Oggi voglio portarvi a visitare la famosa Cà di ciapp o per chi non è milanese Palazzo Castiglioni. Si tratta di un palazzo costruito nel giro di 2 anni in stile liberty, situato in corso Venezia e appartenuto per l’appunto a Ermenegildo Castiglioni.
Perché ne parliamo? Beh prima di tutto è stato l’emblema del liberty italiano e milanese, il primo edificio costruito in uno stile completamente nuovo per l’Italia e secondariamente perché fece molto scalpore, così tanto che persino la rivista satirica Guerin Meschino pubblicava delle vignette dove il popolino milanese era scandalizzato.
Andiamo con ordine però. Come vi dicevo siamo in una zona dove gli industriali stavano facendo costruire i loro palazzi in stile neo classico. Ermenegildo Castiglioni però, che aveva ereditato un’ingente fortuna dal nonno, decise di farsi costruire un palazzo completamente diverso da tutti gli altri, in uno stile floreale, ricercato come andava di moda in Europa a quel tempo. Il palazzo venne costruito tra il 1901 e il 1903 dall’architetto Giuseppe Sommaruga e richiama un po’ l’art nouveau tedesca/viennese.
La facciata è asimmetrica e giocata sui contrasti di materiali e di colori. Ad altezza uomo abbiamo della roccia, il serizzo della Valsassina e al suo interno si aprono delle finestre a oblò riccamente decorate in ferro. Al secondo e terzo piano ci sono delle lunghe finestre mentre l’ultimo piano presenta delle logge. Il portone è quello che ci riporta al titolo: qui Ernesto Bazzaro aveva posto ai lati dell’ingresso le statue della Pace e dell’Industria, due donne molto formose e praticamente seminude. I milanesi pertanto soprannominarono subito il palazzo come Cà di ciapp, la casa delle chiappe ma così tanto scalpore fece che ben presto vennero spostate da un’altra parte, alla clinica Columbus in via Buonarroti.
Oltre a queste due statue però è degno di nota l’apparato decorativo con fiori, le api che indicano laboriosità sul cornicione, e i putti in cemento che vennero messi sul portone. La cancellata poi era all’avanguardia, in quanto si abbassava fino a scomparire. Profusione di ferri, di decorazioni, i pavoni nell’omonima stanza che sono un animale simbolo di questa corrente.
Il palazzo fu poi ceduto alla Confcommercio che ne fece una trasformazione radicale. Sono rimasti intatti lo scalone interno, la sala dei pavoni, la veranda con la carta da parati e il giardino interno.








Vi lascio qualche foto. Di solito si può entrare tramite visita guidata.